“Pagherete caro, pagherete tutto” – Le giornate d’aprile del 1975

A Milano, nell’aprile del 1975, l’asprezza dello scontro è elevato, non solo per le questioni sociali  ma anche per la tolleranza con cui alcune istituzione e Forze dell’Ordine mostrano nei confronti delle provocazioni fasciste. Attentati e aggressioni si ripetono, il 7 febbraio degli ordigni incendiari vengono lanciati davanti l’istituto Molinari, considerata una scuola di sinistra. Per quanto riguarda le lotte sociali, in particolare quelle del mondo del lavoro, le mobilitazioni dei lavoratori si moltiplicano in tutto il Paese. Milano, essendo la regione con la più alta concentrazione di grandi industrie, diventa l’epicentro della contestazione operaia.

Polizia e Carabinieri intervengono con sempre più durezza nei confronti di lavoratori e studenti, ma le proteste diventarono sempre più ampie. Il 7 maggio dello stesso anno la Camera dei deputati, con lo scopo di reprimere le lotte, approvò la cosiddetta Legge Reale (proposta dall’allora ministro Oronzo Reale). La nuova legge prevedeva poteri discrezionali della Polizia che può procedere al fermo di un cittadino anche per 48 ore e si stabilisce la non punibilità degli agenti in caso di uso di armi da fuoco.

Il 1975 è anche l’anno di una importante tornata elettorale per le amministrative, anche questo contribuì ad aumentare le tensioni, oltre al lavoro, molte altre questioni sociali erano in pieno fermento, una di queste era la casa. Fu proprio a seguito di una manifestazione per la casa che maturò l’omicidio di Claudio Varalli, mentre alcuni compagni ritornavano a casa alla fine del presidio davanti a Palazzo Marino.

Tutti i primi anni ’70 sono stati attraversati dalla violenza fascista. La strage di piazza Fontana non ebbe l’esito che i neofascisti di Ordine Nuovo avevano immaginato, il tentativo di addossare la colpa agli anarchici e di conseguenza attaccare tutta la sinistra per portare il Paese a una svolta autoritaria fallì. I servizi segreti, alcuni apparati militari e pezzi dello Stato che avevano messo le bombe in mano ai fascisti non gestirono quelle pulsioni autoritarie promesse, che quest’ultimi avevano previsto. Infatti l’allora Presidente del Consiglio, il democristiano Mariano Rumor, non dichiarò lo Stato di emergenza, grazie alla compostezza e alla determinazione della reazione che la società civile dimostrò e grazie al lavoro di controinformazione svolto dai giornalisti e dal movimento.

Nell’ambito dello stragismo, il 22 luglio 1970 una carica di tritolo fa saltare un tratto di binario a poche centinaia di metri dalla stazione di Gioia Tauro, provocando il deragliamento del Treno del Sole (Palermo-Torino) e provocando la morte di sei persone e 139 feriti.

Furono anche gli anni della rivolta di Reggio Calabria, con in testa Ciccio Franco, sindacalista della CISNAL, segretario provinciale del Movimento Sociale Italiano e per un certo periodo vicino ad Avanguardia Nazionale.

Il 7 e l’8 dicembre 1970 un tentativo di colpo di Stato organizzato dal principe Junio Valerio Borghese e il suo Fronte Nazionale, in stretto rapporto con membri di Avanguardia Nazionale, vertici militari e dei servizi segreti, venne bloccato all’ultimo momento per ordine dello stesso Borghese in circostanze mai chiarite.

Il 31 maggio 1972 a Peteano di Sagrado, una telefonata anonima avvisa i Carabinieri che mandano una pattuglia, appena giunti sul luogo per il controllo il veicolo esplode, provocando la morte di tre agenti ed il ferimento di altri. L’auto sospetta risulterà imbottita di esplosivo T4, in dotazione alla NATO, la strage fu confessata da Vincenzo Vinciguerra, allora membro di Ordine Nuovo.

Il 4 agosto 1974 una bomba ad alto potenziale posizionata sul treno Italicus esplode all’altezza di San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna, provocando 12 morti e 48 feriti. L’attentato venne inizialmente rivendicato da Ordine Nero.

La strage più grave di quei primi anni ’70 fu a Brescia in Piazza della Loggia il 28 maggio 1974 in occasione di una manifestazione sindacale, una bomba nascosta in un cestino portarifiuti provoca otto morti e 103 feriti.

