«Continuiamo noi»: il lungo abbraccio al dottor Gino Strada
La scritta che campeggia sulle mura esterne di Casa Emergency è probabilmente quella che tutte le persone che stanno venendo a dare l’ultimo saluto a Gino Strada hanno nel cuore: «Grazie Gino».
La camera ardente ha aperto i battenti ieri alle 16 ma già ore prima si è formata una lunghissima fila silenziosa: persone di tutte le età e provenienti da diverse parti di Italia hanno aspettato di entrare sotto il solo cocente.
Dentro è stato tutto allestito per condurre le persone nella sala dove l’urna con le ceneri è arrivata dalla Francia poco prima dell’apertura, circondata da fiori sotto una foto che ritrae uno dei rari sorrisi di Gino Strada e una sua frase: «I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi».
Una delle sue frasi taglienti, quelle di un uomo schietto che risultava spesso burbero perché era «profondamente arrabbiato per il dolore che aveva di fronte», così lo ricorda Sandro Bertani, vice presidente di Emergency, il cui volto teso mostra tutto il dolore, lo smarrimento, la preoccupazione che i membri di Emergency stanno provando.
I volontari venuti da tutte le parti d’Italia, e non solo dall’Italia, sono tantissimi. Per una di loro, da Pistoia, sarà molto difficile andare avanti. Altri, come quelli che hanno animato a Milano le brigate sanitarie che hanno distribuito gratuitamente tamponi, si augurano che nuove forze arrivino a percorrere la via che Gino ha tracciato.
Una ragazza, volontaria di Emergency, ha scelto di diventare medico quando ha conosciuto l’associazione: si è laureata da pochi giorni e per lei questo momento è la chiusura di un cerchio, non vede l’ora di partire.
«I semi che Gino ha disperso sono stati raccolti – dice Rossella Miccio, presidente di Emergency – La partecipazione di oggi ci fa capire quanto importante sia stato il lavoro di Gino e quante persone abbia toccato nel profondo».
Le persone che hanno avuto accesso dalle 16 alle 19 di ieri, secondo l’associazione, sono state quasi 3mila. La formula scelta è stata molto semplice: nessuna cerimonia, nessun microfono, nessun palco.
Fra le personalità attese il primo ad arrivare è stato il Sindaco Sala, che ha sottolineato la capacità di Gino Strada di guardare sempre avanti, di non avere bisogno di fare l’elenco di quello che aveva fatto; interpellato rispetto alla questione dell’intitolazione di una strada o di una piazza ha ribadito di volersi confrontare con la famiglia e l’associazione prima di prendere qualsiasi decisione.
Massimo Moratti è arrivato accompagnato dalla moglie Milly e dal figlio; l’ex-Presidente dell’Inter, grande amico di Strada, era in lacrime e ha detto solo poche parole: «Un grande dispiacere che non ci sia più. Ora bisogna aiutare Emergency».
Sono arrivati anche il segretario della Cgil Maurizio Landini, per il quale Strada è stato un amico e un esempio di coerenza, e accolto dagli applausi Don Ciotti: il fondatore di Libera aveva sviluppato con Gino Strada un rapporto inevitabilmente profondo e vivo e si è concesso davanti all’urna un momento intimo più lungo degli altri.
Il suo compito in questa occasione è stato quello di invitare a non piangere per chi ne è andato ma di ritrovarlo: «Il miglior modo per salutarlo e per rendere viva la sua memoria è andarlo a cercare nelle persone che lui ha servito, ha amato, ha curato e agire come lui diceva: con coraggio e urgenza. Mai come oggi il suo messaggio è da raccogliere, da urlare: senza ipocrisie ed egoismi. Quello che si sta consumando è un olocausto».
Commosso un altro amico storico, il cantante Frankie -Hi- Nrg: «Un amico da cui non ho imparato abbastanza».
Le persone, lasciato l’ultimo saluto, non se ne vanno. Rimangono in via Santa Croce, chi in silenzio, chi da solo, chi a gruppi, chi davanti al cancello a leggere i tanti messaggi lasciati assieme a fiori, disegni di bambini, fotografie.
Sono lettere, ricordi, saluti, ringraziamenti traboccanti di affetto da parte di persone singole, di associazioni, di sindacati o di gruppi di volontari. Una frase per tutti, forse la più bella: «Adesso vai Gino. Continuiamo noi».
di Serena Tarabini
da il Manifesto del 22 agosto 2021
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