La piazza dell’eroina di Rogoredo
Milano, una notte come tante. L’ambulanza riceve una chiamata per via Cassinis, accanto alla stazione di Rogoredo. Una telefonata come tante che arrivano da quella zona. I soccorritori arrivano, c’è una ragazza di 20 anni, Mina (nome di fantasia). È agitata, urla che hanno cercato di violentarla. I ragazzi cercano di farsi spiegare meglio l’accaduto e dopo circa dieci minuti di urla confusionarie riescono a capire cos’è successo. Mina era lì per cercare una dose di eroina, si è addentrata nel bosco in piena notte e qualcuno, vedendola così disperata e sola, l’ha avvicinata con qualche scusa per poi aggredirla. Lei è riuscita a divincolarsi, correre via e cercare aiuto. Ma anche quando l’aiuto – cioè l’autoambulanza – è arrivato, la sua unica preoccupazione era la dose che non è riuscita a trovare a causa di questo ‘imprevisto’.
Mina è una tossicodipendente. Tutti i giorni si reca nel bosco a pochi passi dalla stazione per cercare una dose che può comprare con soli dieci euro. E, come lei, tantissime persone da tutta la Lombardia vengono qui ogni giorno con quell’unico obiettivo. Uomini e donne di tutte le età, dai 16 anni ai 60, italiani e stranieri, alcuni senza fissa dimora, altri in abito da lavoro, con tanto di camicia e valigetta ventiquattr’ore. Si stima che ci sia quotidianamente un traffico di circa 400/500 persone che, approfittando del luogo strategico, la stazione, che collega Milano a tutte le città lombarde più o meno grandi in massimo un’ora di treno, vengono qui alla ricerca di eroina o cocaina di infima qualità a poco prezzo. Basta passare di lì a qualunque ora del giorno per rendersene conto: c’è un via vai continuo tra la stazione e il bosco. E più ci si avvicina al bosco, cosa non facile a causa dell’enorme numero di vedette che sorvegliano la zona, più aumenta la quantità di siringhe usate e buttate a terra e di fazzoletti sporchi di sangue. È una situazione che perdura da anni e che ha ormai causato una notevole quantità di morti tra giovani e meno giovani. La posizione della piazza di spaccio, un bosco che si estende per decine di chilometri, ha reso fino ad ora vano qualunque tentativo di blitz da parte delle Forze dell’Ordine che si limitano ad appostarsi in prossimità del bosco per brevissimi periodi, finiti i quali il via vai ricomincia.
Questa è l’altra faccia di Milano, la città vetrina di Expo, nella quale ogni giorno qualcuno muore per una piaga sociale che pareva essersi chiusa insieme agli anni ’80 e che invece dilaga ancora grazie alla facilità con cui viene ignorata. Del resto le istituzioni, a differenza di 25/30 anni fa quando, seppur timidamente, c’era stato un tentativo di abbozzo di campagna informativa sulle sostanze (ma anche, per esempio, sul sesso sicuro), hanno totalmente abdicato a un qualsiasi ruolo formativo girando la faccia dall’altra parte.
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