MayDay 2016 – Spezzone indecoroso, periferico, migrante
Ripulire, imbiancare, smantellare, ordinare, riqualificare, dislocare. In questo 2016 sembra sempre più concretizzarsi un movimento che porta a percepire i problemi sociali come problemi estetici, spostando l’attenzione dalle condizioni materiali di vita agli effetti visibili che spesso producono e immaginando soluzioni che ricordano la pratica di mettere la polvere sotto il tappeto, o spostare le cose in una stanza per farla apparire in ordine. Il ‘decoro’ sembra essere la parola chiave di ogni politica sociale: i muri vanno puliti, i campi dove trovano rifugio i migranti in tutta Europa vanno sgomberati, la stazioni chiuse da cancelli di ferro e, se proprio non si può intervenire, si cambia nome alle cose, trasformando gli/le sfruttate in free lance e i/le giovani disoccupate in neet. il decoro di chi ci governa è quello fatto di spugnette e legalità, di telecamere e repressione, di restringimento degli spazi di libertà per una sicurezza solo apparente, che si trasforma spesso in esclusione.
A questa furia ripulitrice, di cui la Milano di Expo è stata un luogo paradigmatico, vogliamo rispondere ricordando che per noi l’unico decoro possibile è quello che propone condizioni per una vita degna di essere vissuta. Ad un decoro che illude che basti ripulire una facciata per migliorarci la vita, rispondiamo con due parole d’ordine che crediamo fondamentali: reddito di esistenza incondizionato e libertà di movimento.
Un reddito di esistenza ci serve per non sottostare ai ricatti di un mercato del lavoro sempre più precario e sempre più povero di tutele, in cui i diritti vengono presentati come privilegi o premi da meritarsi con la costante riduzione delle proprie aspirazioni. Un reddito per mettere in crisi un sistema che sussume qualsiasi desiderio in nome del profitto, in un esasperato feticismo che trasforma in merce ogni attimo del nostro tempo. Un reddito per permetterci di costruire reti di relazioni non schiacciate dal bisogno, ma che sappiano aprire spazi di immaginazione e felicità collettiva.
La libertà di movimento la vogliamo per tutte e tutti, consapevoli che i confini non sono altro che segni artificiali tracciati a penna su una mappa. Vogliamo libertà di movimento perché conosciamo il desiderio di scoperta e la nostalgia delle strade conosciute di chi di noi è dovuto/a emigrare, per necessità o per desiderio, e finisce per essere descritta come un ‘cervello in fuga’. Vogliamo libertà di movimento senza doverci appellare ad un minimo senso umanitario che ci impone di accogliere chi fugge dalle guerre, tra l’altro prodotte dagli interessi economici e politici di quegli stessi Stati che oggi si barricano stringendo accordi che obbligano migranti e richiedenti asilo a rimpatri forzati, ma aspiriamo ad un mondo in cui le reti degli scambi siano più forti di quelle spinate dei confini d’Europa.
La miopia e l’ipocrisia dell’accordo Bruxelles-Ankara che propone uno scambio forzato in cui un migrante irregolare viene deportato in Turchia e scambiato con uno “regolare” che potrà accedere in Europa.
Questa vergognosa intesa è stata suggellata da una contropartita economica corrispondente a 6 miliardi di euro, denaro che poteva essere convertito in pratiche e politiche d’assistenza e integrazione.
Contro la barbarie di questa follia saremo in diretta connessione con la piazza romana che andrà a ribadire, davanti all’ambasciata turca, che non è più tollerabile l’intollerabile.
Reddito e movimento, quindi, che chiediamo a gran voce in questa MayDay 2016, rilanciando quel grido, MayDay MayDay, che ci chiama a intrecciare le lotte ripartendo dalle nostre vite che, radicalmente precarie, sanno che serve il coraggio di cambiamenti radicali.
Ci vediamo tutti/e alle 15 in piazza 24 Maggio dietro al camion in-decorso, periferico e migrante!!
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