Gaza Freestyle Festival

A Milano, 14 e 15 giugno, un festival per Gaza, interviste e programma.

Il 14 e 15 giugno si terrà a Milano il Gaza/Milano Freestyle Festival, iniziativa organizzata dal Gaza Freestyle Festival(GFF) in collaborazione con lo Spazio Autogestito di Quartiere Lambretta, il collettivo femminista DeGenerAzioneAssopace PalestinaVento di Terra ONG e il Centro Italiano di Scambio Culturale – VIK.

Lo scopo dell’iniziativa è quello di riportare l’attenzione su quella che è la questione palestinese e raccontare il percorso e i risultati dei tre anni di progetti all’interno della Striscia di Gaza; lo strumento è quello che ha sempre contraddistinto il gruppo milanese fin dalla sua nascita: il freestyle.

Le attività inizieranno venerdì 14 giugno in Via Edolo 10, sede dello Spazio Autogestito di Quartiere Lambretta, con il dibattito “FEMMINISMO E RESISTENZE. Confronto tra Palestina, Kurdistan, Afghanistan e Sud America” e con una cena palestinese per finanziare le attività del GFF e la loro prossima carovana all’interno della Striscia di Gaza.

Sabato 15 giugno, invece, la giornata sarà interamente dedicata al tema del freestyle e si svilupperà al Parco Lambro. Dal primo pomeriggio il parco sarà animato da Jam di skateboard con un Best Trick Contest, tornei sportivi, writing e jam di Hip Hop, mentre la sera vedrà un alternarsi di artisti sul palco e lo spettacolo Monologhi di Gaza a cura di Vento di Terra ONG. A cornice di tutte le attività ci sarà una cucina e un bar con tendoni e tavoli per rilassarsi mangiando un panino con una birra fresca.

Per capire meglio chi sono i promotori di questa iniziativa e il perché di un festival, abbiamo intervistato alcuni degli organizzatori.

Cos’è il Gaza Freestyle Festival?

Il Gaza Freestyle Festival nasce nel 2014 con il nome Festival delle Culture. Diventa poi nel 2017 ciò che è oggi, cioè una collettività di persone che si divide in cinque sottogruppi: il gruppo skate, il gruppo donne, il gruppo musica, il gruppo media e il gruppo writing. Nonostante gli ostacoli causati dall’occupazione siamo riusciti ad entrare nella Striscia di Gaza cinque volte come GFF, e ci stiamo preparando per rientrare nuovamente. La risposta che abbiamo ricevuto dai gazawi è stata molto calorosa, accogliente e produttiva. Assieme a loro abbiamo completato il primo skatepark della Striscia a Gaza City, esattamente nella zona del porto dove ad oggi centinaia di ragazzi si allenano con lo skate e con i roller-blade; abbiamo lavorato con decine di associazioni di supporto alle donne organizzando workshop e laboratori sull’educazione sessuale, educazione all’affettività e di dibattito politico; abbiamo registrato due tracce hip-hop italopalestinesi con videoclip e abbiamo portato avanti collaborazioni accademiche; abbiamo ridipinto le
case distrutte, i carceri e i luoghi abbandonati per dare colore alla sofferenza e abbiamo documentato tutte le nostre attività con video, foto e articoli. Il nostro gruppo è composto da ragazze e ragazzi tra i 18 e i 35 anni, siamo lavoratori e lavoratrici, studenti e studentesse, militanti internazionalisti, attivisti per il diritto dei popoli ad autodeterminarsi.

Com’è nata l’idea di fare un festival a Milano per Gaza?

