Documento finale della seconda assemblea nazionale contro il DDL Sicurezza

Chiudiamo questa assemblea di oggi con una convinzione: se la piazza del 14 dicembre ha mostrato la capacità di questo percorso in termini di mobilitazione di massa, questa due giorni ci restituisce il fatto che quella giornata ci ha consegnato una responsabilità collettiva, quella di essere l’opposizione sociale a questo governo. Bisogna rivendicarlo con chiarezza: se i tempi di approvazione del DDL si sono dilatati è stato perché abbiamo messo centomila granelli di sabbia in un ingranaggio reazionario che fino a pochi mesi fa sembrava perfetto, è stato perché nei mesi precedenti c’è stata un’attivazione territoriale che ha consentito un continuo accumulo.
Se il 14 dicembre è stato uno spartiacque, lo è stato soprattutto in termini di possibilità: è stato aperto uno spazio concreto che ribalta la narrazione dominante, ossia che l’attacco alla democrazia, ai diritti, alla libertà sia un passaggio storico ineluttabile. La forza di questo percorso ci consegna – in realtà – la consapevolezza che nel nostro Paese ci troviamo di fronte a un governo che è uno dei principali interpreti a livello internazionale del superamento in termini autoritari dello Stato di diritto, ma allo stesso tempo è un esempio di come il potere si regga su dinamiche fragili, talvolta ingovernabili. E noi dobbiamo essere in grado di sedimentare e organizzare proprio questa ingovernabilità, a partire dai territori, dai luoghi di lavoro e della formazione, dai tanti presidi di lotta che costellano il Paese.
Tutto questo è emerso con chiarezza anche nel dibattito di ieri, che è stato un momento importante e all’altezza della manifestazione del 14 dicembre e di tutto il percorso che stiamo facendo. Questo perché non è stato solo un momento di approfondimento teorico-giuridico-politico, ma ci ha dato una vera e propria indicazione strategica: se questo DDL è il manifesto politico e culturale di un intero ciclo reazionario e di un mondo che si regge sempre più attorno al regime di guerra, ribaltarlo significa creare una frattura storica nel rapporto tra governanti e governati, tra capitale e lavoro.
Dall’assemblea di oggi emerge la necessità di sedimentare, allargare, continuare a convergere. Lo facciamo guardando alle piazze che in questi giorni si sono date appuntamento in molte città d’Italia per chiedere “giustizia per Ramy”, perché l’ennesimo omicidio di Stato, tra l’altro con un chiaro connotato razziale, non può che avere come risposta la rabbia diffusa. Lo facciamo guardando ad altri percorsi di lotta contro le leggi di questo governo che si stanno dando– dal DDL Bernini al DDL Valditara, passando per il contrasto alla legge sull’autonomia differenziata e alla stagione referendaria che si aprirà in primavera – con cui c’è una necessità concreta di trovare momenti di convergenza e mobilitazione comune proprio per fare in modo che lo spazio di opposizione sociale al governo si allarghi ogni giorno di più.
Da oggi emerge anche un altro aspetto fondamentale. L’opposizione al Governo Meloni deve coinvolgere anche gli amministratori locali delle forze politiche che hanno dichiarato di voler contrastare il DDL Sicurezza: questo significa assumersi la responsabilità di disobbedire all’istituzione di “zone rosse” nelle nostre città, che sono la forma più becera, classista e razzista di trasformare i diritti in privilegi. La battaglia contro le “zone rosse” è naturalmente legata a quella contro il DDL e la rete A pieno regime la assume nella sua interezza.
Questo percorso sta avendo la capacità di tenere al suo interno soggetti sociali reali. Ognuno deve essere capace di mettere il proprio dentro questa lotta unitaria: movimenti, associazioni, studentesse e studenti, ricercatrici e ricercatori, docenti, giuristi e tutto il mondo del lavoro. Dai nodi della logistica ai cancelli delle fabbriche ai “non luoghi” del lavoro precario, l’opposizione sociale deve passare sempre di più dal coinvolgimento dei soggetti vivi di questa società. Diversi corpi, ma un’unica mente, quella che ambisce al cambiamento reale di questo Paese, e non solo.

Dopo questa due giorni, il lavoro nei territori diventa ancora più intenso. L’assemblea ha lanciato alcune scadenze che devono servire non solo a produrre mobilitazione, ma anche per potenziare e far diventare sempre più molecolari i processi organizzativi.
La prima scadenza proposta è quella del 17 gennaio: “100mila luci contro il buio del regime”. A Roma e nelle altre città ci battiamo per portare la mobilitazione popolare e la protesta senza restrizioni di luogo. Invitiamo tutte le forze politiche alle costruzioni di cordone di difesa e tutela di chi manifesta, già a partire da questa data. Laddove le questure negheranno permessi e agibilità lo annunciamo fin da subito che disobbediremo a qualsiasi divieto.
Il 3, 4 e 5 febbraio verrà fatta una carovana a Bruxelles. Una rappresentanza della Rete Nazionale No DDL Sicurezza promuoverà un evento pubblico e una conferenza stampa dentro il Parlamento Europeo per portare la discussione ad un livello superiore: il pericolo di una nuova Ungheria in Europa è qualcosa che deve riguardare tutti.
Nel week-end di metà febbraio (14-15) lanciamo una scadenza in tutti i territori del Paese che avrà, tra i diversi temi, anche quello di contrastare le “zone rosse”.

Il 15 e 16 marzo saremo presenti all’assemblea transnazionale del Network Against Migrant Detention.

Il 28, 29, 29 marzo attraversiamo l’assemblea europea Reset-Rete per lo sciopero sociale eco-trasfemminista.

Infine ribadiamo quello che abbiamo sempre detto fin dall’inizio di questo percorso. Rilanciamo la mobilitazione a Roma nel giorno dell’approvazione del DDL. Sarà una giornata di blocco e di assedio, a partire da una piazza comune, nella quale la molteplicità delle pratiche che porteremo stanno dentro la cornice di esercitare conflitto e ampliare il consenso. Quella giornata non sarà solo un punto di arrivo, ma anche il punto di partenza di un percorso che – qualora il Ddl venisse approvato – ha un obiettivo comune e preciso: continuare a fare disobbedienza, scioperi, occupazioni di case, blocchi delle grandi opere e iniziare ad immaginare insieme un nuovo percorso per la democrazia.

Rete No DDL Sicurezza – A Pieno Regime

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