4 agosto 1974 – La strage dell’Italicus
Il 4 agosto 1974 un’esplosione di matrice fascista provocò 12 morti e 48 feriti sui binari dell’Appennino tosco-emiliano, a San Benedetto Val di Sambro. Un attentato di cui sono ancora ignoti gli esecutori perché come al solito coperture e depistaggi hanno portato all’assoluzione di tutti gli imputati .
All’1.23 della notte fra il 3 e il 4 agosto la quinta carrozza dell’Italicus Roma-Monaco, fu dilaniata da uno scoppio circa cento metri dopo l’uscita dalla lunga galleria dell’Appennino. L’Espresso 1486 era partito dalla stazione di Roma Tiburtina alle 20.35 ed era transitato da Firenze Santa Maria Novella a mezzanotte e mezzo, con 23 minuti di ritardo: fu proprio questo slittamento sull’orario previsto a impedire che l’ordigno esplodesse nel punto stabilito originariamente dagli attentatori, con conseguenze prevedibilmente ancora più gravi. Dall’esame del timer della bomba, infatti, si scoprì che sarebbe dovuta esplodere mentre il treno attraversava la Grande Galleria dell’Appennino e non a pochi metri dall’uscita. Il ritardo accumulato in corsa, invece, permise di risparmiare numerose vite. Dieci anni più tardi, un altro attentato all’interno della stessa galleria, quello del rapido 904 (23 dicembre ’84), costò la vita a 16 persone e ne ferì 267.
Il 5 agosto 1974 l’attentato fu rivendicato con un volantino, ritrovato in una cabina telefonica di Bologna, nel quale era scritto: “Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per l’autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti”. Giancarlo Esposti era un estremista di destra, ucciso nel 1974 da un carabiniere durante una fuga. Si trattava di un personaggio interno all’estrema destra a Bologna. Al volantino seguirono delle telefonate anonime al Resto del Carlino dello stesso tenore. L’autore sia del volantino che delle telefonate risultò essere Italo Bono, che venne individuato dalle Forze dell’Ordine la stessa sera del 5 agosto. In un primo momento furono quattro gli imputati principali nel processo per la strage dell’Italicus ed erano tutti esponenti del gruppo neofascista Ordine Nero, lo stesso che aveva rivendicato l’attentato attraverso il volantino.
Ma il 20 luglio 1983, il Presidente della Corte d’Assise di Bologna assolse tutti gli imputati per insufficienza di prove. Nel ricorso in appello, il 18 dicembre 1986, vennero condannati all’ergastolo due dei quattro imputati in primo grado: Mario Tuti e Luciano Franci. Le indagini avevano verificato la possibilità che l’ordigno fosse stato precedentemente posizionato, quando il treno era in sosta a Firenze a Santa Maria Novella, sulla quinta carrozza. Il 16 dicembre 1987, però, la Corte di Cassazione annullò le condanne sia di Mario Tuti sia di Luciano Franci. Quattro anni dopo, il 4 aprile 1991, entrambi gli imputati vennero assolti dalla Corte d’Appello di Bologna, assoluzioni che furono confermate in via definitiva dalla Corte di Cassazione il 24 marzo 1992.
I colpevoli non sono quindi mai stati trovati ma, secondo la Commissione parlamentare nel 1984, “la strage dell’Italicus è ascrivibile ad una organizzazione terroristica di ispirazione neofascista o neonazista operante in Toscana; che la Loggia P2 svolse opera di istigazione agli attentati e di finanziamento nei confronti dei gruppi della destra extraparlamentare toscana; che la Loggia P2 è quindi gravemente coinvolta nella strage dell’Italicus e può ritenersene anzi addirittura responsabile in termini non giudiziari ma storico-politici, quale essenziale retroterra economico, organizzativo e morale”.
Memoria Antifascista
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