Al rientro da ogni carovana ci siamo sempre impegnati a parlare del nostro progetto e soprattutto a parlare di Gaza. Abbiamo organizzato cene, mostre fotografiche, dibattiti e incontri formativi per tornare a parlare di Palestina, e così facendo abbiamo incontrato e conosciuto centinaia di persone. Al ritorno dalla nostra ultima carovana di questo dicembre, abbiamo sentito la necessità di portare nella città dove è nato il progetto – Milano – il lavoro svolto nella Striscia per far conoscere al meglio lo spirito che ci ha spinto a insistere nel progetto. Da qui è nata l’idea del festival: due giorni di musica, sport, dibattiti, spettacoli e cene, nei quali trasporteremo nella città l’energia accumulata in questi anni grazie alle gazawe e ai gazawi.

Vedendo il programma dei due giorni, si vede che vengono affrontati svariati argomenti, dal tema delle donne fino alla cultura underground dello skateboard. Come avete fatto a tenere insieme queste due tematiche all’apparenza così distanti?

Il nostro lavoro non è stato solo pratico, ma è stato un lavoro di scambio che ci ha permesso di conoscere un popolo che soffre per la condizione di doppia occupazione in cui vive: una è l’occupazione israeliana che fa vivere un milione e 800mila persone all’interno di una prigione a cielo aperto di soli 360 km2, in una situazione di povertà estrema e con un inquinamento dell’aria e dell’acqua elevatissimo. L’altra è l’occupazione del partito islamista Hamas. Da quando ha vinto le elezioni nel 2007 , a Gaza non si è più andati al voto, e questo movimento islamista limita i suoi abitanti e li priva delle libertà più basilari. Le donne hanno dovuto lottare fino a poco tempo fa contro l’obbligo di indossare il hijab, e ancora oggi molte ragazze mettono a rischio la propria sicurezza camminando per strada coi capelli al vento. Anche per la costruzione dello skatepark i divieti sono stati tanti: con la scusa dei permessi il lavoro è stato più volte rallentato, d’altronde il fatto che centinaia di persone si radunassero per lavorare ad un’area sportiva insieme a noi di fianco ad una moschea ha irritato molte persone, ma ha aiutato a rafforzare il gruppo dei nuovi skaters. Come internazionalisti sappiamo che non ci può essere una reale libertà di un popolo senza la liberazione della donna dalla sua condizione di
sottoposta. Sia con il lavoro dello skatepark che con i laboratori di scambio del gruppo donne abbiamo affiancato i gazawi e le gazawe nella loro Resistenza, rendendoci consapevoli che è con i piccoli gesti che si cambia l’ordine delle cose.

Il dibattito di venerdì 14 è intitolato “ FEMMINISMO E RESISTENZE”, quale è secondo voi il ruolo della donna all’interno del processo rivoluzionario?

DeGenerAzione: “Le donne svolgono da sempre, in tutti i luoghi, un ruolo di fondamentale importanza all’interno dei processi rivoluzionari. Le donne teorizzano e attivano pratiche di Rivoluzione, costruiscono comunità resistenti prestando la propria cura, essendo anche eventualmente portatrici di vita; le donne sono le custodi dell’amore per i propri territori e per
questo spesso li difendono, imbracciando le armi, fronteggiando eserciti invasori e occupanti, al pari degli uomini. Le donne hanno posizioni di rilievo nei partiti, nelle istituzioni, nei coordinamenti e nelle associazioni locali, prestano il loro tempo e la loro dedizione alla costruzione di una realtà alternativa, più giusta equa e felice. Le donne portano un approccio e una visione diversa a processi rivoluzionari di liberazione collettiva, resistenza o conflitti armati, per questo, senza la prospettiva dell’autodeterminazione della donna, non è possibile alcun
cambiamento, perché la donna è il primo terreno di assoggettamento e colonizzazione e, senza il cambiamento di questo status quo (quello che continua a vedere il predominio del paradigma maschile nel mondo) non è possibile una Rivoluzione che non riproduca le stesse dinamiche di
sottomissione. Non c’è giustizia sociale senza quella di genere.

Negli ultimi anni si è vista una crescita della figura femminile all’interno delle narrazioni delle lotte nel mondo, questo spostamento di asse come ha influenzato l’analisi del presente?

