Quando il “sogno” diventa incubo, licenziamenti di massa nel mondo delle piattaforme

“Possono raccontarti tutte le favole del mondo, ma quando la crisi arriva i padroni si comportano sempre allo stesso modo: da padroni”.

Questa frase di un vecchio sindacalista cresciuto tra i metalmeccanici e riconvertitosi, negli anni Ottanta, nel mondo dell’informatica sembra perfetta per descrivere quello che sta succedendo nel mondo delle piattaforme e che sta coinvolgendo alcuni dei nomi più prestigiosi di alcuni veri e propri colossi del mondo dei social ovvero l’avvio di procedure che prevedono il licenziamento, senza particolari garanzie (come il tanto decantato mercato del lavoro americano prevede) di migliaia e migliaia di lavoratori e lavoratrici. Non è ancora chiaro se si sta assistendo a un passaggio particolare come l’esplosione della bolla del dot-com nei primi anni Duemila.

Ma facciamo qualche passo indietro.

Il 27 ottobre 2022, dopo un lungo tira e molla, l’imprenditore di origini sudafricane Elon Musk noto per la sua antipatia per i sindacati, perfezione l’acquisto di Twitter per 44 miliardi di dollari. La sua prima azione è stata tagliare la testa di alcuni top manager. Altri si sono dimessi quasi immediatamente. Ma la tempesta doveva ancora arrivare.

Tralasciando le idee di Musk su cosa farsene del suo nuovo giocattolo, ai primi di novembre parte il colpo d’accetta. Viene annunciato il licenziamento, senza colpo ferire di ben 3.700 lavoratori e lavoratrici sui 7.500 totali. I licenziamenti, fatti senza troppi complimenti secondo la migliore tradizione stelle e strisce, sarebbero stati comunicati via mail.

Insomma. Tanto futuro e innovazione, ma poi, quando il gioco si fa duro, si torna alle vecchie care pratiche del passato tanto care al padronato Ottocentesco e Novecentesco. Quando c’è da tagliare i costi la prima (e più semplice in caso di scarsa sindacalizzazione) voce su cui intervenire è quella del costo del lavoro che va immediatamente compresso.

Alcuni ex dipendenti hanno già annunciato una class action per mancato rispetto dei termini di preavviso, ma il vero sogno sarebbe una vertenza sindacale di massa che alzasse il velo sulle vergogne di Elon Musk e soci.

Ma non è finita perché, si sa, Musk è un personaggio imprevedibile ed è quindi delle ultime ore la notizia che Twitter, dopo il massacro degli ultimi giorni, starebbe riassumendo decine e decine di licenziati e licenziate.

Ma non è finita.

Secondo il solitamente ben informato Wall Street Journal Meta, la proprietaria di Facebook starebbe studiando un drastico piano di ridimensionamento dei suoi dipendenti. Per il colosso di Mark Zuckerberg si tratterebbe dei primi licenziamenti in una storia aziendale quasi ventennale.

A settembre il colosso di Menlo Park ha dichiarato 87.000 dipendenti. Secondo le indiscrezioni il piano di “riorganizzazione” aziendale prevederebbe un 10% di esuberi.

Nel 2022 Meta ha accusato la dura competizione di TikTok perdendo sia in profitti che in fatturato. Un piano di licenziamenti di massa del genere sarebbe un ulteriore durissimo colpo all’immaginario liberal e progressista dei colossi della Silicon Valley già messo a dura prova da diverse vicende poco edificanti degli ultimi anni.

Altra notizia passata piuttosto sotto silenzio è l’intenzione di Amazon di non procedere più a nuove assunzioni dopo il boom mostruoso degli ultimi anni degli acquisti online “grazie” anche alla pandemia.

Va ricordato che il “mostro” di Jeff Bezos (altro nemico dei sindacati) impiega qualcosa come 1 milione e mezzo di lavoratori e lavoratrici, ma per il 2022 prevede il peggior bilancio degli ultimi 20 anni dopo una crescita continua e inarrestabile. Attenzione però. Stiamo parlando di peggior bilancio a fronte a qualcosa come 121,2 miliardi di dollari di fatturato nel secondo trimestre di quest’anno con una crescita di “solo” il 7,2% rispetto all’anno precedente…

Sarà importante capire se si tratterà di uno “stop & go” momentaneo o di una frenata più generalizzata. Il tutto, ovviamente e come sempre, sulle spalle dei lavoratori.

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