Genova 2001. Appunti da una settimana di Luglio
Racconto tratto dal profilo Fb di “La Terra Trema”.
Foto di Manuel Vignati (http://manuelvignati.photoshelter.com/gallery/G8-di-Genova-4-Il-corteo-dei-Disobbedienti-20-7-2001/G0000wsDrvI3yFB0/C000022y0AJwljpY).
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Genova 2001. Appunti da una settimana di Luglio
Non compaiono nomi di persone in questa storia.
Anche se Genova 2001 è stata una storia soprattutto di singoli individui con cui ho condiviso pezzi di strada, tempo e luoghi.
E’ UN MESE E MEZZO CHE MANCO DA MILANO
Da molto di più invece non condivido con gli altri la quotidianità dell’esserci: assemblee, iniziative da preparare, serate, scazzi, paranoie, sguardi, silenzi…
Come sempre qua cambia tutto velocemente. Questa sera al Bulk ci sono i Petardi vs B-Team: non c’è tantissima gente, ma ci sono tutti. Passo la serata a salutare. Fratelli e sorelle; poche battute con ognuno, tanti abbracci e baci e una domanda come costante: “Quando vai a Genova? Domenica notte con il pullman e il camion o mercoledì con iltreno speciale dalla stazione Garibaldi?“. Decido di scendere con il pullman.
NOMADI. LA CAPACITA’ DI ESSERE IN MOVIMENTO
Ci si trova al Bulk domenica pomeriggio, si parte alle 23-23.30.
Genova, G8, vertice, controvertice, tute bianche, blocco nero, blu, rosa, pacifisti, lillipuziani, Attac, GSF (Genova Social Forum !?! )…Makaja, Operazione Makaja.
Non ne so un cazzo. Si, ho visto qualche telegiornale, ho letto un po’ i giornali, ho guardato qualcosa in rete, ma non so ancora cosa sarà Genova, ma forse non sono l’unico a non saperlo.
“Bisogna esserci!”
“Evento storico!”
“Pechè? E dopo?”
“Quando vai a Genova?”
“Vorrei che qualcuno mi domandasse qualcosa che non fosse Genova”
“Vorrei che fosse già il 22 Luglio”
“Sta nascendo un movimento”
“E’ nato un movimento”
“E’ un movimento che non esiste ed è la forza di questo movimento”
“Frammentazione a rete”
“Rottura di schematismi e schieramenti” “Mha! Non mi sembra”
“Cazzo! Le diversità come ricchezza”
PORTARSI SOLO QUELLO CHE E’ RIVENDICABILE PUBBLICAMENTE
Domenica 15 Luglio 2001 arrivo alle 18.30 al Bulk. Nel cortile sotto la struttura di
tubi innocenti e ondulato è appena iniziata l’assemblea. Quante facce mai viste, ma soprattutto quanta gente. Compagni che partono oggi, quelli che partono mercoledì, e quelli che restano a Milano. Prime news. Da oggi in poi sarà un susseguirsi di news.
Qualcuno è stato a Genova in giornata, al Carlini, lo stadio nel quale dormiremo, lo stadio delle tute bianche, lo stadio dei disobbedienti, lo stadio che sarà tutt’altro dall’idea che ci facciamo.
News, è l’inizio, solo l’inizio. Le news in rete, per telefonino, di chi è appena tornato da Genova, news più o meno da confermare: primi fermati in frontiera, i ciclisti, i tedeschi che devono venire in pullman con noi. Genova sembra tranquilla, ma il numero degli sbirri che si vedono in giro aumenta progressivamente, essere fermati e mostrare i documenti è sistematico.
Uscita Genova-Nervi poi direzione Stadio Carlini. È sicuro, quasi sicuro che al casello ci fermano. Stiamo tranquilli, ma non troppo tranquilli. Controlleranno gli zaini uno a uno e faranno i bastardi. Magari si arriva senza problemi. Hanno fermato un furgone e hanno fatto storie per le sponde (assi di legno)!?!
Da fumare? Ce lo portiamo!?! Tanto o poco? La paranoia è strisciante.
Molti saranno i racconti di chi è arrivato in botta totale perché si è fumato tutto quello che aveva durante il viaggio, magari senza essere fermati, ma soprattutto senza mezza canna per i giorni sucessivi!
CI VEDIAMO MERCOLEDI’ A GENOVA
Ci si trova alle 21 di domenica per caricare il camion. Finita l’asemblea abbiamo un’oretta chi per mangiare, chi per passare a casa, chi per preparare le cose da portarsi dietro…
Sul camion vanno: sedie, tavoli, gazebo, un po’ di provviste, fornelli, impianto, qualche bici e 2 scooter (fondamentali), un po’ di infoxoa e project, il pallone.
