55 anni fa la strage fascista di piazza Fontana
Oggi in piazza alle 18,30 da Largo Cairoli.
Sono le 16,37 del 12 dicembre 1969.
Una bomba ad alto potenziale esplode al centro del salone della Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana, a pochissimi metri da piazza Duomo. L’esplosione uccide sul colpo 13 persone ferendone poco meno di un centinaio. Altre quattro persone moriranno successivamente.
Nell’arco di un’ora altre tre bombe esplodono a Roma ferendo 16 persone: una all’Altare della Patria, una al Museo del Risorgimento di piazza Venezia e una alla Banca Nazionale del Lavoro di via San Basilio. Una quinta bomba viene ritrovata alla Banca Commerciale Italiana di piazza della Scala.
Cinque bombe in meno di un’ora. Elemento significativo di un alto livello organizzativo.
Nel giro di pochissime ore la Questura di Milano allora guidata da Marcello Guida (ex direttore della colonia di confino politico di Ventotene sotto il fascismo) ferma circa un centinaio di persone. Quasi tutte di sinistra. Viene immediatamente imboccata la pista anarchica anche su imboccata del famigerato Ufficio Affari Riservati.
La notte del 15 dicembre, Giuseppe Pinelli, militante anarchico precipita dal quarto piano della Questura di Milano e più precisamente dall’ufficio del Commissario Calabresi, dove era trattenuto illegalmente da più di tre giorni. La Questura mette subito in piedi una vergognosa conferenza stampa dichiarando che Pinelli si era suicidato vedendosi scoperto come uno dei responsabili delle bombe. Giova ricordare che tutto ciò si rivelerà totalmente falso. Nonostante il clima di caccia alle streghe anti-anarchica, ai funerali di Pinelli partecipano più di 3.000 persone.
Nelle stesse ore viene arrestato l’anarchico Pietro Valpreda che diventerà il vero e proprio capro espiatorio della strage e che passerà moltissimo tempo in carcere risultando alla fine completamente innocente.
Ci vorrà un lungo periodo di tempo prima che la magistratura riesca a gettare le prime luci sul ruolo decisivo delle strutture del gruppo fascista di Ordine Nuovo nel massacro del 12 dicembre arrestando per la prima volta Franco Freda e Giovanni Ventura.
La via giudiziaria è stata un vero e proprio sentiero di guerra con l’intervento consistente degli apparati dello Stato per coprire, insabbiare e “garantire” gli imputati fascisti.
Se dal punto di vista processuale i colpevoli non hanno pagato (nel caso di Freda e Ventura perché, come affermato dalla Cassazione nel 2005, seppur responsabili non più processabili perché sciaguratamente assolti negli anni Ottanta), dal punto di vista storico le responsabilità della mattanza sono chiarissime e andrebbero gridate quotidianamente ai mille venti per demolire la narrazione tanto in voga in questo periodo tra chi ci governa (La Russa in testa) dei “poveri fascisti vittime negli anni Settanta”.
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