DeGenerAzione: “Finalmente sembra che il mondo e la narrazione mainstream si stiano accorgendo del ruolo di fondamentale importanza che le donne stanno avendo in moltissimi luoghi nel mondo. Per la jineologia curda questa è l’era delle donne, un momento in cui è possibile un secolare riscatto e una presa di posizione collettiva che inauguri una nuova fase di
equità universale. Purtroppo la realtà è ancora molto distante dalla narrazione. La sfida verso l’autodeterminazione deve tenere conto oggi della contraddizione che viviamo. Da una parte, l’ascesa dei sovranismi e delle destre ultracattoliche attuano un forte attacco alla donna a livello locale e internazionale dove i confini diventano strumento di repressione che si gioca soprattutto sul corpo delle donne e delle persone lgbtqia+, in termini di diritti sia a livello sociale, che politico che istituzionale. E’ un attacco capillare in un momento in cui la donna è più che mai bersaglio della violenza di genere, sopratutto domestica, e del preoccupante aumento dei femminicidi, un attacco che si traduce nell’impossibilità di decidere per il proprio corpo, nell’ostacolo al divorzio come nemico della famiglia tradizionale, in cui spesso la donna non dispone di strumenti giuridici per potersi emancipare da situazioni di sottomissione, nella femminilizzazione del lavoro caratterizzata da un’alta precarietà, nell’assenza di misure sociali atte a supportare il processo di autodeterminazione. Dall’altra questo periodo critico è forte
occasione per la ripresa di un’ondata di riscatto e rivendicazione delle donne a prescindere dal sesso biologico. E’ questo il momento per agire nelle crepe della contraddizione e diventare movimento, prima di opinione, poi di azione. Sicuramente quello che si è spostato dagli anni ’80 a oggi è l’asse della consapevolezza femminile e delle donne in molte parti del mondo. A livello
internazionale si stanno costruendo reti di coabitazione, scambio e condivisione che saranno il motore non solo di uno spostamento d’asse ma di una rivoluzione globale.”

Nel programma di sabato 15 c’è uno spettacolo teatrale chiamato Monologhi di Gaza a cura della vostra ONG. Che tipo di spettacolo è?

Vento di Terra ONG: “ I Monologhi di Gaza sono una raccolta di monologhi scritti e messi in scena per la prima volta dai bambini e dai ragazzi palestinesi che hanno partecipato al laboratorio teatrale dell’Ashtar Theatre di Ramallah. Il progetto aveva come obiettivo quello di permettere ai ragazzi che avevano vissuto i bombardamenti del 2008/2009 di esorcizzare
attraverso il teatro le paure e i traumi e di esprimere le loro speranze per un futuro migliore.
Quello che stiamo cercando di fare è sostenere, anche a distanza di quasi dieci anni , le voci dei ragazzi e dei bambini di gaza che nonostante tutto continuano a sognare. Abbiamo deciso di raccontare, con l’aiuto dei ragazzi del Gaza Freestyle Festival, com’è oggi la vita nella Striscia di Gaza e di accostare i loro racconti a quelli dei bambini che hanno vissuto la guerra del 2008/2009.”

Per quale motivo avete scelto la forma dei monologhi per parlare della situazione nella Striscia di Gaza?

Vento di Terra ONG: “ Nonostante “I monologhi di Gaza” siano nati nel 2010 sono tremendamente attuali. L’infanzia dei bambini palestinesi viene costantemente rubata dalla violenza, dalla morte, dalla povertà e questa situazione purtroppo non è migliorata negli ultimi dieci anni. Le voci dei bambini sono voci potenti perché raccontano con una chiarezza
agghiacciante gli orrori della guerra, ma sono anche piene di speranza per un futuro migliore.”

Perchè nel 2019 è ancora importante parlare di Palestina?

