Correva l’anno 2001 – La prima Mayday Parade

Approfittiamo di questo Primo Maggio caratterizzato dall’impossibilità di scendere in piazza per rispolverare un vero e proprio pezzo di storia del movimento.

Si tratta dell’appello di lancio della prima Mayday Parade del 2001.

La Mayday, nata lo stesso anno del G8 di Genova, fu un vero e proprio punto di svolta nelle discussioni sul mondo del lavoro. Divenne via via sempre più chiaro che il precariato sarebbe diventato soggetto fondamentale e la precarietà elemento caratterizzante dell’intera società e di milioni di persone.

La Parade fu lanciata da una memorabile azione al centro commerciale Metropoli di Novate.


A tutte le realtà sociali antagoniste
A tutte le realtà sindacali di base
A tutti i sound systems di movimento
A tutte le crews di azione mediatica
Primo Maggio 2001: MayDay Parade

Lanciamo una MayDay, facciamo una festa che inverta la rotta  
(con partenza da PORTA TICINESE alle ore 15,00 e attraversato il centro di Milano, si arriverà all’ARCO DELLA PACE alle ore 18,00/19,00 circa)

C’era una volta il Primo Maggio, la Festa dei Lavoratori. Risaliva agli anarchici di Chicago che si erano fatti impiccare per le 8 ore, ai socialisti che l’avevano proclamata festa dell’Internazionale, ai comunisti al potere che l’avevano resa festa del Lavoro, fondamento del nuovo stato. Nel resto del mondo (America del Nord a parte) era la festa degli operai e dei sindacati, il giorno in cui i media si ricordavano di chi realmente produceva ricchezza.

Nel 2000 è stata occasione di megaconcerti giubilari.

Oggi siamo di nuovo al punto di partenza. Il Capitale è tornato ad essere globale, totale. Lavoriamo sempre di più, ci saturano al massimo il tempo di vita, abbiamo sempre meno diritti contrattuali, minori certezze di diritto, poche protezioni dall’abuso.
Siamo precari, atipici, parasubordinati, interinali. Siamo in formazione lavoro, a termine, in apprendistato. Siamo in affitto e a scadenza. Le imprese ci ingoiano, ci intimidiscono, sconvolgono i nostri affetti e tempi di vita, occupano le nostre menti e poi ci sputano via quando le convenienze finanziarie lo richiedono.
Siamo la maggioranza di quelli che entrano nel mercato del lavoro. Ma non abbiamo voce. Non esistiamo. La nostra condizione è oscura, è subita in silenzio, da soli.
Il mercato del lavoro oggi tira, e molto. Ci sono sempre nuovi uffici e centri commerciali e direzionali da riempire di nuovi schiavi dell’industria dei servizi e della comunicazione.
Siamo in piena occupazione. Ma il precariato avanza e il reddito ristagna.
Una nuova generazione nelle fabbriche e nelle catene commerciali ha cominciato a scioperare. I tempi sono propizi per lanciare una campagna di riequilibrio dei rapporti di forza sul lavoro e di ridistribuzione massiccia del reddito. Le casse sono piene di capitali accumulati in quindici anni di crescita delle borse, a colpi di fusioni e acquisizioni.
E’ il momento buono per farla finita con la ricattabilità, è l’ora giusta per costruire con il conflitto diritti chiari ed esigibili collettivamente. Più soldi, meno ore, questa è la flessibilità che rivendichiamo.

STOP AL PRECARIATO,
L’ EUROPA IN BUSTA PAGA
MayDay PARADE

Per questi e mille altri motivi lanciamo un appello per una MayDay Parade, una parata musicale pomeridiana del Primo Maggio con camion, biciclette e sound-system che si snoda attraverso Milano, in un clima di festa liberatoria e di irrisione delle forme di sfruttamento nei nuovi lavori, dove ti fai anni di rassegnazione prima di avere la Possibilità à di essere assunto.
Consideriamolo e progettiamolo come evento separato dalla manifestazione sindacale tradizionale del mattino. La MayDay Parade avrà luogo nel pomeriggio del Primo Maggio a partire da una piazza di gravitazione giovanile (Porta Ticinese?). Il percorso dovrà passare per le strade del centro dove è fitta la presenza di catene commerciali, i luoghi di sfruttamento del lavoro giovanile precario. Molti dei quali saranno aperti. E si concluderà con  una festa popolare con camion sonici schierati, bar e banchetti assortiti in uno spazio ampio all’aperto, tipo l’Arco della Pace. Lo strumento della Parade, corteo di carri ultracolorati a tema con sound system annessi che propongono dalla house alla mazurka, è il più capace di favorire una partecipazione giovanile di massa. Le varie Parades sia a Milano (novembre1999) sia nelle altre metropoli europee, Berlino in testa, hanno visto la partecipazione di migliaia di ragazzi e meno ragazzi.
La scommessa è di coniugare il lato della festa itinerante da strada con un festeggiamento non rituale della festa di chi lavora, che faccia prendere coscienza a chi sta dentro o fuori dalla Parade (forse perché è costretto a lavorare) che la costruzione di nuovi diritti è possibile, ma che richiede nuove energie sociali e sindacali. Sarà chiaro di fin dalla presentazione dell’evento nelle assemblee e nei quartieri, e come messaggio visivo sui materiale promozionali, che il Primo Maggio del XXI secolo significa una ripresa di azione sindacale dal basso e il dispiegamento di nuove forme di conflitto: Milano, capitale della precarietà e del terziario postindustriale, densamente occupata da uffici e catene commerciali, metropoli multiculturale governata dall’interesse privato della destra, è il posto giusto per dare un messaggio fuori dal coro alle centinaia di migliaia di ragazzi che entrano oggi nel mercato del lavoro senza tutele.
Lo scopo è di verificare e indirizzare il livello di insoddisfazione dei giovani sui nuovi lavori (part-time, a termine, interinale, parasubordinato), a partire dalle realtà antagoniste. Durante la Parade le realtà autogestite potrebbero dare vita a action crews, gruppi di attivisti autonomamente organizzati che compiono lungo il percorso azioni sindacali nomadiche (es. volantinaggi nei luoghi di lavoro, irruzioni in punti vendita di catene aperti, presidi musicali volanti, sabotaggi mediatici ecc. ecc.). Le azioni devono essere il meno intimidenti possibile per chi sta lavorando. Lo spirito è quello dello scherzo feroce e dissacrante, NON della rabbia che distrugge.
Le multinazionali che sperano di ottenere ancora più liberismo si sbagliano di grosso. Dopo Seattle, dopo Ciudad de México, il vento del cambiamento sociale soffia contro di loro, e li travolgerà.

SE PUEDE, SI’ QUE SE PUEDE

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CUB – Confedrazione Unitaria di Base
www.chainworkers.org
www.cub.it

Milano 20/04/2001

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