A mezzanotte arriva il pullman davanti al Bulk, compriamo le sigarette al distributore, carichiamo i nostri zaini aiutati da chi è venuto a salutarci e con loro ci facciamo una canna prima di salire… ”. Ci vediamo mercoledì …a Genova”.
NEANCHE LA SPECTRA!
Si parte. Il viaggio sarà veloce, il tempo di qualche chiacchera, due cazzate al microfono del pullman, l’incazzatura dell’autista per il fumo, una fermata a pochi chilometri dal casello d’uscita in un autogrill che non è un autogrill per aspettare camion e macchina. Il tempo di riconoscere le faccie dei mie compagni di viaggio (volti di fratelli, volti noti, e volti nuovi).
Finora tutto liscio come l’olio. Alla convinzione che ci fermeranno si sovrappone il presentimento che non ci fermeranno e infatti al casello non c’è l’ombra di uno sbirro. Un paio di inversioni e arriviamo allo stadio Carlini.
ALLO STADIO CARLINI
Scendiamo dal pullman davanti allo stadio, prendiamo gli zaini, il camion fa il giro e ci aspetta dall’altra parte per scaricare.
Il primo fotogramma del Carlini. Il primo di una lunga serie che mi rimarrà stampata in testa per molto tempo, forse per sempre. Ci fermiamo qualche minuto davanti ai cancelli, poi entriamo e incontriamo qualche compagno di Genova, siamo in cima alle gradinate, gli spalti sono deserti, le nostre voci rimbombano, al centro del campo due enormi tendoni bianchi uno accanto all’altro, al bordo del campo la pista d’atletica e la pista da ciclismo (quella del chilometro lanciato con le curve paraboliche) …lì, seduti, riconosco volti noti di Milano.
La nottata finisce con qualche giro con gli scooter sulla pista, un po’ di “piazza” (per ricordarci e ricordare che arriviamo da Milano) e con l’immancabile partitella inaugurale di pallone.
OPERAZIONE MAKAJA, CAMPEGGIO MAKAJA, SUPPORTO LOGISTICO MAKAJA
(…per chi non ama le logiche di truppa, le contrapposizioni movimentiste milanesi, diversamente a Genova con la propria testa, Bulk, Pergola, giro largo, cani sciolti, nel campo disobbediente, nel corteo disobbediente, nel corteo disobbediente con gli scudi e senza, con i rosa, con altri… )
Il nostro arrivo anticipato dovrebbe servire a rendere meno traumatico possibile l’arrivo degli altri, a creare un campo nel campo, ad avere più tempo per raccogliere
informazioni e capire (cazzo capire! le scadenze incombono non è dato di capire!), a condividere con altre realtà, con la “moltitudine”, la realizzazione di uno spazio pubblico d’accoglienza autogestito e a sperimentare quello che qualcuno chiamerà il “laboratorio Carlini ”, “un laboratorio politico…”
Tra tre giorni quel centinaio di persone che sono in questo stadio diventeranno alcune migliaia.
Occupiamo l’angolo destro sotto il tendone, dove sotto a un paio di gazebo nasce la cucina autogestita, di fianco ci posizioniamo tavoli e sedie per mangiare e fare assemblee, fuori sempre sull’angolo destro: sulla pista ci mettiamo le nostre tende, mentre vicino al tendone sotto 6-7 gazebo piazziamo tavoli, sedie, libri, riviste, giornali, bacheca, piantina di Genova e cerchiamo di far partire un info-point del campo dove ci sarà qualcuno che darà e raccoglierà informazioni e news. Sotto quel gazebo montiamo anche l’impianto. Il nostro mago dell’elettricità trafficando con quadri, pannelli, e porte fa arrivare corrente al campo Makaja e al resto del Carlini.
L’INIZIO
Della gente che dorme al Carlini qualcuno ci dorme e basta perché passa l’intera giornata al Media Center e a Indymedia, qualcuno va e viene e qualcuno ci resta sempre.
Lunedì è l’inizio. Sarà un giorno significativo. Un giorno che ci lascierà presagire cosa sarà Genova.
Lunedì resto al Carlini fino alle sei del pomeriggio aspettando un’assemblea del campo che non arriverà mai, incominciando a capire cosa potrà essere Makaja e non riuscendo a capire cosa bisogna fare in sto stadio e che cazzo sta succedendo fuori da qui.
