29 gennaio 2000 – Il corteo contro via Corelli
20 anni fa gli scontri davanti al centro di detenzione.
All’origine fu Martelli. Sì, perché se si vuole andare indietro nel tempo e comprendere come sono nate le basi delle politiche sull’immigrazione in Italia bisogna fare un salto indietro al 1990 con la prima legge che cercava di normare l’immigrazione in Italia. Una legge che prese il nome dall’allora Ministro della Giustizia del PSI. L’afflusso, ai tempi, era bassissimo. Circa 50.000 persone l’anno. Ma se si vanno a leggere i giornali d’epoca e si fa uno sforzo di memoria già in quel periodo avvenivano i primi episodi di xenofobia e l’opinione pubblica iniziava a preoccuparsi di una presunta imminente “invasione”.
Il passaggio successivo è del 1998 con la famigerata Turco-Napolitano approvata duranti il primo governo Prodi. Come spesso capita in questo paese, ad aprire le prime crepe in cui poi la destra dilagherà ci ha pensato, ancora una volta, la sinistra istituzionale. Che sia sui temi del lavoro, dell’immigrazione, delle privatizzazioni o dell’antifascismo poco cambia. Negli otto anni trascorsi dalla Legge Martelli lo scenario migratorio in Italia era molto cambiato. Il collasso del blocco socialista aveva portato a una prima ondata migratoria di cui erano stato protagonisti soprattutto gli albanesi. Una prima ondata era arrivata nel 1991. Chi ha una certa età non può dimenticare l’approdo della nave Vlora col suo carico di umanità dolente a Bari.
Una seconda ondata si era scatenata nel 1997 con il collasso delle strutture statali della società albanese e un periodo di violentissimi disordini in tutto il paese. In questo periodo l’immigrazione albanese attraverso l’Adriatico ebbe una vera e propria impennata. La parola “scafista” divenne di uso comune. Qualsiasi reato si registrasse in Italia era stato ovviamente responsabilità degli albanesi. Una presunta “invasione albanese” era sulle prime pagine di tutti i giornali (oggi non se ne ricorda più nessuno…) e, in un clima incandescente, si raggiunse il disastro con il naufragio della Katër i Radës, una nave piena di profughi speronata nell’Adriatico da una corvetta militare italiana con un bilancio di 81 morti e circa 30 dispersi.
E’ quindi del marzo 1998 l’approvazione della Turco-Napolitano, dai nomi degli allora ministri della Solidarietà Sociale e dell’Interno. Nella legge viene dato il via libera alla costruzione dei Centri di Permanenza Temporanea (i famigerati CPT) dove rinchiudere persone che non hanno compiuto alcun reato e che diverranno ben preso veri e propri gironi infernali. A Milano il CPT verrà ospitato in via Corelli, vicino al Parco Forlanini.
Oggi come allora, all’interno della società italiana, non tutti erano favorevoli alla costruzione di queste strutture abominevoli, di fatto peggiori delle carceri. La prima azione per contestare la costruzione del CPT è del 24 ottobre 1998 all’interno della giornata europea di mobilitazione contro i centri di detenzione.
Il vero momento di svolta si ha però all’inizio del 1999. Nel gennaio di quell’anno Milano viene colpita da una serie di fatti di sangue che crea allarme nell’opinione pubblica. Il centro-destra guidato da Berlusconi cavalca l’ondata di paura richiedendo una politica di “tolleranza zero” e dettando l’agenda politica di quei mesi. Sarà l’inizio di un bombardamento con la cronaca nera costantemente in prima pagina soprattutto dei telegiornali Mediaset. Il centro-sinistra, impaurito, si accoda, puntando sul giro di vite. In risposta a una manifestazione (non particolarmente partecipata a dire la verità) organizzata dalla destra milanese per chiedere legge e ordine il 23 gennaio 1999 sfila in città un primo corteo cui partecipano 20.000 persone che si dirige verso il CPT di via Corelli.
Le mobilitazioni contro via Corelli proseguono lungo tutto l’anno tanto che a fine settembre ’99 una delegazione riesce a ottenere l’ingresso all’interno della struttura.
Il 15 gennaio 2000 avvengono i primi, duri scontri davanti al CPT di Ponte Galeria a Roma quando un corteo antirazzista cerca di raggiungere la struttura per denunciare le condizioni in cui vengono tenuti i migranti e viene duramente caricato dalle Forze dell’Ordine con un ampio uso di lacrimogeni.
Si arriva così al 29 gennaio con una mobilitazione contro i centri di detenzione organizzata su tutto il territorio nazionale. La giornata inizia con dure cariche alla stazione Principe di Genova per impedire ai militanti di partire in treno per raggiungere Milano.
Quel giorno un grande corteo sfila anche a Firenze.
A Milano la manifestazione, con più di 10.000 partecipanti, partita dal centro percorre viale Argonne per poi raggiungere il cavalcavia dell’Ortica. Chi era presente ricorda una marea impressionante di persone sul ponte di via Tucidide.
In testa al corteo, sin dalla partenza, una sorta di testuggine con diverse decine di militanti in tutta bianca protetti da alcune camere d’aria.
La testa del corteo scendendo dal ponte, tenta di forzare il blocco di un grosso contingente di Forze dell’Ordine venendo bersagliata da una pioggia di lacrimogeni sparati dal ponte pedonale sulla ferrovia. Lo scopo è quello di raggiungere il CPT. Dopo le cariche si crea una situazione di stallo che si sblocca permettendo a una delegazione di raggiungere la struttura.
La lotta contro i centri di detenzione, con i nomi che, via via prenderanno negli anni, durerà negli anni.
Nel 2005 un corteo arriverà nuovamente sul ponte di via Tucidide nel corso delle mobilitazioni per il secondo anniversario dell’omicidio di Davide “Dax” Cesare.
Negli anni una serie di rivolte porteranno alla progressiva dismissione di via Corelli fino alla sciagurata decisione di Minniti poi confermata da Salvini e ora dalla Lamorgese di riaprirlo. Da lì altre mobilitazioni.
Ma quella è storia di oggi.
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