Freaks Out, quando i supereroi prendono a calci i nazisti
Sgomberiamo il campo da equivoci, siamo entrati in sala assolutamente prevenuti. Prevenuti in modo positivo. Dobbiamo confessare che avevamo amato intensamente la prima opera di Gabriele Mainetti Lo chiamavano Jeeg Robot di ormai sei anni fa. E come avevamo amato quella pellicola, allo stesso modo abbiamo amato (forse appena appena un po’ meno) Freaks Out.
Molte sarebbero la cose da dire su quest’opera che sarebbe dovuta uscire nei cinema già un anno fa ma la cui proiezione nelle sale è stata ritardata dalla pandemia di Covid-19.
La prima è che vedere i nazisti presi a calci nel culo è sempre piacevole per degli antifascisti come noi. Sì perché il film è ambientato nella Roma occupata dai tedeschi dopo l’armistizio dell’8 settembre ’43. E nella pellicola i nazisti, assolutamente odiosi e sanguinari, prendono poderose bastonate come meritano forse ai livelli di Inglourious Basterds di tarantiniana memoria.
La seconda, anche questa assolutamente e totalmente politica è che è bello vedere finalmente i partigiani dipinti come i buoni della situazione, come del resto vengono giustamente ricordati in tutta Europa tranne nel nostro sciaguratissimo paese dove i disastri provocati da 40 anni e più di revisionismo storico sono arrivati a metterli sullo stesso piano dei nazi e dei loro servi fascisti.
Dicevamo che la narrazione è ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale e per la precisione durante il collasso italiano del 1943.
I protagonisti sono i membri del Circo Mezza Piotta gestito da Israel, figura paterna e vero factotum. Si tratta di quattro personaggi dotati ancora una volta di superpoteri come l’Enzo Ceccotti di Jeeg e ancora una volta si tratta di esseri umani che vivono ai margini della società. C’è Matilda, la ragazza elettrica, Cencio capace di controllare gli insetti, Fulvio un uomo ricoperto da una fittissima peluria con una forza sovraumana e Mario un nano capace di calamitare gli oggetti metallici.
Nell’Italia devastata dai bombardamenti Israel espone ai suoi ragazzi il sogno di scappare a New York e dopo averli convinti e aver raccolto da ciascuno una quota di 300 lire si incammina verso la capitale per ottenere i passaporti senza però fare più ritorno.
Perso il suo collante il gruppo entra in crisi e, come da tradizione, si divide. Matilda in una banda di strani partigiani storpi e assetati di sangue nazista. Gli altri tre, allettati dall’idea della fama e di guadagni facili, decidono di “arruolarsi” (sbagliando i loro conti) nel fantasmagorico Circus Berlin, un circo tedesco che ha piantato il suo tendone nella città eterna. E proprio al Circus Berlin facciamo la conoscenza del villain: la figura iconica (come va di moda dire adesso) di Herr Franz, un tedesco con sei dita il cui sogno sarebbe stato quello di combattere per il Terzo Reich, ma che scartato dalla Wermacht come fenomeno da baraccone passa il suo tempo tra droghe, viaggi lisergici e onirici nel futuro, le serate di gala del circo e la forsennata e inconsapevole ricerca dei quattro ragazzi dotati si superpoteri.
L’incontro-scontro con i nostri eroi sarà in tutti i sensi pirotecnico…
I piani di discussione sull’opera di Mainetti possono essere diversi.
Freaks Out parla dell’eterno conflitto tra l’auto-assoluzione vittimista e la presa di coscienza delle proprie possibilità, tra il vivere ai margini e ritrovarsi a essere nonostante tutto eroi di una possibile liberazione. Parla di “mostri” che agiscono come esseri umani e esseri umani che si comportano da mostri.
Sicuramente è un film ricco di citazioni: da Roma città aperta a Sciuscià, da Fellini a Sergio Leone. Il tutto ben amalgamato e con una tensione narrativa che cede raramente anche se va detto che caricarsi sulle spalle il peso di certi giganti del nostro cinema è sempre un’impresa rischiosa e coraggiosa.
A suo modo si potrebbe definirla quasi Un’armata Brancaleone dei giorni nostri che ha tutte le carte in regola per emozionare diverse generazioni.
Metacinema puro, un film nel film dai fondali neorealisti ma che strizza l’occhio al fantastico, alla surrealtà.
E se vogliamo parlare di coraggio, ancora una volta, l’opera si discosta dal solito film italiano fatto di commedie e storie “di famiglia” cercando di osare e dare un respiro un po’ più ampio. Da qui la presenza di supereroi all’italiana e la volontà di narrare una favola che è anche una storia universale.
C’è poi il tema della mostruosità/deformità/emarginazione che già veniva trattato dalla pellicola dalla quale il film italiano trae spunto per il nome: Freaks di Tod Browning del 1932, un’opera disturbante che venne messa in croce da critica (tranne rare eccezioni come il New Yorker) e pubblico dell’America della Grande Depressione, ma che è stata rivalutata come vero e proprio capolavoro nei decenni precedenti. Un’opera che però, all’epoca, decretò nei fatti la fine della carriera del regista. Qui il gioco è facile. Di fronte alla mostruosità dei nazisti che rastrellano il getto di Roma e deportano gli ebrei ad Auschwitz-Birkenau sui carri piombati cosa può essere mai la deformità di un fenomeno da baraccone da circo?
C’è poi un ricchissimo uso di effetti speciale, alcuni da migliorare, ma nettamente superiori alla media della cinematografia italiana e una scena epica di battaglia finale veramente ben girata in ogni secondo.
Se fosse per noi promuoveremmo Freaks Out con un voto abbastanza alto.
Vediamo cosa farà il pubblico italiano nelle prossime settimane.
Barbara Raimondi
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