Estate italiana 2020: caccia all’untore o al capro espiatorio?
“Dovevate restare in Italia! Andate a divertirvi all’estero, ci riportate il contagio e avete anche la faccia tosta di parlare!!??”.
Usiamo questa frase molto sentita e molto abusata in questi giorni come prologo di un breve e tragicomico racconto di uno dei tanti ritorni dalle ferie all’estero.
Come si fa davanti ai tribunali americani, e a scanso di equivoci, ammettiamo subito la nostra colpevolezza. Sì ci dichiariamo colpevoli sperando nella clemenza dei tanti tribunali del popolo costituitisi in questi giorni.
Non siamo dei veri patrioti e abbiamo scelto un Paese estero come meta delle nostre agognate vacanze, nello specifico un’isola greca di quelle che con Mykonos hanno molto poco in comune. Partiamo quindi, in un momento in cui i viaggi all’estero sono consentiti e in cui il livello dei contagi nel Paese ellenico è molto inferiore a quello della media europea.
Durante la nostra permanenza sull’isola, tra mille accortezze seppur il distanziamento sociale sulle spiagge sia un eufemismo data la poca affluenza, veniamo a sapere che i contagi sono in aumento. A quel punto si scatena la ricerca di informazioni in rete: le notizie sono a dir poco contraddittorie e variano di mezz’ora in mezz’ora.
Tamponi direttamente all’aeroporto al rientro (magari!).
Niente tamponi, ma autoisolamento.
Niente autoisolamento e niente tampone, ma norme di buona accortezza.
In Italia, intanto, si scatena la caccia all’untore.
Quella più a buon mercato è stata la scontatissima battaglia contro i clandestini infetti che scappano dai centri e ci portano l’infezione. Un vecchio anthem della destra, che ora all’odio verso l’immigrato può aggiungere anche quello verso l’infetto. Come a dire due piccioni con una fava! Peccato che la caccia al vile straniero infetto venga lanciata dagli stessi che affermano con gran sicurezza che il Covid non c’è più e che l’obbligo di mascherina ci accomuna a un regime autoritario come potrebbe essere stato quello della Germania nazista…
La caccia all’untore migrante, tuttavia, non fa breccia nell’opinione pubblica come Salvini e soci avrebbero voluto. Anche perché, tanto per dire, ai migranti che sbarcano in Italia, a differenza che agli autoctoni, spesso e volentieri il tampone viene fatto!
A quel punto, per tappare il buco, si scatena la caccia a chi è andato in vacanza all’estero. Antipatriottici! Sciagurati! Ci riportate l’infezione, e pure non italiana!
Ma che differenza c’è, ci chiediamo, tra l’andare in spiaggia in Grecia e l’andarci a Rimini, in Sardegna, in Puglia o in qualsiasi altro luogo di punta dell’estate all’italiana? Beh, per quel che vale, il distanziamento sociale sulle spiagge della “nostra” isola era di minimo 20 metri. Ci è capitato spesso e volentieri di essere praticamente soli. Alla peggio, comunque, non c’è nessuna differenza. Come, da quanto ne sappiamo, non c’è differenza tra una discoteca salentina o una croata.
Perché, poi, obbligo (si fa per dire) di tampone per chi rientra da Spagna, Grecia, Croazia e Malta e non per chi rientra da Francia e Germania, in cui la situazione è anche peggiore? Nessuno lo spiega, ma qualche dubbio ci viene… Facile spezzare le reni alla Grecia, un po’ meno alla Germania!
Gli occhi di chi vuole un colpevole ad ogni costo si sono appena posati sui “furbetti” delle ferie all’estero che ecco trovato un nuovo capro espiatorio!
I gggiovani d’oggi che vanno in discoteca!
Va bene, va bene. Magari i giovani un po’ se ne fregano e di sicuro c’è carenza generale di buon senso (transgenerazionale, aggiungeremmo), ma se le discoteche erano aperte e chi era preposto a farlo non controllava il rispetto delle norme, perché non avrebbero dovuto andarci?
E le domane senza risposta si moltiplicano.
Sta di fatto che arriva il giorno fatidico del ritorno a casa.
Compiliamo l’autodichiarazione cartacea “per il vettore”, che nessuno né alla partenza né tantomeno all’arrivo ci chiede. Avvertiamo la nostra ATS di competenza compilando il modulo online e una risposta automatica (senza alcun numero di protocollo o ricevuta) ci informa che verremo richiamati per fare il tampone, ma che il numero di richieste è molto alto.
Rileggiamo per l’ultima volta la notizia che in Lombardia NON è richiesta la quarantena, ma comportamenti di buon senso (indossare la mascherina e limitare la vita sociale).
Atterriamo a Bergamo e anche qui zero informazioni. Nessun volantino, nessun warning visibile (magari c’erano, noi non li abbiamo visti!).
Siccome però tra di noi c’è chi è dipendente in un’azienda, presi da scrupolo contattiamo i responsabili della sicurezza sul luogo di lavoro e scopriamo che alcune aziende di sono uniformate al decreto del Governo (diverso da quello delle Regioni) e richiedono ai lavoratori di prendere la malattia e mettersi in isolamento.
Da qui corsa dal medico di base (fortunatamente in città e non in ferie) e richiesta di malattia. Medico di base disperato che ammette come la situazione sia totalmente fuori controllo, con arrivo continuo di mail con ordini e contrordini.
Si telefona al numero regionale (Regione Lombardia, numero 116117) che, ovviamente, ti mette sempre e perennemente in attesa.
Non si capisce chi debba richiedere il tampone (pare il medico di base, ma chissà) e nemmeno se il sierologico (più accessibile perché senza obbligo di ricetta e con meno lista d’attesa) a pagamento valga come certificazione di sanità. In questo scenario kafkiano, mentre l’opinione pubblica è intenta a scatenare la caccia a un untore che cambia di giorno in giorno, ci viene da sottolineare con necessaria forza alcuni punti:
- A 6 mesi dall’esplodere della pandemia, ci siamo fatti cogliere impreparati per la seconda volta. In questo la Lombardia brilla come astro assoluto, ma anche il Governo centrale non scherza;
- Se emani una legge che obbliga a fare il tampone, metti in condizione i cittadini di poterlo fare e non di doversi inventare le procedure;
- Il peso della salute pubblica è completamente buttato sulle spalle dei singoli cittadini con una totale e disarmante mancanza di informazioni. E quando ci sono è come se non ci fossero, tanto sono contraddittorie! Un cittadino può avere tutta la buona volontà e disponibilità del mondo, ma, anche volendo, è messo di fronte a un vero e proprio labirinto in cui deve decidere in assoluta solitudine come muoversi. Tanto per dire, potrebbe pungere vaghezza di fregarsene e allinearsi al menefreghismo dilagante;
- Di nuovo, dopo 6 mesi, e questa è la vera vergogna, mancano ancora i tamponi e la sanità territoriale non è stata riorganizzata come un’emergenza di questo tipo richiederebbe;
- La schizofrenia delle decisioni e lo scontro di competenze e attribuzioni tra Stato e Regioni sulla sanità ha veramente stufato. Siamo di fronte a una situazione in cui la Torre di Babele sarebbe sembrata la Svizzera! O decide lo Stato o decidono le Regioni. Come dicevano i latini: “Tertium non datur”.
Questa la situazione oggi 17 agosto 2020.
A breve inizierà l’autunno e come si dice… chi ben comincia è a metà dell’opera?
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