Partigiani nella Metropoli. Ribelli a questa Europa

Riot police stand near the euro sign in front of the European Central Bank headquarters during an anti-capitalist "Blockupy" demonstration in Frankfurt“Signori, il tempo della vita è breve e, se viviamo, viviamo per calpestare i Re”

Enrico IV, William Shakespare.

Fin dall’inizio della nostra esperienza politica abbiamo sentito l’esigenza di interrogarci e approfondire il tema dell’Europa e le prospettive dei movimenti nel Vecchio Continente; non è stata una attenzione puramente intellettuale o una moda dettata dal momento, ma un nodo centrale dello strutturare la nostra militanza e una prospettiva di trasformazione dell’esistente.
Riteniamo però che, inevitabilmente, questo processo di azione/riflessione sulla dimensione europea debba essere un camminare domandando, un processo costante, mai limitato al solo slogan o al breve periodo; consapevoli che, dato il terreno dello scontro, l’incidere dei nostri conflitti possa realizzarsi solo con un piede ben piantato nella nostra metropoli e un occhio fisso allo spazio politico-sociale europeo.
Lo scenario che ci troviamo ad affrontare non è dato una volta per tutte, ma è figlio di una fase complessa e sfaccettata: negli ultimi due decenni abbiamo visto “diverse europe” sorgere, affermarsi e/o confliggere, a riprova di quanto questa dimensione rappresenti ancora un processo non scontato e liscio.
Sicuramente quella che abbiamo davanti oggi è una “Europa tedesca”, imbrigliata e costretta dalle catene del Fiscal Compact, ferocemente chiusa nei propri confini (da Lampedusa ai porti greci, alle frontiere dell’Est), schiacciata dai dettami della Banca Centrale Europea, obbligata all’annientamento del residuo welfare tramite l’Austerity e le politiche neoliberiste delle “larghe intese”.
Tuttavia la situazione non ci appare pacificata: in questi anni di Crisi Globale vari movimenti hanno saputo agitare le piazze e porre il problema dell’alternativa a questa Europa, cominciando a comunicare a livello transnazionale, prima in modo sperimentale e sporadico, poi sempre più strutturato.
Diciamo subito che quanto fatto fino ad oggi, anche se prezioso, non risulta sufficiente, non risponde ancora alla sfida che l’attuale fase ci pone davanti. Pensiamo però che questo lavoro politico vada intensificato e velocizzato, mettendo al centro i conflitti reali, presenti nei vari territori, con assoluta laicità e apertura: consapevoli che l’unica strada vincente parte, come sempre, dall’intrecciare i soggetti e mettere in comune le lotte.
E’ necessario in primis affermare, anche nella concretezza del nostro agire politico, che un’altra Europa è possibile, collocandoci ben distanti dalle egoistiche critiche nazionaliste tanto di destra quanto di una certa sinistra nostalgica e antiquata.
Diciamo subito che l’Europa che vogliamo, in comune con tantissimi, non è trincerata nei confini dell’Unione Europea, ma vive in un contesto ben più ampio, allargato alla complessità del mondo mediterraneo e dell’est europeo. Luoghi dove negli ultimi anni si sono affermati movimenti radicali e maggioritari come nelle rivoluzioni delle Primavere Arabe, nella Turchia della rivolta di Piazza Taksim o nell’autogoverno popolare di alcune esperienze balcaniche.
Così come l’Europa che vogliamo non ha confini insanguinati di terra o di mare da difendere contro chi pratica il suo diritto innegabile ad una vita degna!
Da studenti già pienamente inseriti nel macabro vortice della precarietà rivendichiamo un nuovo welfare e nuove garanzie sociali, ritenendo che proprio lo spazio europeo possa rivelarsi luogo di sperimentazione e di acquisizione conflittuale di nuovi diritti.
Occorre oggi essere all’altezza della sfida, assumendo l’Europa come necessario e privilegiato spazio delle nostre lotte a partire dai conflitti metropolitani che si sapranno esprimere, consapevoli che la Crisi, specialmente in Europa, sta producendo anche egoismo sociale, razzismo, populismi e in alcuni casi nuovi pericolosi fascismi.
E’ necessario però anche darsi subito un orizzonte di azione condivisa, collettiva e concreta sul piano europeo, per non ricadere in astratte prese di posizione: pensiamo infatti che sia utile costruire un immaginario conflittuale di mobilitazione immediata, che veda nell’assedio al nuovo palazzo della Banca Centrale Europea di Francoforte, fissato per l’autunno prossimo, un momento di massa che, a partire dalle giovani generazioni impoverite dall’austerity, possa creare uno squarcio, una rottura forte e radicale nel cuore dell’attuale assetto finanziario europeo.
Da subito nella nostra metropoli, insieme ai tanti già in marcia e a quelli che incontreremo in questi mesi nello spazio europeo delle lotte, intendiamo assumerci questa vocazione e questa importante indicazione strategica e di metodo.

Dillinger Project

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