È il giorno delle bombe. Allarmi bombe, pacchi bomba, busta bomba che ferisce un carabiniere in una caserma… Della gente viene portata via sotto i nostri occhi a 20
metri dallo stadio mentre trasportava un pannello di plexiglas…
Sono stordito, ho bisogno di uscire da questo posto impotente e immobile travolto dagli eventi e dalle informazioni. C’è un’intera città fuori da qui. Decido di prendere l’autobus verso il centro, ma mentre sto uscendo dallo stadio vedo della gente radunata davanti ai cancelli, qualcuno è agitato corre avanti e indietro…sotto un furgone parcheggiato nella via che costeggia lo stadio c’è una borsa sospetta, una bomba! Panico, qualcuno si avvicina, si sdraia per terra per guardare, qualcuno urla di stare fermi, altri si guardano increduli…
Arrivano gli artificeri e fanno brillare la borsa-bomba. Il botto è deludente. Qualcuno dirà che era una bomba pacco, qualcun altro che si trattava di qualcosa di più serio.
Prendo l’autobus verso il centro con una domanda in testa: come cazzo hanno fatto a mettere quella borsa sotto quel furgone? Sappiamo benissimo che lo stadio è super controllato e che supersbirri in borghese stanno con noi dentro e fuori dallo stadio.
La risposta è intuibile, resta da capire e interpretare questa giornata, ma le scadenze incombono ed è solo l’inizio.
L’IMPORTANTE è RESPIRARE
In tre ci facciamo sto giro per Genova. Appena ci allontaniamo dallo stadio, per strada chiediamo delle informazioni, ci sentiamo meglio. Ho la sensazione di aver lasciato un luogo surreale e di essere arrivato solo adesso a Genova.
In questi giorni sarà fondamentale allontanarsi qualche ora dal Carlini, staccare, prendere fiato dall’immersione totale …girare con lo scooter o la vespa per le strade di Genova. Dei vigili ci fermano: “…e voi… cosa ci fate con dei motorini a Genova da Milano?”.
I GIORNI 19, 20, 21 CHIUSO PER G8
Prendiamo l’autobus, scendiamo alla stazione Brignole e a piedi ci dirigiamo verso il centro, verso la “zona rossa”, la zona dove tra due giorni non si potrà più entrare. Più
ci avviciniamo al centro più ci rendiamo conto di una città che sta fermando tutte le sue funzioni abituali per lasciare spazio agli ultimi preparativi per qualcosa che deve
accadere, ma non si sa bene cosa. La gente che gira per il centro dà la sensazione di essere da quelle parti per sbrigare delle faccende perché sa che da mercoledì fino alla settimana prossima non potrà più andarci. In giro ci sono anche un po’ di curiosi: cittadini di Genova che guardano la loro città trasformarsi e manifestanti che a gruppetti di due-tre persone entrano nella zona rossa. Più o meno tutti consapevoli che non potranno farlo nei prossimi giorni. È un gesto dissacrante: “…cosa ci sarà mai dentro qua?”. Si entra per vedere da vicino cosa sta mobilitanto militarmente l’impero: decine di blindati circolano in caroselli per le strade, ad ogni angolo delle strade e sul perimetro della zona rossa carabinieri con manganelli nuovi e poliziotti con scudi nuovi presidiano blocchi di cemento sui quali degli operai stanno montando delle reti metalliche nere alte almeno quattro metri. Reti che per tagliarle ci vorrebbe almeno un flessibile serio e blocchi di cemento che vengono spostati con delle benne. Da mercoledì il centro di Genova sarà una bella gabbia. Qualsiasi tombino per la strada è saldato, tutti i cassonetti e i cestini dell’immondizia sono già stati tolti, molti negozianti stanno montando sulle proprie vetrine pannelli di legno e lamiera, un’edicola ha esposto un enorme cartello con scritto: “i giorni 19, 20 e 21 chiuso per G8”. Un McDonalds è già tutto blindato da assi di legno e sbarre di metallo. Arriviamo in piazza Ferraris. Camminare per le strade con quell’atmosfera blindata mi ricorda Belfast e Derry, con la differenza che questa volta mi sento coinvolto direttamente. La conferma di questo è negli sguardi degli sbirri appoggiati ai blindati e agli angoli delle strade. Sguardi di sfida che ci squadrano e che si incrociano con i nostri…
In piazza Ferraris ci compriamo della focaccia, buona troppo buona, e ci sediamo ai bordi della fontana. Per un attimo immagino degli scontri in quella piazza e penso che ci starebbero proprio bene.
Torniamo al Carlini. C’è molta più gente, l’atmosfera sembra più tranquilla. Sono tornati molti dei compagni che hanno lavorato al Media Center e a Indymedia e quelli che hanno incontrato i vertici delle moltitudini e raccolto informazioni. Vengono confermate alcune news e ne vengono smentite altre.
Dalle parti di Makaja dopo aver cenato riusciamo a fare un’assemblea, il punto della situazione, aggiornamenti…
VIOLATA LA PRIMA RECINZIONE INCONTRATA
Martedì inizia con caffè focaccia giornali. Tutte le mattine inizieranno così: gente che esce dalle tende con facce ancora assonate alla ricerca di un caffè e di giornali. Giornali che passano di mano in mano, pochi commenti, tutti concentrati sugli articoli…
Logisticaofficinecomunicazioneacoglienza: finalmente si riesce a fare l’assemblea del Carlini.
