Perché sono dimezzati gli arrivi di migranti dalla Libia?
Diverse testate giornalistiche negli ultimi giorni hanno riportato la vittoria di Marco Minniti sul fronte immigrazione. Il “signore delle spie”, come definito dal New York Times, avrebbe il merito di aver letteralmente dimezzato gli arrivi di migranti dalla Libia. Dopo un aumento esponenziale di ‘’sbarchi’’ nella prima metà del 2017, con picchi del +134,4% nel mese di Febbraio e + 41,5% ad Aprile, nel mese di Luglio ci sarebbe stato un drastico dimezzamento del -52,5%, passando dai 23.552 del 2016, agli 11.183 del 2017. È doveroso specificare che Maggio, Giugno, Luglio e Agosto sono i mesi in cui si è sempre registrato il massimo numero di arrivi. Un inversione di trend in questo periodo, e con questi numeri, rappresenta quindi un cambiamento significativo di netta rottura con il passato. Altro fattore in controtendenza è l’aumento di arrivi in Spagna, passando dalle 2.476 persone del 2016, agli oltre 8.385 dei primi 8 mesi del 2017. Anche se sembra naturale pensare che la diminuzione degli arrivi in Italia abbia come conseguenza un aumento degli arrivi sulle coste iberiche, si tratta ancora di cifre troppo irrisorie per stabilire qualsiasi cosa.
Sono diversi i dati che ci fanno pensare che a proposito di Luglio, non si tratti di un caso. Se le proposte di Salvini e Meloni risultavano essere opzioni davvero poco credibili, Minniti ha dimostrato fin da subito di conoscere perfettamente le dinamiche in cui si sviluppano i flussi migratori. Se la Lega e Fratelli d’Italia proponevano il famoso blocco navale delle coste africane, Minniti ha puntato alla gola della rotta libica, nel Fezzan, in quella striscia di terra che connette Agadez con Al Gatrun e Sebha, il tratto via deserto che consente di arrivare dal Niger alla Libia. Il controllo marittimo è solo l’ultima spiaggia, e concentrare i controlli sulle coste non sarebbe stato efficace, in parte perché le coste si estendono su centinaia di chilometri, in parte per l’enorme costo e la difficoltà da esterni a rintracciare le navi già partite. Con gli accordi siglati il 31 Marzo 2017 con circa 60 capi tribù del Fezzan, Minniti si è accertato di bloccare prima di tutto quella che è l’immigrazione dai paesi sub-sahariani verso la Libia. Mettendo così un tappo su una frontiera di fatto aperta, e fornendo ai capi tribù degli accordi economici che gli avrebbero fruttato più delle dispute interne e dei trasporti nel deserto. Infine, dopo un primo accordo semi-naufragato con Fayez al-Sarraj, il Primo Ministro non del tutto riconosciuto di Tripoli, che dopo questo accordo è stato pure messo in difficoltà sia all’interno della sua fazione che con il governo di Bengasi, il secondo tentativo è andato in porto. Oltre a fornire addestramento e motovedette per la guardia costiera, l’accordo si basa soprattutto in operazioni di intelligence volte a scovare le ‘’carceri’’ in cui vengono trattenuti i migranti dagli scafisti prima di essere imbarcati.
Altro punto che si sta iniziando a consolidare riguarda l’esternalizzazione del sistema di accoglienza in paesi extra-Ue, in cui dei primi esperimenti, non del tutto legali, si stanno svolgendo anche in Libia.
Se quello che accade nel deserto del Sahara e nel Fezzan sta ben oltre alle colonne d’ercole della società dell’informazione, in cui ciò che accade lo sappiamo per lo più dai racconti dei superstiti riusciti ad arrivare in Europa, la situazione sulla costa è differente. Differente perché le imbarcazioni delle ONG sono occhi scomodi in un contesto in cui si sta dando un colpo di mano per ribaltare la situazione. Il trattamento che le forze paramilitari libiche riservano ai migranti sta ben oltre a quanto ritenuto accettabile da ogni stato di diritto. Per questo il Ministero degli Interni vuole levare di mezzo osservatori neutrali e super partes, dando una bella steccata a tutte le ONG. Prima chiedendo di firmare un codice di condotta che di fatto militarizza le imbarcazioni impegnate in operazioni SAR , e poi far fuori tutte quelle che non si adeguano alla nuova linea del governo.
Stando quindi alle regole del gioco, rispettando leggi e diritti umani, non sarebbe stato possibile invertire il trend sulle migrazioni. Per farlo occorreva giocare sporco, stringere accordi sottobanco con fazioni e bande paramilitari, infine, farne morire un po’ per scoraggiare le partenze. Un sacrificio inevitabile per poter giungere all’obiettivo. In questo Minniti è riuscito dove tutta l’odierna destra avrebbe clamorosamente fallito. Degno di essere stato l’ex braccio destro di D’Alema, Minniti è il freddo esecutore di cui questo governo aveva bisogno. In fin dei conti la scuola politica e l’apparato del PCI non sono minimamente paragonabili ai partiti di oggi. Così Minniti, quello della vecchia scuola, ha fatto quello che doveva fare. D’altronde a sinistra non importava ribaltare il dibattito sui migranti con posizioni alternative alla destra, ma levarsi dai piedi un problema scomodo che riguarda gente che non può neanche votare.
La vera domanda ora è:
Tutti coloro che portano avanti la crociata contro le migrazioni riconosceranno a Minniti di aver svolto un lavoro che le destre avrebbero solo potuto sognarsi? Oppure il lavoro del sicario calabrese verrà inghiottito dalla bassezza del dibattito pubblico, vanificando di fatto una operazione elettorale svolta sulla pelle di migliaia di persone, che a causa di questi accordi perderanno la vita nel deserto, in mare o in un lager libico?
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