Tutti remano contro l’amnistia

carcere milano 1Con la scesa in campo di Renzo, lo schieramento manettaro chiude il cerchio.

 

Erano gli anni ’70 e c’erano già i Rolling Stones, anzi erano meglio di adesso, c’erano pure i Doors (quelli veri). Erano gli anni ’70 e c’era la maggioranza silenziosa ed era ben chiaro trattarsi di topi di fogna fascisti, benpensanti complici e borghesi piccoli piccoli terrorizzati ad arte, nessuno la definiva (come fa oggi Grillo) «quella senza diritti, senza voce, che tiene in piedi l’Italia». Non se la prendevano con islamici, migranti e clandestini (generi allora ignoti), ma si limitavano a imprecare contro i “rossi”, gli zingari rubabambini, gli immigrati meridionali che coltivavano basilico e pomodori nelle vasche da bagno, insomma lo zoo d’epoca. La destra faceva la destra e propugnava la legalità contro la sovversione, la delinquenza dilagante e la corruttela dei costumi: divorzi, aborti, sesso libero, droga, froci (il termine gay non era ancora in uso). Bisogna difendere la società. Punto.

Cerchiamo di capirli, si era appena passati dal telefono fisso a muro a quello con cordone e addirittura con prolunga. Anche la sinistra faceva la sinistra, magari tacciava di terrorismo i più inquieti e li sottoponeva alla legislazione d’emergenza, ma continuava a considerare buona parte del crimine un prodotto del disagio sociale e si affannava a includere la devianza, chiudere i manicomi, ridurre la carcerazione preventiva, consentire misure alternative al carcere, favorire riabilitazione e reinserimento. Qualcuno cominciava a orecchiare Foucault. It was once upon a time…

Suvvia, siamo moderni. Al giorno d’oggi i valori, alfine, sono trasvalutati e Saviano sostituisce l’Internazionale. Altro che eguaglianza, il principio di legalità è la stella polare della sinistra e come potremmo insegnarla ai ragazzi «se poi ogni sei anni, quando abbiamo le carceri piene, buttiamo fuori qualcuno»? per dirla con uno dei più recenti “renzini” di Renzi, massime banali avvolti in croccante cioccolato (geniale Crozza). Meglio buttare le chiavi che incorrere in «un clamoroso autogol», esorta il sindaco fiorentino. Tanto più che si tratta «di pericolosi criminali pronti a tornare a delinquere, per indole o per necessità» – afferma il lombrosiano Travaglio, non senza aggiungere riflessivamente che, se non trovano lavoro i neolaureati, figuriamoci gli ex-detenuti. Delinquenti per natura, nel caso migliore affamati cronici, che tornerebbero a saccheggiare, uccidere, stuprare i bravi italiani, grillini e girotondini compresi. Le statistiche indicano che i recidivi indultati sono di meno della media degli ex-carcerati? Travaglio sghignazza: ma solo perché non li hanno beccati sul fatto! E poi, e poi ci sono quelli di pelle scura, negracci e maghrebini e pure i sempiterni zingari: con l’indulto «l’Italia darebbe vieppiù di sé l’immagine del paradiso dei delinquenti, attirando altre migliaia di immigrati clandestini: non quelli che fuggono dalla fame e dalle guerre, ma quelli che cercano il posto migliore dove farla franca». Fatti salvi i rifugiati (per pelosa decenza), che gli altri colino a picco o se ne tornino nella comode celle locali (una rendition all’inverso, «come previsto da una delle poche norme sagge della Bossi-Fini»): che so, ad Aleppo, a Tripoli o ad Abu Ghraib…E per i delinquenti nazionali riaprire Pianosa e l’Asinara, isolamento meglio del 41 bis.