Domani arriveranno in poche ore migliaia di persone: i treni speciali da Bologna, Milano, Napoli, dal Veneto, Roma, gli stranieri… in poche ore questo stadio cambierà forma e deve reggere lo sbarco dei disobbedienti. I cessi sono pochi, le docce sono poche (ma fortunatamente sono in pochi anche ad usarle!), lo spazio è poco, bisogna mettere dei teli isolanti per terra sotto i tendoni (ignifughi possibilmente?!), c’è da aprire dei passaggi tra gli spalti e il campo, c’è da far arrivare corrente e qualche faretto sotto i tendoni, i turni all’accoglienza, come ricevere la gente, l’ufficio stampa, il passaggio di informazioni… preparare gli strumenti della disobbedienza.
Ricerca materiali: assi di legno, porte, flessibile, prolunga, corrente, riduzione, mazzetta, chiavi inglesi, chiave a tubo, fil di ferro, pinza… c’è una rete fissata al cemento che separa gli spalti dal campo e in questi giorni si è utilizzato solo un piccolo varco nella rete come passaggio, bisogna crearne altri.
Due ore e il varco piccolo diventa grande e un altro varco nella rete diventerà il passaggio principale, domani se ne aprirà un altro. Non è come abbattere la recinzione della zona rossa, ma da lo stesso soddisfazione.
Oggi si sta meglio al Carlini anche se le news raccontano ancora di bombe, perquisizioni e arresti in giro per l’Italia. La strategia che si utilizza la si conosce e in questi giorni è mandata a palla, le vittime e i complici loro malgrado sono sempre gli stessi e a pagare saranno sempre gli stessi.
Dopo aver lavorato al Carlini vado a farmi un giro per Genova, passo in via Cesare Battisti a Indymedia: passpass, ce l’hai il pass, verde giallo rosso della stampa della comandancia, ma voglio fare un giro salutare tizio caio, me lo chiami? Pass-pass niente pass. Vado a mangiarmi una focaccia buona troppo buona. Mi piace Genova e la sua gente.
Alla sera ci si rincontra al Carlini: cena, assemblea Makaja, aggiornamenti, punto della situazione…e se le tute bianche non si mettessero le tute bianche? Qualcuno lo pensava, qualcuno lo auspicava, qualcuno lo proponeva, in pochi ne discutevano, ma ormai sembra che sarà così. Le tute bianche sono alla conclusione di una fase : venerdì il corteo sarà disobbediente, e ci saranno le tute bianche, ma senza tute bianche e insieme a loro ci saranno altri disobbedienti.
Dovrebbe essere questo il nodo su cui riflettere e da cui partire per cercare di capire anche cosa fare soggettivamente venerdì ma, ormai lo sappiamo, le scadenze incombono e le emergenze ci rincorrono.
Incomincia a girare la voce di un possibile blitz-perquisizione nelle prime ore del mattino. Scatta lo stato di allerta, con la consapevolezza che dentro qua non abbiamo nulla da nascondere.
“Gli strumenti e le azioni della disobbedienza sono sempre stati pubblici.”
RISVEGLI
La voce all’altoparlante mi sveglia, io sveglio il mio compagno di tenda, bisogna salire tutti in cima alle gradinate, davanti ai cancelli. Sono arrivati gli sbirri: c’è una schiera di almeno duecento carabinieri-poliziotti con casco in testa e scudo alzato a pochi metri dall’entrata e danno la sensazione di non essere particolarmente tranquilli. Ha appena fatto chiaro, c’è una luce strana, la gente del Carlini ancora addormentata ha il volto pallido e lo sguardo perso, si cerca di capire cosa sta succedendo e cosa può succedere, c’è silenzio intorno allo stadio…qualcuno insulta gli sbirri, qualcun altro fuori dai cancelli parla con i dirigenti delle forze dell’ordine …dopo una mezzora ci si accorda per far entrare una delegazione di sbirri e giornalisti che accompagnati si fanno un giro per il Carlini. Vedranno con i loro occhi i pericolosi e sofisticati strumenti nascosti nello stadio.
Mi faccio una doccia e torno a dormire per un paio di ore.
IL CARLINI CAMBIA FORMA
Mercoledì è il giorno dei grandi arrivi. Si cerca di immaginare la suddivisione degli spazi, la geografia del Carlini, sperando di reggere l’impatto. Lo sbarco vero e proprio sarà in serata. La prima ondata è quella romana, poi veneti, bolognesi, milanesi, napoletani. Tutti concentrati in poche ore. Per ogni arrivo una voce dall’impianto dà il benvenuto “a tuci e tuce” e le indicazioni per dove accamparsi ricordando che il campo è autogestito…è un bel momento: la gente si incontra, rincontra, gente della propria città, gente di altre città, volti noti, volti nuovi, fratelli, sorelle….
