[DallaRete] Dalla Turchia rinforzi dell’Isis contro i kurdi del Rojava
Siria. I combattenti dell’Ypg avanzano verso l’avamposto di Jarabulos oltre l’Eufrate.
Archiviati i bombardamenti dell’aviazione di Damasco per l’altolà americano, nella città a maggioranza kurda di Hassakah si combatte strada per strada. La Guardia repubblicana di Assad, secondo fonti del Rojava citate dal Guardian coadiuvata da miliziani libanesi di Hezbollah e da Basij iraniani, contro i kurdi dell’Ypg: un fronte che si è aperto all’interno del mosaico di forze che combatte l’Isis in Siria.
Hassakah è sulla frontiera tra Siria e Turchia, sulla stessa linea di confine di Kobane, solo che negli ultimi sei mesi i combattenti kurdi hanno mangiato tanto territorio all’Isis, anche grazie alla copertura aerea statunitense. E non accennano a fermarsi. Cercano di ricongiungere le due zone già controllate, quella attorno alla città dalle mura merlate di Afrin e quella attorno a Manbij, il centro più grande della zona – circa 200 mila abitanti – liberata lo scorso 6 agosto.
In mezzo c’è l’avamposto di Jarabulos, sull’altra sponda del fiume Eufrate, e la provincia di al-Bab, ancora controllate da Dahesh. La loro sembra una guerra contro il tempo, procedono a tappe forzate come temendo un evolversi non favorevole delle alleanze internazionali, dopo il recente riavvicinamento tra Russia e Turchia (sancito dal tête-à-tête tra Erdogan e Putin subito dopo il fallito golpe ad Ankara) e le dichiarazioni sempre più distensive del governo turco verso il nemico-amico Assad proprio in funzione anti-kurda. Ieri le milizie dell’Ypg hanno lanciato due proclami diretti a due dei paesi che – a ben vedere – sarebbero dalla stessa parte contro l’Isis: la Turchia di Erdogan e la Siria di Assad.
All’esercito repubblicano di Damasco l’invito è a deporre le armi ad Hassakah. Il messaggio delle Unità di protezione del popolo (Yop), riportato anche da Al Jazeera, indirizzato a «tutti i miliziani del regime accerchiati in città», recita: «Siete obiettivi per le nostre forze, i nostri cecchini e le nostre armi. Non ci ritireremo. Le nostre forze convergono verso la città. Vi invitiamo a deporre le armi e a consegnarvi all’ufficio di sicurezza più vicino».
Il secondo messaggio è più indiretto. Due brigate e un battaglione di combattenti kurdi provenienti da Manbij hanno oltrepassato il fiume e arrivati alla periferia di Jarabulos hanno insediato un comando militare il cui portavoce si è fatto riprendere mentre legge un comunicato. Il testo è stato diffuso domenica su tutti i siti e i social media kurdi e dice che la Turchia sta apertamente utilizzando i miliziani neri dell’Isis e «mercenari» per occupare la città di Jarabulos e fermare le conquiste kurde. «Hanno permesso – il soggetto sottinteso è i turchi – a un gran numero di miliziani dell’Isis di varcare il confine», e prosegue: «Noi del consiglio militare di Jarabulos segnaliamo le azioni aggressive contro la Siria del governo turco. Non resteremo inerti di fronte a questi atti ostili» e – continua – «chiamiamo la coalizione internazionale guidato dagli Stati Uniti a impegnarsi nel proteggere la nostra regione da eventuali interferenze dello Stato turco e dai suoi tentativi diretti a occupare le terre siriane, e a minare le vittorie raggiunte dalla nostra gente, noi consideriamo questa un’intrusione nei nostri affari interni contrarie ai principi del diritto internazionale».
Sono stati diffusi su Twitter due video nei quali si vedono centinaia di uomini con fucili lungo un muro in cemento sormontato da filo spinato in attesa di essere reclutati. Gli uomini gridano «Jarabulos» e «Allah u Akbar» e mentre montano all’alba su pick-up sormontati da mitragliatrici gridano «Yalla, Yalla», andiamo, e ancora «Jarabulos».
Secondo una recente analisi del centro di studi strategici americano Stratfor, dai russi chiamato «Cia privata», che fornisce consulenze al Pentagono, la situazione ad Hassakah mette in difficoltà soprattutto Damasco che, blandita dalla Turchia in chiave anti kurda, rischia di perdere lì l’appoggio dell’Ypg essenziale nella battaglia di Aleppo. Ma forse questo ragionamento è fatto anche perché Mosca, principale alleata di Assad, intenda.
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