La Buona S(cu)ola del governo Renzi [Dall’Agnesi in occupazione]
LA BUONA S(cu)OLA DEL GOVERNO RENZI
Agnesi in rivolta, gli studenti si ribellano!
In Italia il tasso di dispersione scolastica raggiunge picchi del 25,8%, soprattutto nelle regioni meridionali.
Tra i paesi OCSE l’Italia registra purtroppo il primato del cosiddetto analfabetismo funzionale; con questo termine si intende chi con è capace di compiere analisi articolate o di comprendere il senso di un testo, pur sapendo leggere e scrivere.
Per quanto riguarda le spese d’investimento nell’istruzione siamo al 31° posto nell’OCSE; nell’arco di pochi anni si è passati a un dimezzamento del fondo del miglioramento dell’offerta formativa (MOF) dagli originali 1.389.21 milioni di euro ai 689.21 milioni del Giugno 2014, governo Renzi in carica.
Inoltre l’Italia è al quartultimo posto per numero di laureati, sempre nell’OCSE.
In tale quadro disastroso viene pensata la Legge numero 107, chiamata anche “ La Buona Scuola” .
Questo provvedimento ideato dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini parte come documento di presentazione il 3 Settembre 2014, seguito da una consultazione fasulla di 2 mesi, dal 15 Settembre 2014 al 15 Dicembre 2014, che ha fin da subito dimostrato i metodi antidemocratici che contraddistinguono questo governo.
L’iter legislativo della legge registra il più alto tasso di contestazioni sul piano sociale degli ultimi anni, con partecipate mobilitazioni su tutto il territorio nazionale. Nonostante ciò, tramite l’apposizione del voto di fiducia il premier Matteo Renzi riesce a ottenere l’approvazione parlamentare della legge il 13 Luglio scorso.
Qual’ è il motivo di tutta questa contrarietà da parte delle componenti del mondo della formazione?
La legge svela un impianto di stampo neoliberista, con l’accettazione di modelli di tipo aziendale nella gestione dei nostri istituti.
Vediamo perché: questa controriforma potenzia il ruolo del dirigente scolastico, rendendolo dominante tramite l’esercizio di importanti leve sulle quali agire. In particolare si tratta della costruzione del cosiddetto “organico dell’autonomia”, ossia la formazione del corpo insegnante dedicato in ogni singola scuola ad attuare il piano dell’offerta formativa. Il suddetto processo è legato alla discrezionalità della scelta degli insegnanti da parte del preside, che da ora potremo chiamare “manager”, il quale potrà assegnare con chiamata diretta incarichi triennali nella sua scuola, sulla base dei curricula dei docenti presenti in liste territoriali, più o meno equivalenti alle province. Il rafforzamento del ruolo determina, di fatto, un potere assoluto nelle mani del preside, minando i principi di cooperazione e condivisione con i docenti che dovrebbe essere alla base della scuola pubblica.
Un altro strumento che dimostra l’eccessivo potere che viene affidato al preside è la possibilità che il suddetto ha di assegnare discrezionalmente dei bonus stipendiali ai docenti che considera più capaci, appena attenuato dai criteri elaborati dal nuovo organo “Comitato per la Valutazione dei Docenti”, composto, oltreché dal dirigente scolastico, anche da 1 rappresentante dei genitori, 1 rappresentante degli studenti, 3 insegnanti e 1 soggetto esterno.
Lo stesso piano straordinario di assunzione d’insegnanti, apparentemente lodevole, diviso in fasi ( ad oggi 90 mila assunti), presentato come segnale di attenzione al mondo della scuola, in realtà è derivato dall’applicazione, neanche integrale, di una sentenza della Corte Europea che imponeva all’Italia la sistemazione in ruolo dei precari che avessero più di 36 mesi di attività alle spalle negli istituti scolastici. Lo svolgersi del reclutamento del personale ha comportato vere ed proprie deportazioni su scala nazionale di una parte dei citati, costringendoli così ad abbandonare i loro affetti per avere un posto di lavoro stabile.
Un altro aspetto significativo e negativo de “La Buona Scuola” è l’ampliamento dei percorsi di alternanza scuola-lavoro nei nostri edifici scolastici, 200 ore negli ultimi 3 anni dei licei e 400 negli ultimi 3 anni degli istituti tecnici, anche in periodo di sospensione scolastica. Si accentua così l’idea che l’istituzione scolastica pubblica non debba preparare il futuro cittadino, capace di analizzare criticamente e in grado di rapportarsi ai contesti sociali ma solamente il soggetto professionale formato per il mondo del lavoro, magari abituato a operare gratuitamente perché fa esperienza… La legge peraltro non scioglie numerosi interrogativi. Che peso avrà ad es. il risultato di questi percorsi nell’esame di stato?
Consideriamo ancora più inquietante il fatto che, all’interno degli ambiti lavorativi, non saranno realizzati corsi per la sicurezza degli studenti nel caso non venissero reperiti i fondi relativi.
Un punto cardine nella Legge 107 è la porta aperta ai finanziamenti privati, da parte di soggetti fisici o imprese, da attuarsi nel prossimo triennio scolastico mediante la formula vantaggiosa del recupero del credito d’imposta. Si tratta della possibilità, per un massimo di € 100.000 per ognuno dei tre anni, di devolvere la somma ad un istituto scolastico per la realizzazione di nuove strutture o manutenzione delle stesse oppure per interventi che migliorino l’occupabilità, denominazione vaga che si presta a varie interpretazioni. In sostanza al finanziamento progressivamente ridotto dello Stato sull’offerta formativa si affianca, auspicato, il “mecenatismo” dei privati, a cui viene restituito il 65% della somma versata nei primi due anni, il 50% nell’ultimo anno. La stima del volume economico di esborso da parte dello Stato, mediante il credito d’imposta, è di poco più di 60 milioni di euro. La garanzia dello svolgimento della missione del sistema d’istruzione pubblica, ossia garantirla a tutti, non è più affidata interamente allo Stato ma anche a soggetti privati, con differenze territoriali consistenti per le scuole relativamente alla possibilità di recuperare fondi causa disuguaglianze profonde di ricchezza, anche tra istituti della stessa città. La discriminazione che si andrà a generare non potrà essere sanata neanche da fondi compensativi a livello nazionale, stante che solo il 10% dell’introitato potrà essere indirizzato verso le scuole non in grado di attrarre finanziamenti, perché in zone periferiche o in territori a condizione socio-economica debole.
Bisogna tener conto anche dell’evidente supporto all’attività delle scuole non statali, le cosiddette paritarie, che compie il Ministro Giannini con questa controriforma tramite la detraibilità al 19 % delle spese per la frequenza del ciclo della scuola primaria e secondaria di secondo grado fino ad un massimo di 400 euro, strumento indiretto per favorire la crescita di un modello di istruzione che punta sempre più ad indebolire la scuola pubblica aprendo la strada ad un rafforzamento del modello paritario e dei “diplomifici”.
Non è da dimenticare, infine, il fatto che il governo si sia preso la briga di lasciare “ in bianco” parte della legge rimandando, tramite 9 decreti legislativi, il discorso su tematiche importanti quali possono essere il diritto allo studio oppure la formazione iniziale dei docenti e l’accesso all’insegnamento.
Kollettivo Indipendente Agnesi
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