Giovedì è il giorno del primo corteo, sarà forse per certi aspetti il corteo più bello di questi giorni. Un corteo di quelli dove la coda parte quando la testa è arrivata alla fine.
Corteo dei migranti, ma purtroppo i migranti saranno ben pochi.
Corteo festoso, partecipato, almeno settantamila persone, senza incidenti… passo almeno un’ora e mezza in cima ad una scalinata e mi godo la moltitudine presente a Genova, i suoi personaggi, i suoi colori e le sue diverse anime… poi sto in coda al corteo con la banda, i giocolieri e i “pink”…
INCOMINCIA IL DELIRIO
Finisce il corteo, torno al Carlini, incomincia a piovere. Dovrebbero esserci le assemblee per domani, il training, ma piove a dirotto… sotto i tendoni ci sono zone allagate, un po’ di gente badile in mano scava per far scorrere l’acqua lontano…
Dalle parti di Makaja, una delle poche zone rimaste asciutte, col passare dei giorni la cucina da autogestita è diventata pubblica per poi degenerare definitivamente. Lo
spazio assemblee è rimasto praticamente l’unico dello stadio e l’unico al riparo dalla pioggia dove ci sono e ci saranno anche 2-3 assemblee contemporaneamente con gente che si parlerà addosso con tanto di megafono. Sotto i gazebo, fuori, c’è un passaggio incredibile di gente, da luogo dell’informazione è diventato luogo della discussione, d’incontro, dove ripararsi dalla pioggia, dove sbronzarsi, fumare, dormire, leggere i giornali, dove chiedere come si fa ad arrivare al Media Center, dove chiedere un cerotto, dove si parla in inglese, francese, spagnolo, tedesco… Fortunatamente dalle parti di Makaja è arrivato anche un furgone di vino buono…
LA NOTTATA SARA’ LUNGA
L’atmosfera è strana…
Dei pazzi, nonostante la pioggia , portano sulla pista alcuni pannelli di plexiglas su ruote e fanno training. Ci sono le assemblee: quelle generali e quelle di gruppo (di chi dovrà stare davanti, di chi si occuperà delle navette con acqua, limoni e soluzioni, di chi si occuperà dei lacrimogeni…).
Ci sono anche le assemblee dei comandanti dei disobbidienti: forse anche loro inconsapevoli di quello che sarà domani, forse più preoccupati e desiderosi di capire, ma sicuramente lontani dall’immaginario della gente del Carlini, lontani da quell’immaginario creato anche da loro.
Molti passano la notte a preparare le protezioni. Qualcuno passerà la notte a cercare di capire, cazzo capire, cosa c’è da capire? Le scadenze, fare, fare… Cosa succederà domani… cosa faranno gli altri cortei? I blackbloc come si muoveranno? E se venissero incontro al nostro corteo? C’è preoccupazione, tensione, stanno mettendo i containers, c’è qualcosa che ci sfugge…silenzi, sguardi ,telefonini, canne e sigarette. Qualcuno passerà la notte, anche in giro in motorino, a cercare di sentire-incontrare la gente che scenderà in strada domani in cortei diversi, più o meno vicini a noi, più o meno in orari diversi, MA NESSUNO CAPIRA’ VERAMENTE QUELLO CHE SARA’ DOMANI.
VENERDI’ 20 LUGLIO 2001, GENOVA
Ho dormito un paio di ore questa notte, mi alzo e oggi c’è il sole, le Valchirie dagli altoparlanti dello stadio.
C’è fermento al Carlini, un via vai continuo, più elettrico e intenso degli altri giorni. I gruppi ormai sono diventati completamente operativi, i dubbi e le perplessità per forza di cose accantonati, tra poche ore bisogna uscire in corteo. Sulla pista si accumulano gli strumenti della disobbedienza: scudi frontali collettivi rotellati, scudi singoli, protezioni, bidoni con acqua aceto bicarbonato e altro per i lacrimogeni, carrelli con acqua, limoni, soluzioni, garze, disinfettante, un impianto viene montato sul camion del corteo, l’impianto di Makaja viene montato al centro dello stadio per le comunicazioni e indicazioni “ nessuno deve uscire dallo stadio con strumenti offensivi ”, si fa l’ultima simulazione-training, un’assemblea dalle nostre parti con le indicazioni legali. La vestizione: mascherine, occhiali, nastro da pacco, bottiglie di plastica, gommapiuma, materassini, salvagenti, caschi, parastinchi, ginocchiere, gomitiere, guanti… pericolosi autonomi sorridenti provano sulla facciata di un palazzo e in direzione di un elicottero che continua a passare sopra il Carlini i micidiali specchi accecanti…
Usciamo dallo stadio, siamo tanti, 5 mila, qualcuno dice 10 mila. Procediamo molto lentamente, davanti si devono sistemare, il camion deve mettersi nella posizione stabilita, i carrelli per spegnere i lacrimogeni e per il primo soccorso devono risalire il corteo.
