[DallaRete] In ricordo di Michele Ferrulli nel quarto anniversario dalla sua morte

FerrulliQuattro anni fa Michele Ferrulli moriva in via Varsavia a Milano durante un fermo di polizia. Muore in posizione prona, bloccato a terra da quattro agenti mentre invocava aiuto. Il Pm durante la sua arringa finale disse: «l’intervento dei poliziotti è stato sempre sopra le righe, mentre Ferrulli aveva un atteggiamento non aggressivo nei loro confronti». Inoltre ha affermato che l’uomo «subì percosse. Se io butto a terra una persona e infierisco  posso fargli molto male, e a questa persona può venire un infarto, anche se è una conseguenza di certo non prevedibile. Non ci vuole uno scienziato per capire che se una persona dice ‘basta, la testa basta’, bisognava smetterla lì».

I fatti:

Michele Ferrulli, 51 anni, originario di Bari ma residente a Milano dove lavorava come operaio edile. Michele con la sua famiglia occupava un alloggio in via Varsavia. Una persona mite e generosa, secondo chi lo conosceva bene, impegnato a combattere a favore degli abusivi delle case popolari con l’obbiettivo di ottenere per loro alloggi regolari e a norma di legge.
La vita di Michele si interrompe la sera del 30 Giugno proprio in via Varsavia. Un residente segnala alla polizia la presenza di diverse persone che, per strada, ascoltano musica ad alto volume, orinano sulla saracinesca di un bar e si abbandonano a urla e schiamazzi. Il gruppetto è composto da Michele e da due suoi amici. Intervengono due volanti.
Al loro arrivo gli agenti dichiarano di aver chiesto i documenti ma di essere stati subito insultati da Michele che li minaccia e tanta di aggredirli. I poliziotti rispondono con la forza e lo immobilizzano a terra per ammanettarlo, operazione che è durata diversi minuti, forse troppi per il cuore di Michele Ferrulli. La Questura dichiara la morte per infarto.
Le testimonianze dei due amici e di altre persone presenti parlano di un pestaggio da parte dei quattro agenti. Alcuni dicono che Michele veniva selvaggiamente picchiato mentre gridava ripetutamente aiuto.
Una circostanza confermata dai nuovi video diffusi dall’avvocato Anselmo, differenti dai primi per via della presenza dell’audio originale. Si sentono le urla e le invocazioni di aiuto di Ferrulli, i commenti in sottofondo, in lingua straniera, di chi in quel momento stava girando le immagini e si possono nitidamente vedere i colpi di manganello e i pugni.

https://youtu.be/uJERfaePF70

Il 3 Luglio 2014 la Corte d’Assise di Milano ha assolto i quattro poliziotti imputati di omicidio preterintenzionale perché il fatto non sussiste. Non ci fu «alcuna gratuita violenza», si legge nelle motivazioni della sentenza, da parte dei quattro poliziotti. Anzi, gli agenti agirono correttamente cercando di portare in Questura un uomo che aveva «proferito reiterate ingiurie e minacce» nei loro confronti, «dopo essersi rifiutato di fornire i documenti e dopo aver addirittura aggredito uno dei poliziotti». E i «colpi» che subì per essere bloccato erano giustificati «dalla necessità di vincere» la sua «resistenza» a «farsi ammanettare». Nelle motivazioni i giudici chiariscono che gli agenti hanno tenuto una condotta di «contenimento», che era «giustificata dalla legittimità dell’arresto». Secondo la Corte, in realtà, a differenza di quanto contestato dalla Procura i poliziotti non usarono «alcun corpo contundente» e la loro «condotta di percosse consistette nei soli ‘tre colpì e ‘sette colpì», dati in base a tecniche di ammanettamento «in modo non particolarmente violento». Una condotta che rispettò «il principio di proporzione» e la cui «piena legittimità» ne esclude «l’antigiuridicità». I «colpi» dati dagli agenti poi, scrive la Corte, sono rilevanti solo per la loro «dimensione stressogena», mentre è «dubbia» la loro «efficacia causale sull’evento morte». Tra i tanti «fattori stressogeni», infatti, i giudici elencano: l’arrivo dei poliziotti in via Varsavia, «il contrasto insorto con Ferrulli con la conseguente caduta a terra, l’ammanettamento», la sua «resistenza» all’azione dei poliziotti, la sua «ipertensione cronica» e la sua «ipertrofia cardiaca». In altri termini, secondo la Corte, «non può dirsi provato che se l’ammanettamento fosse stato completato dagli imputati, senza ricorrere, nella sua parte finale» ai «colpi» non si sarebbe verificato «l’arresto cardiaco».

Eppure il pm aveva chiesto sette anni di carcere ciascuno spiegando che era stata «Una violenza gratuita e non giustificabile». Quattro contro uno, perdipiù più vecchio di loro e già a terra, malconcio. La morte di Ferrulli è dovuta, secondo il pm, «anche al comportamento dei poliziotti» che, in seguito all’episodio, produssero una «documentazione di servizio falsa, per cercare di dare una rappresentazione edulcorata della vicenda».Inoltre il fatto che gli agenti possano aver utilizzato un manganello per colpire Ferrulli, eventualità negata dagli stessi imputati, «rischia di essere un falso problema», perchè «si può fare molto male a una persona anche solo colpendola con i pugni, senza usare corpi contundenti».

In un passaggio del ricorso in Appello, il pm chiede di ribaltare la sentenza perché avrebbe ricalcato i luoghi comuni di casi come questo, di malapolizia, ossia ha ribaltato la situazione, mettendo sul banco degli imputati la vittima e la sua famiglia.  Il pm, Gaetano Ruta, spiega che “soltanto grazie a una criticabilissima ricostruzione della intera vicenda (…) la Corte giunge ad affermare la piena correttezza dell’operato dei quattro imputati”. “Dalla motivazione” dei giudici di primo grado “traspare un giudizio molto severo (…) nei confronti della persona offesa dal reato e dei suoi familiari”.  L’indagine processuale, secondo il pm, “deve sempre essere incentrata sul fatto di cui si assume l’illiceità: occorre, in altre parole, avere riguardo al rapporto vittima/autore del reato rispetto alla fase di sviluppo del fatto (…) oggetto del giudizio. In questo processo si è andati molto oltre, e la motivazione ne è lo specchio deformato: dal fatto reato della imputazione si è trasmodato nei reati commessi da Michele Ferrulli” che però “era un incensurato”, e “nè risulta” che per gli episodi “a cui la Corte d’Assise nei suoi motivi di assoluzione ha dedicato” un intero capitolo (…) assemblando fatti del passato” (come l’occupazione abusiva di un immobile Aler nel 1991 o resistenza e diverbi con poliziotti nel 2007), “sia mai stato processato”. Per il pm è “una asserzione priva di fondamento” il giudizio “fortemente negativo” formulato dalla Corte sulla “attendibiltà” di molti testimoni per via del supposto condizionamento che i familiari di Ferrulli “avrebbero esercitato”.

http://www.acaditalia.it/2015/06/in-ricordo-di-michele-ferrulli-nel-quarto-anniversario-dalla-sua-morte/

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