“Il Re ombra” – Epopea (femminile) della resistenza etiope agli invasori italiani

“La razza bianca deve imporsi per superiorità affermata non pure assiomaticamente, ma praticamente.
Soltanto ci si confonde con chi ci assomiglia, da ciò la necessità di mantenere netta separazione fra le due razze bianca e nera; ciò non significa spregio ed umiliazione dei neri, significa invece differenziazione tra gli uni e gli altri. […]”.
(Dalle direttive del Ministro delle Colonie, Alessandro Lessona).

È il 1936, a maggio di quello stesso anno, dal balcone di Palazzo Venezia, Mussolini proclamerà la sconfitta dell’Etiopia e la nascita dell’impero italiano

Hailé Selassié, il sovrano etiope che aveva combattuto e resistito con il suo esercito, si ritira in esilio, lasciando il suo popolo definitivamente alla mercé degli aggressori italiani, guidati dai generali Badoglio e Graziani che non risparmieranno nessuno, soldati ribelli e civili inermi, dalle armi e dai gas, distruggendo interi villaggi, uccidendo centinaia di migliaia di persone e rendendo schiave le donne superstiti.

Etiope, naturalizzata americana, Maaza Mengiste ha raccolto i ricordi e i documenti del suo popolo per raccontarci una storia troppo spesso negata, quella degli “italiani brava gente”, solari e tutto sommato pacifici e incolpevoli, alle prese con la guerra. Quegli stessi italiani che in patria musicavano l’Africa e la sua gente in canzoncine orecchiabili o la raccontavano ai bambini con storie divertenti e fumetti e che furono invece i crudeli carnefici di un’intera nazione e della sua gente, considerata biologicamente inferiore e quindi ancor più indegna di rispetto.

Ma il “Re ombra”, è anche e soprattutto il racconto della resistenza degli uomini e delle donne etiopi.

Maaza Mengiste mette in scena, liricamente e epicamente, le vicende dei protagonisti di questa tragedia, a partire da Hirut, schiava-bambina di una famiglia nobile che come altre, schiave o nobili, è sottoposta a un durissimo regime patriarcale fatto solo di doveri e sottomissione.

Hirut che non possiede nulla, a parte il nome dei suoi genitori e un vecchio fucile affidatole dal padre. Hirut che non sa leggere e scrivere, Hirut che subisce la violenza del suo padrone. Hirut che non ha più lacrime, sarà tra le pochissime a non chinare la testa davanti a nessun uomo, nemmeno davanti a Ettore Navarra, fotografo dell’esercito italiano incaricato di ritrarre le “belle abissine” una volta catturate.

Navarra, l’italiano ebreo, che pur sentendo avvicinarsi l’aria della discriminazione antisemita, non riesce a fare nulla. Non prende posizione, resta tra gli spettatori inattivi e indifferenti che saranno poi veicolo di quel male che sono il razzismo e l’incapacità di accettare e comprendere l’Altro e che da lì a poco travolgeranno gli ebrei anche in Italia.

Intorno a Hirut e a Ettore, la natura potente dell’Africa. E una cuoca, una principessa, un colonnello e la sua colonna di soldati, una spia bellissima, ciascuno con la sua voce e intorno, il coro della storia, dei vincitori che saranno vinti e dei vinti e basta.

Scritto in una lingua che canta, forte di una documentazione storica precisa e puntuale, “Il Re ombra” è certamente uno dei migliori romanzi degli ultimi anni e, anche, una nuova occasione per riflettere.

Maaza Mengiste, Il Re ombra, Einaudi 2021, traduzione di Anna Nadotti.

Barbara Catalano

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