Una schifezza chiamata Via d’Acqua: il film non cambia

1528689_196031463918753_652828445_nLo dicevamo nel 2008 quando Milano si è aggiudicata Expo, l’abbiamo ripetuto in questi cinque anni, lo diciamo con ancora più forza oggi supportati dalle schifezze che giorno dopo giorno spuntano davanti ai nostri occhi: Expo 2015 è un evento nocivo che genera debito, cemento e precarietà, che utilizza poteri speciali per imporre le sue decisioni, che alimenta le mafie criminali e politiche.

La Via d’Acqua è il caso da manuale che sintetizza le nefandezze di Expo: un’opera inutile, dannosa, costosa, nociva, calata dall’alto senza tenere minimamente in considerazione il contesto paesaggistico e umano dentro cui voleva inserirsi.

La Rete dell’Attitudine No Expo si è opposta fin da subito a questa patacca venduta come oro: nel 2008/2010 quando ancora si usava il plurale “le Vie d’Acqua” e il sogno era quello dei canali navigabili della “Milano come Venezia”, e nel 2012 quando i signori di Expo sono stati costretti a dirottare verso una più modesta “Via d’Acqua” al singolare. Modesta ma altrettanto nociva.

Come Rete No Expo siamo stati parte della lotta parco-per-parco di questi ultimi quattro mesi dentro al percorso del comitato No Canal. Abbiamo portato il nostro contributo critico e informato sul mega-evento del 2015, avendo ben chiaro che l’orizzonte della lotta andava ben oltre i parchi devastati dalla Via d’Acqua. Quei parchi per noi sono l’equivalente delle case attraversate dall’autostrada Rho-Monza a Paderno Dugnano, sono il parco della Lura danneggiato dalle vasche anti-allagamento del sito di Expo, sono i terreni agricoli rovinati per sempre dalla Teem, sono le ultime cascine del Nord-Ovest milanese sfrattate dal mega-evento, e potremmo andare avanti ancora per un bel po’. C’eravamo all’alba del 10 Dicembre quando insieme a decine di cittadini del Gallaratese abbiamo fermato la ruspa di Expo dentro al parco Trenno, eravamo in mezzo al fiume blu che ha abbattuto le reti arancioni come un fiume in piena in una assolato sabato pomeriggio d’autunno, c’eravamo ai volantinaggi ai mercati e ai presidi davanti a Palazzo Marino e alla sede di Expo.

Ora l’assemblea del comitato No Canal ha deciso con un voto a maggioranza di accettare le modifiche al tracciato proposte da Expo Spa, Comune di Milano ed MM sui soli parchi di Trenno e Pertini, con una logica più simile a una trattativa sindacale che a una lotta popolare.

Avere costretto il gigante Expo a rivedere un po’ dei suoi programmi è sicuramente un risultato apprezzabile e che dimostra, ancora una volta, che solo la lotta e la partecipazione critica possono portare a dei risultati. Ma proprio per questo non possiamo accontentarci ed essere complici della realizzazione di un’opera e di un evento che mantiene tutte le nocività iniziali: lo sperpero di soldi pubblici, 89milioni di euro per la Via d’Acqua e oltre 10 miliardi per Expo, il danneggiamento dei parchi dentro cui entreranno le ruspe per sotterrare il tubo, l’uso disinvolto dei poteri speciali del commissario che ha declassato il livello degli inquinanti per cercare di aggirare le bonifiche, il ricatto di via Quarenghi dove la bonifica dell’area è stata condizionata alla realizzazione del canale pur essendo un atto dovuto e non un punto di mediazione, i lavori affidati a una ditta già sotto indagine per altri lavori in giro per l’Italia.

Come possiamo tornare nelle nostre case sapendo tutte queste cose? Come possiamo stringere accordi al ribasso con chi confonde partecipazione con imposizione e propaganda?

Expo 2015 è un castello di carta che prometteva Vie d’Acqua e Vie di Terra e oggi ripiega, smentendo se stesso, su un canale semi-interrato come una fogna qualunque.

Noi siamo e saremo No Expo e No Canal, agendo da No Expo e No Canal. E siamo sicuri che incroceremo di nuovo le centinaia di persone conosciute in questi mesi, accordo o non accordo.

A partire già da lunedì 27 Gennaio, ore 7, in via Caldera, a Quinto Romano, dove le ruspe stanno lavorando incuranti della trattativa.

Ci si rivede nei parchi: tra ruspa e albero sappiamo da che parte stare.

 

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