Capire il cambiamento climatico

Una mostra per sensibilizzare e rilanciare le mobilitazioni per il clima

Giovedì 7 marzo ha inaugurato presso il Museo di Storia Naturale di Milano la mostra intitolata Capire il cambiamento climatico: experience exhibition, il cui nucleo costitutivo sono alcuni meravigliosi scatti di proprietà di “National Geographic”.

Un’esposizione fotografica, dunque, trasformata come si può facilmente intuire dal titolo in una “mostra esperienziale”. Il registro espressivo fotografico, infatti, si è fuso con quello delle tecnologie digitali, creando un ambiente immersivo e interattivo. Anche grazie al display composto di schermi a nastro, luci soffuse e registrazioni sommesse, l’atmosfera avvolge lo spettatore con immagini fotografiche che alternano le bellezze del mondo animale e naturale a primi indizi dello scempio prodotto dell’incuria con cui l’essere umano si è nei secoli rapportato con il suo pianeta ospite, per arrivare poi a fornire dati scientifici e statistici oggettivi, ma anche relativi alle abitudini dello spettatore che viene chiamato a mettere alla prova le sue abitudini quotidiane.

A tale scopo, il percorso si compone di tre sezioni, intitolate rispettivamente “Vivere”, “Capire” e “Agire”.

Le prime due stanze sono pensate per portare l’osservatore cittadino a “vivere” e sentirsi parte di una grandiosità naturale che raramente capita di osservare e sperimentare tanto da vicino e “in alta definizione” come permesso dalle gigantografie animate di “National Geographic”. Ghiacciai, calotte polari, immense foreste, deserti, oceani e i loro abitanti, orsi polari, pesci, pinguini, foche, tartarughe marine, uccelli, cerbiatti, elefanti. Ci si sente quasi orgogliosi di fare parte di questo ecosistema in tutta la sua grandiosità.

Poi, d’un tratto, ciminiere fumanti che incombono su paesini di montagna, isole e colline di plastica, uccelli ricoperti di petrolio, pesci che utilizzano lattine di metallo come tana, cetacei impigliati dentro fili e reti da pesca, umani sommersi di pesce marcio… gigantografie dei loro sguardi.

In questa stanza, solo un pacato suggerimento di ciò che verrà dopo: quattro pannelli trasparenti ci parlano di altrettante specie che popolano la Terra, tre dei quali – l’orso polare, l’elefante indiano, la tartaruga marina – in via di estinzione e una sola – l’homo sapiens – in inarrestabile aumento.

Arriviamo dunque alla terza sala, intitolata “Capire”, dedicata appunto alla riflessione a partire dai dati statistici più attuali sullo stato dell’arte del pianeta Terra e sulle abitudini quotidiane del cosiddetto “mondo civilizzato”.

L’informazione, in questa sala, è specificatamente articolata su due livelli. Il primo, per i più piccoli ma non solo, diciamo il più immediato, ci fa comprendere attraverso semplici test a punti su schermi interattivi quanto le nostre azioni quotidiane (dal consumo pro-capite di plastica, al recarsi al lavoro o a scuola in auto, al fare o meno la raccolta differenziata; dal mangiare carne tutti i giorni, al chiudere o no il rubinetto dell’acqua mentre ci si lava i denti) siano o non siano sostenibili, vale a dire quanto esse incidano sui dati riportati dai testi e dai grafici che tappezzano le pareti della sala e che compongono il secondo livello d’informazione, la più approfondita. Dati come la produzione mondiale di plastica, passata dai 15 milioni di tonnellate/anno del 1964 ai 310 milioni di tonnellate/anno attuali, la salita del livello del mare dovuta allo scioglimento dei ghiacci polari (livello cresciuto di 20 cm nell’ultimo secolo e che si teme possa raggiungere fino ai 100 cm entro il 2100), o ancora i vertiginosi numeri del riscaldamento globale e dei conseguenti danni sull’ecosistema.

La terza e ultima sezione della mostra è intitolata “Agire” e non introduce a un’ulteriore sala, ma al mondo reale: “La prossima sala sarà la più bella che tu abbia mai visto. Si estende da quella soglia fino al monte più alto che conosci, fino alla foresta più rigogliosa, fino al mare più profondo. È ampia come una valle, luminosa come una primavera di montagna e buia come la notte del deserto. La prossima sala è il mondo”.

Il percorso espositivo si chiude quindi con un monito: “Agisci consapevolmente per salvare il tuo pianeta”. O per salvare te stesso e il genere umano, aggiungeremmo noi, perché abbiamo la convinzione che seppure i nostri gesti procurino ferite indelebili al mondo, quest’ultimo ci sopravvivrà sempre e comunque.

La mostra, oltre ad essere ben riuscita per quanto riguarda i contenuti e l’allestimento (se proprio dovessimo fare una critica, ci sarebbe piaciuto trovare esposte in una sala aggiuntiva le fotografie originali di “National Geographic” non gigantografate e animate), ha il grande merito di far convivere registri comunicativi diversi e in grado di renderla comprensibile a tutte le fasce di pubblico, dai più piccoli ai più grandi, dai meno ai più informati e formati. Il percorso dell’esposizione si basa molto sulle emozioni e sull’autocritica a partire dalla presa di coscienza dello status quo e dalle informazioni fornite, senza risultare né pedante né accusatoria (forse, fin troppo poco…). Merito della curatela di Luca Mercalli (presidente della Società Meterologica Italiana) e della sua squadra, una curatela scientifica che spiega forse anche la poca attenzione verso l’aspetto più estetico del lavoro dei fotografi, che pure ha un suo valore. Ma forse, nel complesso e considerato il contesto, questa scelta male non fa.

Apprezzabile quindi il taglio propositivo della mostra, che anziché colpevolizzare lo spettatore lo invita a prendere atto di ciò che è stato e viene fatto, ma soprattutto a concentrarsi  su quei comportamenti individuali e condivisi grazie ai quali si potrebbe evitare una catastrofe che porta la nostra firma.

Chiudiamo allora notando come la questione climatico-ambientale sembra stia riuscendo finalmente a ottenere anche in Italia – e questo sicuramente è un merito della lotta contro la TAV che ha assunto via via un respiro sempre più ampio aprendo alla messa in discussione delle grandi opere e in generale spostando l’attenzione sui temi della sostenibilità – una fetta più consistente dell’attenzione dell’opinione pubblica e dei movimenti di critica politica e sociale.

Basti pensare, per esempio, alla serie di marce per il clima che compongono THE CLIMATE ART PROJECT opera dallo street artist e scienziato italiano ANDRECO in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura New Delhi una delle quali, CLIMATE 05 – Reclaiming Air and Water quality, si è svolta domenica 10 marzo a Delhi, India, uno dei Paesi statisticamente più inquinati del pianeta.

Ma non dimentichiamo neanche, in scala cittadina, il lavoro che sta facendo il collettivo TempoZero (in collaborazione con Fuori Luogo), che proprio in questi giorni sta organizzando diversi incontri in Università Statale sul tema del cambiamento climatico e che sarà il capofila di Milano Strikes for the Planet, che si terrà il prossimo 15 marzo, Giornata mondiale per il clima. E non tralasciamo neanche la manifestazione nazionale per il clima e contro le grandi opere inutili che avverrà a Roma il 23 marzo e che speriamo dimostrerà che quello della sostenibilità ambientale non è un tema secondario nella lotta collettiva per un mondo più vivibile e giusto.

#siamoancoraintempo

S_M

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