Arrivano le prime notizie che davanti a noi e nel corteo dei blu è scoppiato il macello…si cerca di compattarsi il più possibile e procedere lentamente per non essere coinvolti comunque c’è la convinzione diffusa che il momento del contatto è ancora distante.
Non mi sento tranquillo, la sensazione di essere piombato in una realtà surreale che ogni tanto mi prendeva al Carlini oggi nel corteo è una sensazione all’ennesima potenza. Sapevo che questa possibilità si sarebbe verificata, per questo, per la mia inadeguatezza e per la paura avevo deciso di non stare davanti con gli scudi.
Con altri tre fratelli risalgo il corteo e supero la prima fila frontale di scudi collettivi.
Incontriamo due carcasse di macchine ancora fumanti, arriviamo fino al gruppo di contatto (ci sono anche un sacco di giornalisti), ci fermiamo 1-2 minuti poi continuiamo fino in via Tolemaide, la strada si stringe, è in discesa, a sinistra si va verso il mare (cassonetti incendiati, qualche barricata, in lontananza si vede qualche cellulare e un po’ di carabinieri che avanzano lentamente), a destra dei sottopassaggi, sopra passa la ferrovia (barricate e un gruppo di gente vestita di nero che avanza) e anche già sull’incrocio ci sono dei neri, abbastanza tranquilli in quel momento… il tempo di rendermi conto della situazione, di chiedermi del corteo che sta arrivando, se i responsabili del macello sono questi con cui mi trovo adesso, di capire che il mio disagio è sparito perché oggi la realtà è questa non è quella che c’è nel corteo… partono uno due tre quattro lacrimogeni, parte una carica… noi, i neri, la gente che c’è lì scappa nei sottopassaggi o verso la stazione, i lacrimogeni continuano ad arrivare, ci sfiorano mentre corriamo, in mezzo al fumo trovo gli altri, torniamo indietro, verso l’incrocio, verso il corteo …rimango incredulo, hanno caricato il corteo, all’altezza dell’incrocio, appena prima, un’imboscata, in contemporanea con la carica che hanno fatto a noi, ai neri.
I carabinieri sono arretrati, il corteo anche, per terra i segni di un attacco violentissimo, alcuni scudi con le rotelle sono rovesciati, altri completamente distrutti, vernice verde per terra e sulle scarpe. Cerchiamo di risalire, ma il fumo dei lacrimogeni è troppo e intanto stanno tornando i carabinieri con i cellulari (una decina) a sirene spiegate, fanno manovre folli, sgommano, tornano indietro, avanzano verso il corteo, scendono dai cellulari come cani rognosi, denti stretti, si portano via della gente rimasta isolata come noi… siamo in una pessima situazione… chiamiamo gli altri con il cellulare per sapere la situazione del corteo… dobbiamo raggiungerli… ma succede, quello che deve succedere… una massa di gente, con gli scudi, a mani nude, con le protezioni, senza, col porfido e i sassi della ferrovia avanza verso i cani rognosi che continuavano ad attaccare e sparare lacrimogeni… per qualche minuto ci sono scontri seri all’altezza dell’incrocio con i carabinieri che scappano e che ritornano caricando… un cellulare rimane isolato, viene distrutto, ma ai carabinieri dentro non viene fatto niente, prende anche fuoco… gli scudi collettivi rotellati tornano in piedi… noi riusciamo a tornare nel corteo…
La situazione è abbastanza confusa, lasciata all’istinto, alla rabbia, il coordinamento organizzato saltato, il camion è rimasto indietro con il grosso del corteo, davanti volti
