Governo Draghi – Le biografie per Economia, Istruzione e Transizione Ecologica
Molti i mal di pancia (per usare un eufemismo) emersi a sinistra dopo la lettura della lista dei ministri effettuata ieri sera da Draghi. A parte la presenza dei tre nomi di Forza Italia Brunetta-Gelmini-Carfagna che sembrano riportare indietro l’orologio della storia di 15 anni fa si nota come in alcuni ruoli chiave siano stati piazzati tecnici di stretta osservanza “draghiana”, come la Lega riesca a piazzare due ministri in ruoli chiave per la gestione dei fondi come lo Sviluppo Economico e il Turismo e di come, sostanzialmente, dopo tante parole, i 5 Stelle siano i grandi sconfitti della partita visto che al tanto strombazzato Ministero alla Transizione Ecologica non va un esponente organico al movimento di Grillo. Qui alcune biografie di ministri in ruoli chiave: Economia, Istruzione e, per l’appunto, Transizione Ecologica.
Al Mef arriva Franco: l’uomo che tradusse la lettera della Bce.
Al posto di Gualtieri un «intimo» di Draghi: carriera in Bankitalia, poi Ragioniere dello stato che frenò il Reddito di cittadinanza. Le prime grane da affrontare: i soldi per gli stipendi di Alitalia e la ricapitalizzazione di Mps.
Il nuovo Ministro dell’Economia e della Finanza non è un uomo di Draghi. Di più.
Daniele Franco è l’uomo che tradusse la lettera della Bce scritta da Mario Draghi al governo Berlusconi in provvedimenti da prendere nel 2011. È l’uomo che da Ragioniere generale dello stato ha difeso i cordoni della borsa da ogni richiesta di spesa dal 2013 al 2019 con un lungo braccio di ferro sulle coperture per Reddito di cittadinanza e Quota 100.
Uomo della Banca d’Italia vi è tornato dopo l’esperienza da Ragioniere nel 2019 è tornato a Palazzo Koch, nominato direttore generale al posto di Fabio Panetta entrato nel direttorio della Bce.
Nato il 7 giugno 1953 nella piccola frazione di Trichiana, a poco più di 10 chilometri a ovest di Belluno, si laurea nel 1977 all’Università di Padova in Scienze politiche e l’anno successivo consegue un Master in organizzazione aziendale presso il Consorzio Universitario di Organizzazione Aziendale di Padova. Nel 1979 consegue un altro master, questa volta il Master of Science in economia presso l’Università di York in Inghilterra. Nello stesso anno, è assegnato al Servizio studi, entra in Banca d’Italia dove inizierà la scalata professionale, come si addice a un appassionato della montagna come lui, intramezzata per due volte da altrettanti incarichi di alto livello.
Dopo 15 anni, nel 1994 il passaggio a Bruxelles: lascia infatti gli uffici di via Nazionale per diventare Consigliere economico presso la Direzione generale degli affari economici e finanziari della Commissione europea.
Nel 1997 ritorna a Palazzo Koch, dove assume il ruolo di direttore della Direzione finanza pubblica del servizio studi. Dal 1999 al 2007 presiede il Gruppo di lavoro di finanza pubblica del Sistema europeo di banche centrali, mentre dal 2007 al 2011 è capo del servizio studi di economica e finanziaria.
Sempre in Banca d’Italia, nel 2011 e fino al 2013 è direttore centrale dell’Area ricerca economica e relazioni internazionali. In questa veste rappresenta la Banca d’Italia in comitati e gruppi di lavoro presso organismi internazionali ed è membro di gruppi di lavoro presso il ministero il Mef, la presidenza del Consiglio e l’Istat.
E’ qui che riceve da Draghi l’incarico di tradurre la lettera della Bce – scritta assieme a Trichet – per imporre l’austerità e riforme lacrime e sangue per salvare l’Italia dalla speculazione finanziaria e ridurre lo spread che ad agosto 2011 supera quota 500, producendo le dimissioni della coppia Berlusconi-Tremonti e l’arrivo del governo Monti, l’ultimo esecutivo tecnico prima del – misto tecnico-politici – del governo Draghi.
