[DallaRete] Corte dell’Aja: il caso della Mavi Marvara va riaperto
La decisione di non procedere contro Israele del procuratore capo Bensouda va rivista. Lo dicono i giudici che hanno accolto il ricorso delle Comore. Cinque anni fa il blitz israeliano sulle navi della Freedom Flotilla in cui furono uccisi nove attivisti turchi.
Roma, 17 luglio 2015, Nena News – Si riapre il caso della Mavi Marvara alla Corte penale internazionale (CPI), quando sono passati cinque anni dal blitz israeliano sulle navi della Freedom Flotilla, diretta con carichi di aiuti a Gaza, che costò la vita a nove attivisti turchi (ci furono anche diversi feriti) e scatenò una crisi diplomatica tra Ankara e Tel Aviv.
La CPI ha infatti ordinato al procuratore capo Fatou Bensouda di rivedere la decisione, presa nell’autunno del 2010, di non aprire un procedimento su Israele perché i fatti non furono giudicati “sufficientemente gravi”. A conclusione dell’indagine preliminare, il procuratore capo spiegò che c’erano “basi ragionevoli” per credere che su una delle navi, la Mavi Marvara, fossero stati commessi “crimini di guerra”, tuttavia non abbastanza gravi da giustificare “ulteriori azioni della CPI”.
Per i giudici Bensouda ha commesso “errori materiali nella determinazione della gravità di un potenziale caso” e adesso deve rivedere la sua decisione “il prima possibile” e comunicarla alla “Camera (Pre-Trial Chamber, organo del Tribunale che decide sull’ammissibilità dei casi, n.d.r.), alle vittime e alle Isole Comore”, lo Stato africano che lo scorso gennaio ha chiesto al Tribunale dell’Aja di rivedere la decisione del procuratore capo. La Mavi Marvara batteva bandiera delle Comore che avevano denunciato l’assalto israeliano sulla nave della Freedom Flotilla.
Questo potrebbe dunque essere uno dei diversi casi in cui Israele finirebbe davanti ai giudici della CPI, dopo che la leadership palestinese si è impegnata a portare lo Stato ebraico in tribunale con l’accusa di crimini di guerra.
Il blitz si consumò il 31 maggio del 2010. La Flotilla fu abbordata dalla marina israeliana prima dell’alba, mentre navigava in acque internazionali, e sulla Mavi Marvara i soldati aprirono il fuoco uccidendo nove persone. Una decima è deceduta per le ferite dopo quattro anni di coma. Tra Ankara e Tel Aviv calò il gelo, le relazioni diplomatiche sono rimaste tese per quattro anni e nel 2014 è iniziata una distensione tra i due Paesi. Israele nel 2014 ha offerto alla Turchia 20 milioni di dollari in risarcimento alle famiglie delle vittime e ai feriti.
Secondo un’indagine delle Nazioni Unite del 2011, il blitz sulla nave era giustificato, ma la forza impiegata fu eccessiva. La morte dei dieci attivisti disarmati, che portavano aiuti alla popolazione di Gaza sotto stretto embargo israeliano dal 2007, scatenò un coro di critiche a Israele che sotto pressione annunciò una allentamento del blocco imposto alla Striscia. Gaza, però, resta un posto chiuso al mondo, un lembo di terra sovraffollato e adesso semidistrutto dai bombardamenti israeliani della scorsa estate, in cui morirono oltre 2.200 palestinesi, soprattutto civili.
Le Ong parlano di crisi umanitaria e la Banca Mondiale a maggio ha fornito cifre sconfortanti sull’impatto dell’embargo: dal 2007 il Pil di Gaza è crollato del 50 per cento e il tasso di disoccupazione nel 2014 è stato del 43 per cento. La ricostruzione dopo l’operazione militare israeliana Margine Protettivo va a rilento anche per l’impossibilità di far entrare materiale nella Striscia. Secondo l’Ocha, meno dell’un per cento del materiale necessario è sinora arrivato a Gaza, dove ci sono da ricostruire case e infrastrutture.
Anche quest’anno la Freedom Flotilla ha tentato di forzare il blocco su Gaza e di portare ai palestinesi della Striscia aiuti e sostegno, ma è stata fermata dagli israeliani senza incidenti.
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