noti se ne vedono ben pochi…tornano gli sbirri e tornano le cariche, i lacrimogeni… si contiene, si arretra… arriva l’idrante… si contiene, si arretra… ad un certo punto siamo ormai abbastanza vicino al Carlini arriva la prima voce, una compagna “…dicono che hanno sparato, hanno ucciso un ragazzo…” Cerchiamo conferme, per telefono “ …qui dicono che hanno sparato, hanno ucciso un ragazzo, è vero? Cristo è vero o no? ”, c’è un tipo con dei bossoli in mano… arriva un fratello, piange è sconvolto “…hanno sparato, più volte, da una jeep dei carabinieri, hanno sparato in testa a un ragazzo da mezzo metro, io ero lì a pochi metri”… non ho più bisogno di conferme… il vuoto mi piomba in testa, lo stomaco mi bruci … incontro un fratello, camminiamo uno di fianco all’altro sta per chiamare a casa… ci voltiamo tre-quattro metri e ci sono gli sbirri che ancora caricano…
Siamo dentro al Carlini, per qualche minuto c’è silenzio, gli sguardi si incrociano sconvolti, lacrime e abbracci… si cercano informazioni… con un fratello prendo la televisione e l’accendo (…la più grossa cazzata che ho fatto a Genova in una settimana), in un attimo si forma un crocchio di gente che si sfoga con la bava alla bocca davanti allo schermo con urli, fischi, applausi a secondo delle comparse… fuori si accende il microfono… sembra che il ragazzo ucciso sia spagnolo, un ragazzo che dormiva al Carlini (solo più tardi si saprà la vera identità)… da quel cazzo di microfono sento solo nei primi 2- 3 interventi sintonia, delle cose che avevo bisogno di sentire, condividere… poi avrei voluto il silenzio, cristo qualcuno invita chiunque se la sente a parlare… si dirà tutto, il contrario di tutto fino a tarda notte… si arriverà a dire che il vertice del G8 è stato sospeso dopo un boato davanti alla televisione, tutti in piedi ad applaudire “abbiamo vinto la rivoluzione, ma prima un minuto di silenzio”. Si arriverà a dire “ usciamo tutti nel pieno della notte a manifestare ” con la gente ad applaudire dagli spalti e un secondo dopo pronti ad applaudire invece chi diceva “usiamo la testa, se dobbiamo dire cazzate puliamo i cessi che è meglio! ”.
Forse sono presuntuoso, forse pessimista, ma in quei momenti avrei voluto sparire da quel posto, volevo silenzio forse perché io non riuscivo a dire niente, ma certe cose mi facevano stare ancora più male… per fortuna c’erano i fratelli: incrociare gli sguardi, due parole, vederli sbattersi nonostante la voglia di sparire… nella notte me ne starò lontano da quel microfono e da quelle casse… Domani?
SABATO 21 LUGLIO, GENOVA
E’ stata una brutta notte, il risveglio non è da meno.
Il Carlini ormai dopo una settimana sta andando allo sfacelo… come sarà oggi? Spero che ci sia tanta, tanta, tantissima gente e spero che tutti, soprattutto la nostra gente,
il nostro gruppo, porti a casa il culo… questi sono i primi pensieri stupidi della mattina uniti al desiderio che questo cazzo di incubo finisca presto.
Facciamo un’assemblea dalle parti di Makaja, veloce, ma bella, essenziale, significativa dell’esperienza di questo gruppo a Genova. La gente qua è molto incazzata, ma non è stupida. In questa situazione di delirio generale bisogna innanzitutto autotutelarci come gruppo, scendere determinati in strada, esserci senza regalare speculazioni a nessuno…andremo in corteo con una corda sulla quale appenderemo le mascherine, gli occhiali, le protezioni…una corda che farà una specie di cerchio, uno spezzone di corteo, sul perimetro e dentro quel cerchio ci saremo noi e non solo…in un quarto d’ora decidiamo, in un altro quarto d’ora prepariamo tutto e siamo in strada con uno striscione davanti “ QUESTE SONO LE NOSTRE ARMI, CARLO E’ STATO AMMAZZATO DA UN COLPO DI PISTOLA”.
