[DallaRete] No Tav: il cronista Davide Falcioni indagato per aver raccontato la Val di Susa

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C’è qualcuno che da anni utilizza la giustizia come una clava contro un movimento popolare come quello dei No Tav. Ora la clava si utilizza anche verso chi si macchia della colpa di raccontare ma non essere allineato».
È con queste parole che Davide Falcioni – il cronista chiamato a testimoniare presso la Procura di Torino in merito alla contestazione alla Geovalsusa Srl il 29 Novembre 2012 – spiega le ragioni del suo eventuale “trasferimento” dal banco dei testimoni a quello degli imputati. Il tutto, in seguito a una deposizione in aula attraverso cui il reporter descrive come una pacifica manifestazione di dissenso quella che l’accusa tenta di far passare per un’azione degna dei reati di violazione di domicilio, danneggiamento, furto e violenza privata.
Non siamo tanto ingenui da stupirci che le voci insubordinate siano scomode e vadano zittite (se il testimone sgradito è per di più un reporter che non ha assecondato chi gli suggeriva di non scrivere più “certi articoli”, tanto meglio), ma certamente siamo abbastanza avveduti per renderci conto che ancora una volta la Val di Susa viene sfruttata come un laboratorio giuridico per creare importanti precedenti giurisprudenziali.
Il tentativo di mettere a tacere chi si distingue dai mantra delle principali testate italiane, ci convince dell’importanza del lavoro che portiamo avanti e per questo, di seguito, riprendiamo il racconto su questa vicenda così come pubblicato da Agoravox, il sito su cui Davide Falcioni ha raccontato la “sua” storia della Val di Susa.

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Nell’estate del 2012 progettammo con Davide Falcioni, che allora lavorava con noi ad AgoraVox, l’idea di un reportage dalla Val di Susa. Davide era venuto qui a Parigi grazie a un programma finanziato dall’Unione Europea, che sarebbe terminato alla fine di agosto; quale occasione migliore, ci siamo detti, per concludere “in grande stile” la sua esperienza nel nostro giornale?

Il 2012 è stato un anno cruciale per il movimento No Tav. Il 27 febbraio ci sono state le prime espropriazioni di terreni lungo la tratta in cui si sarebbe dovuta realizzare la grande opera. Quello stesso giorno, durante le proteste per gli espropri e per gli sgomberi, un militante No Tav, Luca Abbà, si arrampica su un traliccio, dove viene inseguito immediatamente da un poliziotto in borghese, forse un rocciatore professionista. Spaventato, Abbà sfiora un cavo dell’alta tensione, riceve una forte scossa elettrica e cade nel vuoto. Rimarrà in coma profondo per settimane; per fortuna, dopo 109 giorni di degenza, uscirà dall’ospedale senza gravi conseguenze. La paura che “ci fosse scappato il morto”, però, era stata enorme.

La Val di Susa, insomma, era in fiamme.

Davide ha scritto spesso, in quei mesi, della Tav e del movimento No Tav: tutti articoli che sono stati letti e apprezzati da decine di migliaia di persone. Questo perché è un professionista serio e competente, che scrive basandosi sui fatti e che, quando fiuta una storia, la segue fino in fondo, senza paura di sporcarsi le mani.

Dalla sua settimana in Valle Davide ha ricavato tra le altre cose una lunga intervista, Movimento No Tav: strategia e storia di una lotta popolare, alla maestra d’asilo e militante Patrizia Soldati. Purtroppo, esattamente tre mesi dopo la pubblicazione di quell’intervista, “Pat” è stata denunciata insieme ad altre 17 persone per il presidio in una sede della Geovalsusa S.r.l., una società coinvolta nella realizzazione della grande opera. Davide, da buon cronista, era lì, l’unico presente, e aveva seguito tutta la manifestazione:

Dipinta come un’azione violenta realizzata dei soliti “facinorosi” dei centri sociali torinesi, in realtà ha visto la partecipazione pacifica di decine di persone di ogni età ed organizzazione politica o sociale. L’azione si è svolta a volto scoperto, suonando il citofono e facendosi aprire. Una volta entrati, è stato srotolato uno striscione ed accesi un paio di fumogeni rossi. Nessun danno è stato arrecato agli oggetti dello studio. Nessuna minaccia ai dipendenti che, anzi, hanno amabilmente chiacchierato con i militanti No Tav presenti.

Il 29 Novembre scrive un articolo, Io ero con i No Tav arrestati, vi racconto come sono andate davvero le cose, che viene letto da più di tredicimila lettori e ripreso da diverse testate. La sera stessa riceve la telefonata di una persona che si presenta come giornalista di Repubblica, che lo chiama al cellulare (come ha avuto il suo numero personale? Mistero) e lo sconsiglia di “scrivere di certe cose”. Poco dopo si apre il processo per i 7 arrestati (e con loro altre 10 persone, 4 divieti di dimora a Torino e 6 obblighi di firma).

Davide si offre di testimoniare a favore dei militanti No Tav che vengono accusati, oltre che di violazione di domicilio, anche di danneggiamento informatico, furto e violenza privata.

Venerdì 28 Novembre Davide era in aula, a Torino, come testimone, ma è riuscito a pronunciare solo poche parole. Alla frase “c’era un clima sereno”, il PM Manuela Pedrotta ha interrotto l’esame del teste informandolo che, dato il contenuto della sua deposizione, sarebbe stato indagato per gli stessi reati di cui sono accusati gli imputati. Con la mutazione da testimone a indagato, la testimonianza di Davide Falcioni diventa, di fatto, nulla.

La strategia del Pubblico Ministero è evidente: invalidando l’unica testimonianza a favore della difesa – una testimonianza che, tra le altre cose, smentisce la versione dell’“occupazione violenta” riportata dai giornali – la pubblica accusa “inchioda” tutti gli imputati.

Così facendo, però, la Procura di Torino priva Davide Falcioni di un diritto fondamentale riconosciuto dalla nostra Costituzione (oltre che dalla Dichiarazione universale dei diritti umani): il diritto di cronaca. Un diritto che non riguarda solo i giornalisti in possesso di un tesserino rilasciato dall’Ordine, ma che è patrimonio di tutti. Un precedente gravissimo che i pubblici ministeri, la Federazione nazionale della stampa, oltre a tutti i colleghi giornalisti, dovrebbero prendere in estrema considerazione.

La redazione di AgoraVox Italia esprime la sua piena solidarietà al collega Davide Falcioni.

 

 

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