E’ in questo clima che si affronta il 1975. A gennaio si apre a Catanzaro il terzo processo per la strage di piazza Fontana, ancora c’è chi lavora al depistaggio per allontanare le indagini dai veri mandati, dove vengono messi alla sbarra sia gli anarchici sia i neofascisti.

Il restauro del monumento dedicato a Claudio Varalli e Giannino Zibecchi in piazza Santo Stefano

A Milano nel giro di due mesi i compagni e le compagne piangono tre morti. Il 16 aprile Claudio Varalli cade sotto i colpi di pistola di Antonio Braggion, un militante di Avanguardia Nazionale che a differenza delle persone civili nel suo vano portaoggetti della Mini Minor conserva una pistola. Nel contatto tra i due gruppi che si incrociano in piazza Cavour, Braggion spara alla spalle colpendo alla nuca Claudio Varalli che evidentemente era girato di spalle  e non costituiva un pericolo.

L’omicidio di Claudio Varalli provocò in tutta la città un forte sdegno e la reazione fu immediata, il giorno dopo, 17 aprile, tutte le organizzazioni, collettivi studenteschi e di quartiere, scesero in piazza. Partirono cortei da vari punti della città, vista dall’alto si vedevano colonne di fumo che si alzavano da diversi punti di Milano, erano sedi e luoghi di ritrovo dei neofascisti che venivano “toccati” dai cortei che si stavano dirigendo verso il centro.

Una volta giunti in piazza Cinque Giornate, il grosso del corteo entra in corso XXII marzo per dirigersi verso la Federazione provinciale del Movimento Sociale Italiano. Via Mancini è una via corta e stretta, non ci sono incroci, la Polizia la chiude sui due lati mettendo una colonna di mezzi a protezione della sede che è una specie di fortino. Dal corteo parte una prima carica che mette in difficoltà la Polizia e in modo coordinato si ripetono le cariche che distrugge quasi tutta la colonna di mezzi posti a protezione della sede fascista.

Quando ormai si capisce che la via è inespugnabile si decide di lasciare la piazza, gli ultimi però si vedono piombare addosso una colonna di camion dei Carabinieri che puntano sui compagni, la corsa è omicida perché i mezzi rasentano i muri e i compagni fanno davvero fatica a evitare di essere investiti. Ma come era immaginabile uno dei camion investe in pieno il compagno Giannino Zibecchi che viene schiacciato dal mezzo, l’immagine che vedono i compagni è davvero straziante.

A seguito della morte di Varalli ci furono manifestazioni in molte città italiane, a Torino sempre il 17 aprile venne ucciso il compagno Tonino Miccichè.

Passa poco più di un mese e i fascisti sono tranquillamente a pascolare in piazza San Babila, da dove partono i raid e dove si trovano militante del Movimento Sociale, terroristi neri che si sono macchiati di attentati e omicidi, criminali e spacciatori che trovano in quella piazza clienti e una sponda politica perché un criminale disposto a tutto può tornare sempre utile.

Il 25 maggio Alberto Brasili e la sua fidanzata Lucia Corna si sono concessi un film e un panino, sulla strada del ritorno per raggiungere l’auto passano da piazza San Babila. Alberto non è un militante organico dei gruppi organizzati ma è vicino a un comitato di quartiere in zona San Siro e partecipa alle assemblea in università. Oltre a studiare durante il giorno lavora, perché in famiglia c’è bisogno del suo contributo economico, perciò i momenti da dedicare alla politica sono pochi e poi c’è la sua vita a cui vuole dedicare del tempo.

Passando da San Babila viene notato da un gruppo di neofascisti, al processo diranno che erano vestiti da comunisti e che avevano data una occhiataccia ai manifesti del Movimento Sociale appesi, li seguirono e arrivati in via Mascagni di fronte all’allora sede dell’ANPI approfittando di un lato buoi aggredirono Alberto e Lucia. L’aggressione fu particolarmente violenta e si accanirono con i coltelli su entrambi uccidendo Brasili e ferendo gravemente Lucia Corna che per un solo centimetro il coltello non entrò nel colpì il cuore.

Tutta la città fu sconvolta da quella aggressione violenta, ma nonostante questo le aggressione andarono avanti anche negli anni successivi.

Memoria Antifascista

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Una risposta a ““Pagherete caro, pagherete tutto” – Le giornate d’aprile del 1975”

  1. Nicoletta ha detto:

    Per non dimenticare!

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