Da lì lascia nuovamente Palazzo Koch dal 20 maggio 2013 per assumere l’incarico di Ragioniere generale dello Stato. E frena prima Renzi-Padoan e poi Gentiloni-Padoan e infine Conte (uno)- Tria. Ogni spesa deve essere preventivamente coperta – è il diktat di Franco – e difatti per Reddito di cittadinanza e Quota 100 rimangono inutilizzati parecchi miliardi.
Chissà come saranno contenti della sua nomina al Mef quelli del M5s che lo hanno criticato ferocemente per la copertura – 10 miliardi – del Reddito di cittadinanza?
Franco però dal punto di vista delle pubblicazioni scientifiche non è un «falco» dell’austerità. Ha studiato i sistemi di protezione sociale e le politiche fiscali in Europa, ha pubblicato saggi sulla distribuzione dei redditi e la tassazione delle attività finanziarie, e si è dedicato al bilancio pubblico e al federalismo fiscale.
Vedremo come si comporterà come successore di Gualtieri in piena pandemia. Le prime emergenze da affrontare saranno i 20 milioni per pagare gli stipendi di febbraio degli 11 mila lavoratori di Alitalia alle prese con i conti in rosso e la ricapitalizzazione da 1,6 miliardi di Montepaschi, prima della probabile fusione con Unicredit, guidata da un altro suo predecessore: Pier Carlo Padoan.
di Massimo Franchi
da il Manifesto del 12 febbraio 2021
Patrizio Bianchi, l’ascesa dalla task force di Azzolina alla guida del Ministero dell’Istruzione.
Un’economista teorico del «territorio educante» in continuità con la stagione delle riforme che hanno trasfigurato la scuola italiana. In vista del «Recovery Fund» che il governo Draghi dovrà realizzare si spende molta enfasi a descrivere l’istruzione come «formazione professionale, competenze e eccellenze».
Il programma di governo del neoministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, docente di economia applicata e già a rettore a Ferrara con interessi sulla riforma della pedagogia e dell’istruzione, è stato esposto il 9 giugno 2020 in un’audizione alla Commissione cultura della Camera. In quella sede Bianchi espose le conclusioni del rapporto della «task force» voluta dall’ex ministra Azzolina e mai rese del tutto note. Con un’indubbia capacità comunicativa e retorica, basata sulla neo-lingua dei manager e degli economisti dell’istruzione, Bianchi ha ripreso il concetto di «autonomia» formalizzata dalla riforma Berlinguer-Zecchino (2000) e strutturata dalla «Buona scuola» di Renzi (2015), riforme-emblema di una stagione mai ripensata degli eredi del Partito Comunista convertiti alla pedagogia neoliberale.
Bianchi, più di recente, ha formulato la sua visione nel libro «Nello specchio della scuola. Quale sviluppo per l’Italia» (Il Mulino), questa «autonomia» è declinata nei termini di uno «sviluppo inclusivo e sostenibile» e nella logica di una sussidiarietà che cerca di equilibrare le esigenze delle imprese con quelle di un’economia basata sul concetto generico di «comunità». Rispetto all’enfasi neo-imprenditoriale alla Renzi, per intenderci, questo approccio è consonante con la nuova stagione ideologica che si apre con il governo Draghi: quella di un’economia sociale di mercato che considera l’istruzione e la ricerca come «investimenti» sul «capitale umano» mentre lo «sviluppo» è declinato come un’occasione di «inclusione» e di crescita della «comunità» e della «socialità». Concetti in fondo neutrali, ispirati a un generico umanesimo, usati per descrivere l’inserimento della scuola nei «patti di comunità», un’espressione che può essere intesa come il compimento del processo di disarticolazione della scuola della Costituzione. L’insistenza sulla coppia territorio-autonomia ha prodotto disuguaglianze sociali e povertà educative drammatiche che hanno creato un’autonomia differenziata nei fatti tra le scuole del Nord e del Sud, come si è visto anche nel conflitto permanente tra il governo «Conte 2» e le regioni nel corso del primo anno della pandemia.
