Organizzare la solidarietà ai tempi del Coronavirus

Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare.

Navi da guerra ai checkpoint in circonvallazione.

Strade infette e deserte, in cui gironzolano abbandonati solo gli ultimi della terra alla ricerca di cibo o qualche rottame da barattare.

Code chilometriche di persone che avanzano lentamente e a testa bassa per poter finalmente spendere i propri crediti e portare del cibo alla famiglia.

Scaffali dei supermercati continuamente riforniti e puntualmente svuotati in preparazione dell’apocalisse zombie.

Isteria collettiva e talvolta qualche forma di esproprio da parte dei più disperati e determinati a vivere.

File di malati accalcati negli ospedali in attesa di un respiratore, condannati a morte da un sistema sanitario al collasso, costretto da problemi strutturali a decidere tra chi può vivere e chi invece deve morire.

Blade Runner 2049? No, Milano 2020.

Dopo una prima settimana di sbandamento istituzionale è arrivata la risposta: il pugno di ferro.

Multe a tappeto, per chi veniva trovato per strada, pure ai senzatetto che una casa non ce l’hanno e agli operatori sanitari che operano sul territorio.

Dal totale silenzio all’isteria poliziesca. Di male in peggio.

Intanto si accalcano uomini e donne in stato di sovraffollamento all’interno di un sistema carcerario volto a punire duramente chi non ha rispettato anche le più futili e ingiuste regole. E allora perché non sospendere le visite da parte dei parenti?

Agli occhi di qualcuno è sempre più palese che questo sistema che chiamiamo capitalismo era un sogno destinato a diventare un incubo.

Agli occhi di qualcuno è sempre più palese che l’abbondanza, l’esclusività, la sovrapproduzione, il libero mercato, la spensieratezza e l’incoscienza di pochi, saremmo arrivati a doverla pagare in molti.

Molti lavoratori precari, a tempo determinato, con contratti particolari o senza contratto lasciati a casa dallo stato di emergenza e senza stipendio o con lo stipendio sospeso. I lavoratori con contratto a tempo indeterminato lasciati a casa in ferie obbligate. Per non parlare di chi invece è obbligato a lavorare mettendo il proprio corpo e la propria salute a rischio per gli interessi di chi può concedersi una quarantena dorata. E tutto questo senza nessun tipo di tutela o ammortizzazione sociale.

Gli studenti sono costretti a pagare le tasse universitarie, nonostante gli ovvi problemi a livello di didattica e a livello di possibilità a dare gli esami, col rischio di perdere l’anno e di finire fuori corso, per poi ritrovarsi a dover pagare ancora più tasse.

Nel frattempo, chi non ha una casa è per strada e può contrarre il virus, vedendosi ridotti tutti i servizi che uno Stato dovrebbe mettere a disposizione, dalle docce, ai posti letto alla consegna di cibo.

Ci viene da pensare a come abbiamo speso i “nostri” soldi in questi anni…

Un metro di Tav (160.000 euro) o più di cento persone malate di Covid-19 curate in terapia intensiva al giorno?

Un caccia bombardiere F-35 Lightning II (100.000.000 euro) o 67.000 persone?

Un auto blu (150.000 euro) o cento persone?

Scritte comparse davanti a un grande supermercato milanese

Mentre pensiamo a questi dati, ci rendiamo conto del valore che lo Stato dà alle persone e quello che dà al superfluo.

Per questo abbiamo deciso di agire.

A Milano sono nate le Brigate Volontarie di Solidarietà, il cui ruolo è quello di portare cibo, medicinali e altri beni di prima necessità alle persone più fragili, come gli anziani o chi ha particolari patologie polmonari.

Collettivi, centri sociali e associazioni quali Emergency ed Arci si sono messi a disposizione per l’organizzazione della solidarietà sul territorio urbano.

Qui al centro sociale Lambretta, sede della Brigata Lena-Modotti, abbiamo rifunzionalizzato lo spazio al fine di avere un magazzino sterile dove raccogliere beni di prima necessità, una camera di sterilizzazione di oggetti e vestiti, e per l’autoproduzione di mascherine e disinfettanti, un ufficio con alcuni centralini, per la coordinazione delle unità della brigata dislocate sul territorio.

Qui è presente un nucleo in presidio permanente e in autoisolamento che gestisce e coordina il lavoro.

Un altro progetto che porta avanti la Brigata Lena-Modotti è quello di tendere una mano a chi sta per strada, ci sono state alcune azioni di distribuzioni di pizze calde, appena sfornate, per i senzatetto, la cui distribuzione è avvenuta in collaborazione con Croce Rossa ed altre associazioni.

Da questi primi esperimenti sta nascendo una rete di solidarietà con gli esercenti di zona da pizzaioli, a panettieri, piccoli alimentari e fruttivendoli.

In questo momento di sconforto e di abbandono istituzionale quello che sta succedendo qui sta portando un po’ di speranza nelle persone e un po’ di fiducia nel fatto che attraverso, l’autorganizzazione, l’autogestione e il mutualismo siamo capaci di mettere in campo una vera e propria forza e delle pratiche di vita che in questo momento sono più efficaci di quelle che la città e le istituzioni politiche sul territorio nazionale stanno mettendo in campo. Mentre le istituzioni ci mettono di fronte a una sorta di stato d’emergenza, i movimenti sperimentano delle forme di organizzazione inedite che ci forniscono degli strumenti di analisi della società e delle forme di strutturazione dell’agire politico totalmente nuovi. Tutto ciò ci tornerà utile in un mondo in piena emergenza climatica in cui lo stato di crisi diventa realtà quotidiana.

Avanti tutta, Brigata Lena-Modotti.

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Una risposta a “Organizzare la solidarietà ai tempi del Coronavirus”

  1. Claudio ha detto:

    Un abbraccio virtuale a tutti voi e un saluto con le lacrime agli occhi! Il vostro impegno affinché gli ultimi non vengano lasciati soli. A pugno chiuso, Claudio

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