Assopace Palestina: “E’ importante continuare a parlare del popolo palestinese per evitare che i palestinesi diventino invisibili, lasciando così al governo israeliano mano libera per la distruzione di un popolo. In questo contesto crediamo sia importante sottolineare il diverso significato della parola libertà, per palestinesi e israeliani. Per gli israeliani la parola libertà significa annientare il popolo palestinese, distruggere le loro terre, impossessarsi delle loro case, aggredire quotidianamente i bambini che per andare a scuola passano vicino agli avamposti. Libertà è negare ai palestinesi l’acqua , attaccare i loro villaggi e distruggere tutto.
Libertà per i palestinesi è la lotta quotidiana per la sopravvivenza, è difesa della propria terra, della casa. Libertà è la salvaguardia delle proprie pecore, è avere a disposizione l’acqua per irrigare i campi. Libertà è poter accedere alle cure mediche e raggiungere in tempo un ospedale. Libertà per un bambino palestinese è poter andare a scuola e giocare spensierato con i
propri amici.”

Quale valore aggiunto vedete in un festival all’interno del percorso di solidarietà per il popolo palestinese?

Assopace Palestina: “E’ molto importante creare eventi per raccontare ciò che non viene detto o scritto dai media nazionali e internazionali. Raccontare ciò che si è vissuto in prima persona durante la permanenza in Palestina, parlare degli incontri, di ciò che si è visto e del messaggio che i palestinesi ci chiedono di far conoscere al mondo: “Siete i nostri ambasciatori di pace, raccontate la nostra vita senza giustizia, raccontate della nostra terra ferita e occupata, dite che vogliamo vivere in pace, senza paura di venire uccisi o imprigionati. Rompete gli stereotipi che i palestinesi sono vittime o terroristi e raccontate della vita scandita da checkpoint e arresti. Decostruite la propaganda israeliana che si definisce paese circondato da nemici da cui
deve difendersi, mentre quotidianamente ruba terra, acqua e vita ai palestinesi, non per crudeltà ma per un disegno politico preciso, lo sterminio del popolo palestinese.”

Qual’è la situazione attuale all’interno della Striscia di Gaza? Come internazionali, quali strumenti di solidarietà si possono mettere in campo?

Meri Calvelli: “ Il governo israeliano continua ad esercitare una politica severa e discriminatoria in generale su tutta la Palestina occupata ma in particolare sulla Striscia di Gaza con restrizioni, chiusure e quindi impossibilità di movimento per la popolazione. La chiusura di Gaza da parte
delle autorità israeliane, è inoltre ben concertata con la chiusura anche del valico di Rafah, verso l’Egitto, dove anche qui queste autorità, impongono chiusure e restrizioni, con richieste di pagamento per il passaggio sul proprio confine, limitando inoltre approvvigionamento dell’elettricità che limita di conseguenza anche l’accesso all’acqua potabile e al funzionamento dei servizi in genere, soprattutto quello ospedaliero. Anche i confini commerciali, unico passaggio per il rifornimento delle merci, risultano chiuse per la maggior parte del tempo; la situazione più difficile è vissuta soprattutto dalle famiglie più povere e indigenti che non hanno accesso agli aiuti necessari per l’alimentazione. L’autoproduzione interna, costituita da pesca e
agricoltura, è disturbata e limitata per via della limitazione di accesso al mare e ai campi agricoli.
La maggior parte delle azioni militari sono esercitate nei confronti della popolazione che continua da oltre un anno a protestare sul confine, usando un eccessivo uso di forze letali. Sono oltre 200 le persone uccise e oltre 1500 i feriti anche gravemente, tra cui molti bambini, donne, paramedici e giornalisti, molti dei quali hanno subito amputazioni degli arti. Inoltre Gaza in questi ultimi mesi ha subito azioni di artiglieria pesante, bombardamenti da droni e F16, che oltre a distruzioni generalizzate di palazzi e abitazioni, hanno comportato l’uccisione di civili.
Purtroppo anche sul fronte della riconciliazione da parte delle due principali fazioni, Hamas e Al-Fatah, che si contendono il potere, la situazione è praticamente ferma e da considerarsi insanabile. Molti gli arresti anche da parte di queste autorità verso i dissidenti e coloro che criticano il sistema e la loro rappresentanza. Molto triste constatare che la stessa popolazione sia
completamente scollata dalla rappresentanza politica, in una situazione dove il vero problema continua ad essere un’occupazione militare con un sistema di apartheid in atto. In un contesto così difficile e disastrato, la comunità internazionale dovrebbe prendere delle decisioni molto rigide e sanzioni per garantire come minimo il rispetto dei diritti umani di una popolazione civile che sta pagando un prezzo molto alto. Di certo non bastano gli aiuti economici a cascata che spesso non vanno sulla popolazione ma solo a rafforzare un sistema di gestione “umanitaria” da parte di chi degli umani che vivono a Gaza non interessa nulla. Il rispetto delle convenzioni e delle risoluzioni dovrebbero intanto essere garantite e messe in atto. Pressione sui governi, che investono nelle ricostruzioni ma non fermano le esportazioni di armi e permessi di distruzioni di massa.”