Siamo in strada, la tensione è palpabile, ma anche la determinazione, bisogna muoversi per raggiungere e risalire posizioni in corteo, ci siamo mossi bene, veloci, ma in ritardo…cerchiamo di far funzionare al meglio la storia della corda, deve servire da punto di riferimento per non perderci, per rimanere compatti, deve servire a tenere lontano qualunque testa di cazzo voglia usarci per fare le sue stronzate e regalarci le cariche degli sbirri “fai quello che vuoi, sono anche contento che le fai, vengo anche con te, ma stai lontano dal corteo, stai lontano da chi non ne vuole sapere, prenditi le tue cazzo di responsibilità! ”
Raggiungiamo il grosso del corteo in Corso Italia, sul lungo mare, ci rendiamo conto che oggi, sotto il sole, in piazza c’è veramente tantissima gente… ci fermiamo, in
lontananza si vedono nuvole di fumo pazzesche, arrivano notizie di devastazioni, scontri, lancio di lacrimogeni sul corteo …delirio serio… siamo bloccati, aspettiamo
che la situazione si tranquillizzi poi dobbiamo avanzare e deviare per via Casaregis… ascolto la radio e le notizie parlano di una situazione veramente poco rassicurante… siamo comunque in 300.000 nelle strade di Genova… avanziamo, arriviamo all’altezza di via Casaregis, lacrimogeni, fiamme, fumo, devastazione, compagni che cercano di contenere le cariche, un po’ di noi si fermano, il grosso del corteo cerca di avanzare a fatica… proseguiamo… dalle vie laterali dei neri scappano… il corteo si spezza, Makaja si spezza… una parte prosegue in via Caseregis l’altra rimane in Corso Italia e nelle vie intorno… io riesco a proseguire in via Casaregis… la strada si stringe, molliamo la corda perché non si riesce ad avanzare, la gente si accalca, dietro di noi a pochi metri gli sbirri continuano a lanciare lacrimogeni e caricare… sarà così per tutto il corteo, ci staranno dietro il culo per tutto il corteo…la gente di Genova lungo il percorso ci lancia catinate d’acqua, bottiglie d’acqua, da mangiare, ci applaude… incontro un caro amico partito oggi con la macchina da Abbiategrasso, non so come ha fatto, ma mi ha trovato, lo abbraccio felice…
Arriviamo nel piazzale del carcere, il corteo ormai è diviso in più parti…come facciamo a tornare al Carlini? In giro si parla di centinaia di arresti e centinaia di feriti menati dagli sbirri… le persone sono sedute in attesa di capire cosa fare, si sta riposando quando improvvisamente un po’ di gente arriva verso la piazza correndo, le persone scattano in piedi, alcuni vengono travolti… ancora, più sotto ci sono scontri, cariche e lanci di lacrimogeni… non ci stiamo dentro più, stravolti tutti, i nervi cominciano a saltare…
La nostra guida con megafono, tanta pazienza e dedizione ci porta in salvo a prendere le navette che ci porteranno al Carlini…
UN INCUBO INFINITO
Torniamo allo stadio, rincontriamo gli altri che avevamo perso quando il corteo si era spezzato. Qualcuno ha preso delle mazzate, sono rimasti isolati, gli hanno preso i
documenti, hanno diviso le donne dagli uomini e poi si sono sfogati… a un fratello gli hanno rubato la macchina fotografica, l’hanno menato con il moschettone che
aveva attaccato ai pantaloni, sollevato di peso da terra per i capelli, preso a calci e manganellate. Un’ora, in un’ora il campo Makaja raccoglie la sua roba ed è pronto per andarsene a prendere il treno alla stazione Brignole e tornare a Milano. Scappare, continuare a scappare, è due giorni che siamo braccati, è due giorni che non posso decidere dove andare, ma sono costretto a scappare, costretto a restare dentro lo stadio, costretto a restare in gruppo… regime, stato di polizia, annullamento dei diritti… solo ora capisco cosa significano veramente queste parole.
Siamo uno degli ultimi gruppi ad andarsene dallo stadio… restano molti stranieri, gente venuta da sola o a piccoli gruppi. Non sanno dove andare a dormire… restare allo stadio non sembra per niente sicuro…
Arriviamo in stazione con gli autobus strapieni. Non vediamo l’ora di abbandonare Genova, l’incubo Genova. Qualcuno è venuto a salutarci, sta tornando a Indymedia, al Media Center, noi siamo seduti dentro alla stazione aspettando l’arrivo del treno…
Arriva la notizia che hanno fatto un blitz al Media Center, nelle scuole di fronte, ci arriva una telefonata di una sorella che è lì, ha gli sbirri di fronte… non riusciamo bene a capire che cosa sta succedendo, fermiamo gli altri che stavano tornando in via Cesare Battisti.
E’ UN INCUBO INFINITO.
Ci fermiamo? Prendiamo il treno? Ho come la sensazione che possono entrare anche qui dentro, in stazione e al Carlini. Cosa sta succedendo?
Prendiamo il treno, qualcuno si incazza, voleva restare…
Non so come mai, ma ho la sensazione che in un attimo siamo a Milano… sul treno si sono cercate informazioni coi telefonini… sembra che abbiano fatto un macello nella scuola di fronte al Media Center dove dormivano soprattutto stranieri… li hanno menati di brutto e se li sono portati via …le notizie non sono molto chiare…
Alla stazione Garibaldi di Milano ci si saluta, dopo aver scaricato il camion… io con altra gente vado in Pergola … passerò la notte lì, tra i computer e un mega televisore
che manda a ripetizione tutti i telegiornali e le immagini degli ultimi tre giorni e le news dell’ultimo momento… allucinato e stanco faccio un paio di tiri di canna e mi
addormento sulla sedia… all’alba mi sveglio, siamo rimasti in quattro tutti mezzi addormentati o in coma profondo… ce ne andiamo… io cerco un bar per fare colazione, poi prendo la metropolitana, la verde, a Romolo prendo il pullman e torno a casa… ad Abbiategrasso.
Agosto-Settembre, 2001
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