[DallaRete] Cultura – disegnare la rabbia e la tristezza dei Palestinesi
Intervista a Lina Abojaradeh, giovane artista palestinese nata ad Amman e vissuta negli Stati Uniti. Tornata in Giordania da poco, sogna di pubblicare un libro per bambini con le sue illustrazioni e, da architetto, contribuire alla ricostruzione delle case distrutte in Palestina.
Roma, 16 Marzo 2015, Nena News – Lina Abojaradeh ha 20 anni, è una ragazza palestinese che non è mai stata in Palestina, essendo nata ad Amman, in Giordania, ed essendosi trasferita con i genitori negli Stati Uniti quando aveva tre anni. Diverso tempo dopo la sua famiglia è tornata in Medio Oriente e adesso Lina frequenta la facoltà di architettura all’Università della Giordania. Fin qui nulla di nuovo, è una storia di emigrazione e di cambiamenti abbastanza comune nelle famiglie palestinesi costrette ad abbandonare il proprio paese. La particolarità di Lina Abojaradeh è rappresentata dalla sua abilità artistica nel dipingere splendidi e coloratissimi disegni, divenuti molto popolari, spesso imbevuti della rabbia e del dolore per la condizione di oppressione nella quale vive il suo popolo.
Lina, come hai sviluppato la tua passione per l’arte? In quale modo riesci a esprimere la tua sensibilità artistica?
“Trasferirsi da un paese occidentale a uno stato arabo è stato un cambiamento duro. All’inizio è stato difficile adattarsi, mi sentivo sempre come se non potessi esprimere me stessa, e così l’arte è diventata la mia modalità di espressione. È iniziato come un hobby passeggero, ma più mi cimentavo in questa attività più mi rendevo conto di amarla. La situazione è migliorata, ma ciò che mi ha indotto a seguire questo sogno è stata la scoperta del significato che l’arte poteva avere. Attraverso la mia arte posso provocare un cambiamento e far sentire la mia voce, mi esprimo la attraverso i quadri e la poesia, ma qualsiasi cosa abbia a che fare con l’arte mi interessa. Mi piacerebbe imparare qualcosa in più sulla fotografia e sui cartoni animati”.
Qual è il nesso tra la tua arte e la lotta dei palestinesi per la libertà?
“Ritengo che ognuno abbia la responsabilità di dare ciò di cui è in possesso per la causa dei palestinesi. Nel mio caso, ciò che posso dare è la mia arte. Attraverso la mia attività, persone che non conoscono la causa palestinese possono immedesimarsi in essa. Attraverso l’arte posso esprimere la mia rabbia e la mia tristezza a nome dei palestinesi. L’arte in sé può essere una forma di resistenza, può accendere la speranza, rinnovare una passione e suscitare compassione”.
La tua arte ha un effetto nell’ambito del sociale?
“Mi piace pensare che lo abbia. Forse una persona disinformata in merito al conflitto tra israeliani e palestinesi potrebbe imbattersi in uno dei miei disegni e decidere di approfondire il discorso. Forse un bambino al quale piace disegnare potrebbe essere spinto a disegnare immagini sul tema della Palestina. Fintanto che la mia arte avrà un impatto positivo anche su una sola persona, io sarò felice. Ciò che è importante è mantenere vivo il dibattito sulla Palestina. Noi abbiamo il compito di essere i media che condividono e diffondono gli aspetti che gli organi di informazione mainstream non mostrano. Dobbiamo renderci conto che abbiamo questo potere”.
Cosa farai “da grande”? Come ti vedi tra dieci anni?
“Spero tra dieci anni di avere aperto una mostra per esporre le mie opere sulla Palestina in diverse regioni. Mi piacerebbe pubblicare un libro con i miei quadri accompagnati dalle mie poesie, oppure un libro per bambini sulla Palestina con le mie illustrazioni. Il mio desiderio in qualità di studentessa di architettura è di contribuire, un giorno, a riprogettare e ricostruire le case distrutte in Palestina“.
Come vivi la tua condizione di giovane palestinese che non è mai stata in Palestina?
“Vivo questa situazione ascoltando le storie della città di Yaffa narrate da mio nonno e guardando le fotografie che mostrano le varie fasi della sua vita. Seguo costantemente ciò che accade in Palestina e condivido le notizie: ciò mi sentire vicina al mio paese. Voglio che la mia terra d’origine possa essere orgogliosa dei miei risultati e dei traguardi raggiunti. Vivo con la speranza di sentire un giorno la terra di Palestina sotto i miei piedi”. Nena News
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