Il nostro futuro cinese

Recensione del libro Red Mirror di Simone Pieranni.

C’erano una volta Mao e la Rivoluzione culturale e dalle nostre parti poteva capitare di leggere la scritta la Cina è vicina. Era mezzo secolo fa e la Cina, in realtà, era lontanissima, ma da allora molta acqua è passata sotto i ponti, vecchi muri sono crollati e nuovi muri sono stati innalzati, il capitalismo si è fatto più pervasivo che mai, il mondo è cambiato e anche la Cina è cambiata, parecchio. E così, oggi la Cina è davvero vicina, anche senza tirare in ballo il virus partito da Wuhan per sconvolgere il mondo intero.

“Il nostro futuro si scrive in Cina” è, infatti, il sottotitolo perentorio scelto per Red Mirror, il libro di recentissima pubblicazione di Simone Pieranni, giornalista de il Manifesto e fondatore di China Files. Un libro che ci è piaciuto e che consigliamo di leggere, perché mette i piedi nel piatto di un tema su cui i nostri dibattiti registrano spesso un certo ritardo. Peraltro, si legge bene, è tascabile e il prezzo è assolutamente accessibile (14 euro per il cartaceo e 9,99 euro per l’ebook).

Red Mirror non è un libro sul Covid-19, ma sulla Cina, così com’è oggi, lontana dai vecchi stereotipi che tuttora imperversano e sempre più lontana anche dalla fabbrica del mondo. La Cina corre veloce e basta guardare alla storia recente di una delle città simbolo della Cina post-maoista, Shenzhen, per cogliere il carattere impetuoso dello sviluppo cinese. Mezzo secolo fa era ancora poco più di un villaggio di pescatori, poi Deng Xiaoping decise di installarvi una “zona economica speciale” e nel giro di un ventennio la città divenne uno dei principali centri manifatturieri mondiali. Alla fine del secolo scorso arrivarono le aziende tecnologiche e “oggi è considerata la Silicon Valley cinese”.

La Cina corre, in pochi decenni ha visto la fuoriuscita di centinaia di milioni di persone dalla povertà. Oggi investe miliardi su miliardi nella Belt & Road Initiative (la “nuova via della seta”) sul piano internazionale e in innovazione, istruzione e ricerca al proprio interno ed è protagonista con gli Usa di un “nuovo bipolarismo” e di una “sfida tecnologica globale”.

Ecco, quindi, la prima e semplice ragione perché questo libro va letto: per sintonizzarsi con la Cina così com’è.

Ma di che Cina si tratta, cosa ci dice e cosa comporta per noi? In fondo, il tema vero del libro di Pieranni ci pare sia proprio questo. Ed è anche la seconda ragione perché va letto.

Appunto, Mao è lontano anni luce e le riforme avviate a partire dalla fine degli anni ’70 “hanno finito infatti per creare meccanismi neoliberisti, ma ‘controllati’ dallo Stato”. In altre parole, oggi in Cina c’è un’economia capitalista molto competitiva, ma con “caratteristiche cinesi”, cioè con uno Stato onnipresente a garanzia della stabilità sociale. E, nel concreto, questo significa manodopera ipersfruttata, sia nella manifattura che nell’hi-tech, e controllo sociale rigidissimo.

Un modello che, ovviamente, non dispiace affatto alle aziende occidentali, che secondo l’autore potrebbero ripetere quanto già accaduto in passato, negli anni della fabbrica del mondo, “quando anziché portare i diritti del lavoro in Cina, le multinazionali hanno deciso di approfittare dei bassi salari e dei pochi diritti dei lavoratori cinesi per aumentare i propri profitti. Hanno così operato un dumping globale.” Pieranni chiama questo processo “sinizzazione del mondo del lavoro”

Buona parte del libro è poi dedicata alla questione del controllo sociale per mezzo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale, che nella Cina di Xi Jinping non è un semplice progetto, ma una cosa molto concreta e reale. Si va dal caso estremo e inquietante dello Xinjiang fino ai sistemi di credito sociale in sperimentazione in diverse città e settori, dai progetti di smart city alle applicazioni avanzate del riconoscimento facciale, dall’app onnivora WeChat alla Great Firewall. Tutte cose che interessano fortemente anche da altre parti, Usa e Europa compresi, in termini di business, di capacità di raccolta di dati e di controllo sociale.

La Cina odierna suscita reazioni e sensazioni contrastanti, anche dalla parte dei movimenti e degli ambienti di sinistra in generale. C’è chi subisce il suo fascino, che a volte è semplicemente il fascino dello Stato verticistico e centralista che riesce a mostrarsi efficiente nei momenti di crisi e caos, c’è chi non si fa troppe illusioni, ma se deve proprio scegliere preferisce la Cina agli Usa, e c’è chi è semplicemente spaventato di fronte all’ingegneria sociale cinese.

La Cina è tutto questo e anche molto altro, ma quello che qui importa e che non possiamo far finta di non vedere, è che quanto accade in Cina ci riguarda e ci coinvolge, che ci piaccia o no. Basti, peraltro, pensare a temi come 5G, intelligenza artificiale e big data, terreno di scontro reale, presente e futuro, tra Usa e Cina.

E il Covid-19? Cambierà qualcosa? Nessuno ha la sfera di cristallo e il fatto che Trump abbia alzato notevolmente il tiro nello scontro con la Cina, aggiungendo alla contesa strategica obiettivi di tipo elettorale, potrebbe anche provocare scenari non prevedibili e difficilmente governabili. Ma per il resto ci pare che l’emergenza abbia piuttosto agito da acceleratore di alcune dinamiche già in atto.

Non a caso, Pieranni, dopo aver ricordato il ruolo di una serie di tecnologie (app di tracciamento degli spostamenti, controllo dei contatti, nuovi sistemi di misurazione della temperatura, riconoscimento facciale, assistenti vocali, e-learning ecc.) durante l’emergenza sanitaria, conclude così Red Mirror: “Al di là dell’attuale situazione di emergenza, tutto questo in Cina è già realtà”.

Luciano Muhlbauer

Milano, 27 maggio 2020

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