Tra follia e autoritarismo

Tra follia e autoritarismo ci possono essere tante cose. La BCE è una di queste. Pesante, potente e quasi onnipotente la Banca Centrale Europea diventa simbolo, causa e direttrice dell’annientamento del futuro per miliardi di persone e dei percorsi democratici e di partecipazione.

Il commissariamento diretto del governo Greco, le pressioni per i cambi di governo in Italia ed in Spagna, l’attacco europeo al mercato del lavoro (misto alle bugie sul rapporto e le comparazioni tra i salari continentali), l’imposizione della costruzione del TAV non solo in Italia e le implicazioni sociali, politiche e repressive che questo comporta, la distruzione dello stato sociale in ogni paese dell’UE tutte queste cose e molte altre sono origine e volontà diretta della BCE.

Certo i Draghi boys e tutta la struttura da esso gestita non sono i soli a volere che il percorso di assoggettamento dell’economia sulla politica, sui diritti e sui futuri si compia in maniera definitiva a vantaggio di pochi, anzi pochissimi. La BCE però diventa in questo momento il simbolo formale di tutta questa spinta al completamento di un percorso iniziato anni fa perchè diventa la voce pubblica e lo strumento secondo cui FMI, agenzie di rating e grandi multinazionali impongono le loro scelte e le loro volontà.

Non è un caso che il corteo NO TAV del 25 febbraio fosse aperto da un carro con la BCE al posto della testa di una piovra, piovra raffigurante la finanza mondiale, e alla fine dei tentacoli i volti dei politici europei. Dico che non è un caso perchè spesso capita che comunità politiche che vivono sulla propria pelle ogni giorno il superamento degli steccati democratici e del diritto riescano a sentire un vento diverso e trasformarlo in lettura politica condivisa. Così in Valle di Susa dove il bene comune diventa ragionamento e pratica quotidiana l’individuazione del nemico e le origini concrete dei problemi si riescono a percepire chiaramente con anticipo e pervasività.

La crisi, e la sua drammatica gestione fatta di attacchi frontali a qualsiasi forma di diritto, di bene collettivo e comune e d’assalto ai nostri futuri, si crea a livello globale e si declina a livello locale.

Una volta si diceva “Pensa globalmente, agisci localmente” e forse quel che si diceva una volta torna buono oggi. Se vogliamo creare una reale alternativa al paradigma della finanza questo non può che passare da un movimento “primo mondista”, per lo meno Europeo, poichè è li che si crea e consuma la crisi.

La governance della finanza oggi in Europa è rappresentato dalla BCE.

Alternativa al paradigma non si deve leggere con percorso elettorale, ma come percorso fondativo europeo che parta dalla critica pubblica e dall’attacco alle scelte economico/politico della Banca Centrale Europea.

Il meeting della BCE di metà maggio a Francoforte deve diventare un momento costituente per l’alternativa al paradigma del mondo in cui viviamo.

Una sfida enorme chiama i movimenti di tutta Europa per cambiare il presente e costruire un futuro degno e possibile per tutti.

Una sfida difficile e articolata in cui le differenze devono diventare ricchezza nella ricerca di parole d’ordine condivise e di una sintesi tra i diversi segmenti di ragionamento. Solo con obiettivi e proposte comuni si può attaccare il grande mostro e ambire a diventare maggioritari.

La creazione di uno spazio di movimento europeo capace di attaccare il paradigma finanziario passa dalla costruzione di percorsi delocalizzati capaci di declinare parole d’ordine, obiettivi e proposte comuni, percorsi che in tutta Europea non possono non passare dal 1 maggio e dalle dure critiche alle “riforme” al mercato del lavoro e quindi dei diritti. I diritti non possono essere associati ad un contratto lavorativo.

Il dado è tratto sta a noi farlo girare.

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