Sciopero generale e media: uno scenario abbastanza deprimente

Che il lavoro sia uscito da moltissimi anni dal radar dei media mainstream è un triste dato di fatto di cui ieri si è avuta, se ce ne fosse stato bisogno, un’ulteriore prova.

Il 16 dicembre si è svolto, dopo sette lunghi anni d’assenza, uno sciopero generale.

la mobilitazione milanese di ieri all’Arco della Pace

Al di là delle solite dispute vecchie come il mondo sui dati di partecipazione all’astensione del lavoro due erano i dati inoppugnabili che emergevano da ieri e meritavano di essere raccontati:

-l’incontestabile successo dei numeri presenti nelle piazze.

-la rottura della monolitica unità nazionale in tempi di pandemia e della pax draghiana.

I media ci hanno ormai abituati a lagnosi e strappalacrime servizi sulle condizioni vergognose di interi settori dell’economia nazionale: rider, driver Amazon, lavoratori della logistica soci di false cooperative, operai di fabbriche che chiudono, braccianti nei campi, precari della pubblica amministrazione, lavoratori della sanità stremati dopo due anni d’emergenza…la lista è lunga e ce n’è per tutti i gusti; oppure alla ripetizione come un disco rotto della solita frase: “Aumenta la povertà, aumentano le diseguaglianze”.

Ecco, quando dalla lagna e dalla lamentela, grande ed eterna tradizione italica, qualcuno passa all’azione per cercare se non di risolvere i problemi, quantomeno di metterli in evidenza, ecco che iniziano i distinguo…

Nei giorni precedenti allo sciopero sono emersi due elementi incontrovertibili: la levata di scudi generalizzata (con toni diversi) della politica contro la decisione di CGIL e UIL e l’opera di silenziamento della mobilitazione e delle sue ragioni su quasi tutti i media. C’è anche chi ha tentato di convincerci, arrampicandosi sugli specchi o mostrando tabelle farlocche, di come la riforma fiscale fosse conveniente anche per i redditi bassi e medio bassi. Niente di più falso! La media dei redditi degli italiani sta tra i 21.000 e i 24.000 euro all’anno. Si parla di milioni e milioni di persone per cui il Governo Draghi ha fatto poco o nulla.

Ma eccoci arrivare alla giornata di ieri.

Abbiamo deciso di analizzare il comportamento di alcuni dei più grandi giornali italiani nelle loro versioni online e quello dei telegiornali delle 20, i più visti dal pubblico.

Ecco i risultati.

Sul sito di Repubblica la notizia dello sciopero non va mai in prima pagina e già nel pomeriggio sparisce venendo relegata a un piccolissimo box in fondo a sinistra. Repubblica Milano presenta la notizia dello sciopero in fondo che più in fondo non si può. Non va meglio su Facebook. Sul profilo nazionale l’unico articolo sullo sciopero esce dopo le 14. Sul profilo della pagina milanese l’articolo sulla mobilitazione è delle 10,30 circa e mostra una piazza non ancora gremita visto che il corteo stava ancora sfilando, poi più nulla. Entrando poi nell’articolo si legge un numero surreale che parla di 8.000 persone in corteo, non si sa preso da dove e pubblicato a che ora.

Il Corriere fa un pelo meglio. La notizia dello sciopero non raggiunge mai la vetta del sito, ma almeno vi rimane fino a sera. Sul Corriere Milano i cortei scompaiono e si parla solo delle ripercussioni sui trasporti pubblici e sulla viabilità. Sul profilo Fb della pagina nazionale il Corrierone ha quantomeno il merito di linkare una diretta video delle piazze mentre su quella milanese si parla solo di autobus e metropolitane.

Molto meglio fa il Fatto Quotidiano che già da prima di ieri aveva mostrato un certo interesse per la mobilitazione e che durante la giornata sul suo sito racconta l’andamento dello sciopero visto da diversi punti di vista. Sul profilo Facebook vi sono almeno sei articoli che raccontano le piazze sindacali raccogliendo le molte voci dei lavoratori e delle lavoratrici presenti.

Passiamo alle televisioni generaliste.

Su la7 Mentana mette lo sciopero e le sue ragioni come terza notizia nei titoli d’apertura.

Il TG5 di Mediaset riesce a fare meglio del TG1 della RAI mettendo lo sciopero in prima insieme all’Economist che loda l’Italia del 2021 e #SantoSubito Draghi.

Dicevamo della televisione di Stato che non fa per niente rimpiangere la rete unica di democristiana memoria degli anni Cinquanta. Nell’edizione delle 20 del telegiornale dell’ammiraglia RAI lo sciopero scompare letteralmente dai titoli di apertura che mettono insieme la seguente carrellata: la visita di Mattarella dal Papa, l’Economist che loda l’Italia, la presenza di Draghi al difficile vertice europeo, la campagna vaccinale e l’aumento dei contagi e dei morti di Covid, la morte travolto da una valanga di Jacopo Compagnoni fratello della campionessa di sci degli anni Novanta, la giornata dello spazio e per finire Bruce Springsteen.

Fa un po’ meglio (ma ci vuole veramente poco!) Rainews24 che mette lo sciopero come quarta notizia.

Insomma, decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici che in tempi di crisi rinunciano a 8 ore di stipendio, ci mettono la faccia e scendono in piazza nel paese campione dell’armiamoci e partite per reclamare salari e diritti non sono degni di finire in prima pagina per un ampio spettro del nostro mondo giornalistico.

Ci chiediamo cosa mai debba succedere per mettere le esigenze e le richieste del mondo del lavoro in prima.

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