Questa è la sinistra, anzi la sinistra a sinistra di quella parlamentare, la sinistra delle manette che contesta (più che giustamente) il Pd e il presidenzialismo di fatto di Napolitano. Stiamo freschi. E la destra? Visto che il suo padrino sta per andare ai domiciliari o ai servizi sociali (due conquiste di quando la sinistra si batteva per cause giuste) e parecchi altri potrebbero seguirlo, si schiera a favore di amnistia e indulto, scopre che il carcere non redime e ci si sta pure stretti, in quindici in una cella per quattro. Tutti fuori e mettiamo dentro i giudici, cancro della società. La svolta è iniziata con Mani pulite, ma è precipitata solo con le recenti sentenze definitive o incombenti.

Siamo seri. Al di là delle giravolte per opportunismo, dei tentativi di raccogliere voti in mezzo al letame o, per dirla con Grillo, per non scendere a percentuali da prefisso telefonico considerando clandestini e carcerati esseri umani, la questione dell’indulto e dell’amnistia è diventata, come a parti rovesciate era stato nei decenni precedenti, un arnese da campagna elettorale, fra Pd e PdL, e da campagna congressuale all’interno del Pd. Mentre una volta la sinistra spingeva per alleggerire le carceri e la destra, dopo aver incassato qualche vantaggio, strillava contro i delinquenti in circolazione, adesso la sinistra lancia la proposta di amnistia con una mano e la ritira con l’altra, mentre la destra esulta per risparmiare al suo capo nove mesi di comode limitazioni di agibilità. Come a destra è significativa l’improvvisa clemenza del PdL (e non la ringhiosa ottusità della Lega), così a sinistra conta non il legalitarismo incarognito del popolo viola e del M5S, ma l’improvvisa virata securitaria di Renzi, che fiuta la paura da crisi (i sondaggi indicano un elettorato bipartisan sfavorevole a indulto e amnistia).

L’argomento securitario “moderato” corrente (da Epifani a Gomez) è questo: prima eliminare le leggi che producono un sovraccarico carcerario (la Bossi-Fini sui clandestini, la Fini-Giovanardi sulla criminalizzazione indistinta della droga e la ex-Cirielli sulla recidiva), poi si considereranno misure generalizzate di clemenza. Sembrerebbe razionale e simile alla proposta Manconi e di Antigone (portare a casa l’amnistia subito, abolire nel contempo le leggi criminogene e introdurre il reato di tortura, in cui rientra anche il sovraffollamento carcerario), in realtà, dilazionando le misure di svuotamento e non riuscendo a rivedere le tre leggi su cui esiste un dissenso incolmabile fra le due principali componenti delle larghe intese (lo si vede già sul reato di clandestinità), ne risulta un nulla di fatto, coperto da un rumoroso e inutile dibattito sull’applicabilità dell’amnistia a Berlusconi. Il frastuono suscitato dall’ambiguo messaggio presidenziale si è smorzato, i giornali non lo sbattono più in prima pagina, mentre le forze politiche si stanno impegolando nella classificazione delle fattispecie di reato interessate, sicuro preludio all’affossamento.

La prospettiva al momento più probabile sembra l’abbandono di un’amnistia per cui non esiste più, se mai era esistita, una maggioranza dei 2/3 dei voti (una scervellata decisione di vent’anni fa) e una versione minimale, nel migliore dei casi, dell’indulto. Così nessuno rischia di perdere voti, le passioni tristi equamente diffuse a destra e a sinistra sono appagate, il ceto politico coglie l’occasione per fingere indipendenza da Napolitano, i cittadini italiani (e non, il 35%) in carcere continueranno a soffrire, compresi gli innocenti in attesa di giudizio, e quelli fuori pagheranno più tasse per saldare le multe della Corte europea dei diritti umani che dalla prossima estate pioveranno sull’Italia per la mala giustizia.

Noi invece, indifferenti al fatto che un vecchio malvissuto se ne stia o meno al gabbio, siamo per l’amnistia per eliminare la vergogna sociale delle carceri, siamo per l’amnistia anche perché – come abbiamo già scritto – vogliamo veder cancellati gli anni di galera che nei prossimi anni andranno a pesare sulle spalle di chi in questi anni si è battuto nelle piazze accumulando processi e condanne penali e sanzioni amministrative.

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