La lettera dal carcere di Nicoletta Dosio

Le Vallette, 26 gennaio 2020

Carissima Mariangela,

che gioia per me ricevere la tua lettera! Anche se non ci vediamo di frequente, ci vogliamo bene e portiamo avanti la stessa lotta: questo conta.

Mi commuove la notizia della tanta solidarietà nei miei confronti. In realtà io non sono che l’infinitesima parte di una resistenza antica e sempre nuova contro la mercificazione dell’essere umano e della natura, di un bisogno mai spento di libertà e giustizia sociale.

Questo mio ultimo passo è in sintonia con l’impegno di tanti e non sarebbe stato possibile senza il sostegno e la condivisione di tutti. Ma questa mia esperienza si ridurrà a semplice testimonianza se non segnerà un sia pur minimo contributo all’azione concreta e irriducibile di tutti coloro che non ci stanno a fornire “carne da cannone”, materia prima della guerra tra poveri su cui il sistema fonda il proprio potere, la propria violenta cecità. Credo che le tante esperienze di lotte sociali e ambientali debbano più che mai mettersi insieme, unire le forze, creando una forte stagione di conflitto e di progetto.

Per quanto mi riguarda, questa nuova tappa di vita mi permette di conoscere concretamente quanto prima conoscevo in via teorica: il mondo degli umiliati e offesi, degli ultimi di cui sono piene le carceri, e di chi si ribella al sistema.

Sono ancora nella sezione “nuove giunte”, una sezione “chiusa” diciotto ore su ventiquattro. Qui approdano tante storie di donne: storie di violenze subite, di prostituzione, di tossicodipendenza. Tante le rom e le migranti. Tante piangono per i figli lasciati ai parenti, in situazioni più che mai precarie. Un’umanità sofferente che spera nell’amnistia e chiede per il dopo una casa, un lavoro decente, una vita dignitosa.

Cara Mariangela, il carcere è davvero istituzione finalizzata unicamente al controllo sociale, la risposta repressiva a quei diritti che tante costituzioni sanciscono, ma che restano lettera morta.

Se c’è solidarietà fra queste mura, viene dalle detenute, senza fronzoli, a volte un po’ burbera, ma sempre pronta a dare una mano a chi sta per affogare. Il resto è violenza, non di botte, ma di cancelli chiusi, di inferriate e reti, di regolamenti applicati arbitrariamente, della perdita della dimensione spazio-temporale in un mondo senza orologi né ritmi naturali.

E tuttavia anche qui sono serena e determinata, perché c’è la vostra grande solidarietà che mi sostiene e perché, da questa prospettiva, mi riesce facile “sentire concretamente sulla mia propria guancia lo schiaffo dato a chiunque, da qualunque parte del mondo”.

Un grande abbraccio a te e a voi tutti. Arrivederci presto, sulle barricate.

Nicoletta

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