Sono ormai tre anni che porti all’interno della Striscia di Gaza il progetto del Gaza Freestyle Festival, che risultati ha portato questa collaborazione?

Meri Calvelli: “Ogni azione di carattere culturale, di scambio e di dialogo con le diverse culture dei paesi, soprattutto per chi vive un forte isolamento culturale e politico, ha un valore immenso, volto alla convivenza e alla comprensione che solo in società libere si può avere risultati di buon
vicinato. I festival, che spesso sono rivolti principalmente ad una popolazione giovanile, la cui generazione è nata e vissuta dentro un confine di un grande carcere, hanno la potenza di far sognare e quindi sperare in una società diversa e umana. Abbiamo visto molti giovani, uomini e donne, che, con la possibilità di scambiare idee e desideri, si avvicinano a sistemi che privilegiano il rifiuto del radicalismo, imbracciando l’arma dell’arte e del dialogo verso le
differenze. Aperture mentali, ricerca e pacifica convivenza con soggetti di diverse appartenenze religiose e sociali. Altro esempio di sana collaborazione, messo stranamente in atto in questo territorio, sono gli scambi Erasmus (programmi europei), che sono stati realizzati tra le
università (Università di Siena e di Gaza), con risultati sorprendenti di scambio sul piano didattico e di ricerca. Ognuno di noi ha tanto da imparare dalla grande ricchezza che solo il collegamento e l’intreccio di culture diverse può portare.”

IL PROGRAMMA

Venerdi 14 giugno @ LAMBRETTA (via edolo 10)
H. 18.00_ Dibattito “FEMMINISMO E RESISTENZE”
Confronto tra Palestina, Kurdistan, Afghanistan e Sud America.
Intervengono: Luisa Morgantini (Presidente Assopace Palestina), Eddi
(Compattente YPJ), Anna Camposampiero (Responsabile Esteri PRC,
esperta di sud america), Cisda (Coordinamento Italiano Sostegno Donne
Afghane), Meri Calvelli (Presidente Centro Vittorio Arrigoni a Gaza City) in
collaborazione con DeGenerAzione
H.20.30_ Cena Palestinese con hummus, falefel e verdura
Sabato 15 giugno @ Parco Lambro (area skate)
H.16.00_ Jam di skate + tornei organizzati da Armata Pirata 161 e
CSA Baraonda + murales per Orso e Vik + Jam Hip Hop
H.19.00_ Premiazioni
H. 21.30_ “Monologhi di Gaza” , spettacolo a cura di Vento di Terra ONG
H. 22.00_ ARTISTI PER GAZA

Per info:
Pagina Facebook: Gaza FREEstyle Festival
mail: gazafreestylefestival2019@gmail.com

di Riccardo Marchesi

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