[DallaRete] Volontari a chi? (il Naga sul lavoro volontario per Expo)
Tra le tante parole scippate e distorte dall’Expo, una tocca il Naga molto da vicino: volontari. Così vengono definiti i circa 8500 giovani che accoglieranno e orienteranno i visitatori. Fossero volontari nel senso pieno del termine, non ci sarebbe stato bisogno che Cgil-Cisl-Uil autorizzassero Expo a usarli per cinque ore e mezza al giorno per un periodo massimo di un mese ciascuno. L’accordo è stato necessario proprio perché quel che i volontari svolgeranno assomiglia terribilmente a un lavoro. Solo che non è pagato, salvo il buono pasto e le spese di viaggio per chi viene da fuori Milano.
Hanno già fatto domanda in 17mila, il 40% laureati, tutti a spasso. Non saranno “schiavi”, ma neppure volontari. Il volontariato non è solo e tanto quel che si fa, ma per quale finalità opera la struttura dove lo si fa. L’Expo è una Spa, il suo scopo è fare affari, guadagnare. Questo piccolo particolare chiude la querelle semantica. Ma lascia aperta una questione sociale, politica, sindacale enorme: la disoccupazione giovanile e il progressivo degrado del lavoro. Precario, intermittente, a chiamata, stagionale, senza diritti e, finalmente!, per nulla pagato.
Nel Medi evo delle corporazioni gli apprendisti presi a bottega dal maestro artigiano lavoravano per anni senza salario. Era il prezzo che dovevano pagare per imparare il mestiere. Oggi va peggio: si lavora gratis all’Expo “per fare curriculum”, per “conoscere gente”. Alla fine ti “regalano” un tablet. Così, si legge sul sito di Expo, potrai tenere i contatti con gli amici stranieri, andarli a trovare e “perché no, fare il volontario nel loro paese al prossimo grande evento”.
Altro giro, altro regalo.
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