A viale Trastevere, da oggi, si parlerà di «territorio educante». Bianchi considera questo concetto come il superamento della scuola basata sullo «specialismo della materia» e sulla «competenza disciplinare» verso nuove attività di «socializzazione». Questo approccio sembra perdere interesse rispetto alla prima comunità in cui dovrebbe realizzarsi la crescita culturale e personale degli studenti: la classe. Un obiettivo evocato da molte teorie come il «Cooperative learning», la «Flipped Classroom» (Classe rovesciata) o la « Jigsaw» (Classe puzzle) alle quali faceva riferimento l’ex ministra Azzolina quando ha imposto uno dei principali esiti del suo mandato: i banchi con le rotelle acquistati nel pieno della pandemia.
Nell’audizione di Bianchi alla Camera colpisce anche il progetto del superamento del gruppo classe; l’annuncio della rimodulazione degli orari delle lezioni decisa localmente; il consueto pegno pagato da tutti i riformatori della scuola dell’ultimo quarto di secolo alla pedagogia neoliberale delle competenze contenuta nei sillabi dell’Ocse.
Nella sua esposizione Bianchi parla di «collaborative problem solving skills», ovvero «le competenze per risolvere i problemi insieme». Formule di larghissimo uso tra i teorici della governance scolastica che segnano il passaggio dalla scuola intesa come elaborazione dei saperi e della conoscenza alla scuola come trasmissione della capacità di risolvere i problemi. Quest’ultima è l’attitudine richiesta al lavoratore «flessibile» che si adatta «creativamente» alla richieste temporanee dei cicli produttivi e all’andamento erratico del mercato del lavoro che richiede abilità e competenze «morbide» e «trasversali» e mai dense e critiche. Questo è l’orizzonte in cui si muove lo stesso «Recovery Fund» dove prevale una visione professionalizzante della scuola.
di Roberto Ciccarelli
da il Manifesto del 21 febbraio 2021
Cingolani, il fisico conteso tra Renzi e Grillo.
Roberto Cingolani alla transizione ecologica, il nuovo ministero voluto da Grillo.
Per la poltrona più misteriosa, quella del Ministero per la Transizione Ecologica, Mario Draghi ha scelto il fisico Roberto Cingolani, nato a Milano 59 anni fa.
Dopo un inizio di carriera tra Germania, Giappone e Puglia, dove ha diretto il Laboratorio Nazionale di Nanotecnologie di Lecce, negli ultimi tempi Cingolani era responsabile dell’innovazione tecnologica di Leonardo Spa. Ma il suo nome e il suo curriculum sono indissolubilmente legati all’Istituto Italiano di Tecnologie (Iit) di Genova. Dell’Iit Cingolani è stato direttore scientifico dalla fondazione, voluta nel 2005 dall’allora Ministra della ricerca scientifica Letizia Moratti e da quello dell’economia Giulio Tremonti, fino al 2019. Sotto la sua direzione, l’Iit ha sviluppato diverse linee di ricerca, anche di un certo rilievo, soprattutto nel campo delle nanotecnologie, delle neuroscienze e della robotica. Ma l’ente, e il suo direttore, è stato spesso al centro di polemiche per la sua natura ibrida di ente statale a statuto privato. Con la legge che ne decretò la nascita, il governo assegnò all’Iit un finanziamento di 100 milioni di euro per dieci anni, e oggi ci lavorano circa 1500 ricercatori, distribuiti in varie sedi sul territorio italiano.
La gestione di Cingolani è stata duramente criticata da altri esponenti della comunità scientifica italiana. Le accuse più dure sono arrivate dalla biologa molecolare e senatrice a vita Elena Cattaneo, che ha accusato l’Iit di procedure di reclutamento poco trasparenti e di una gestione disinvolta dei fondi ricevuti. Secondo la senatrice, infatti, l’Istituto avrebbe accantonato in banca circa 400 milioni di euro, soldi pubblici destinati alla ricerca. Sempre secondo le accuse di Cattaneo, l’accesso ai finanziamenti pubblici alla ricerca dell’Iit targato Cingolani non avrebbe seguito le normali procedure a cui devono sottostare gli istituti di ricerca di tutto il mondo, che hanno l’obbligo sottoporre i propri progetti di ricerca alla valutazione della comunità scientifica prima di ricevere i fondi.
Anche se non è un volto noto, negli ultimi anni Cingolani ha frequentato più di una volta le stanze della politica. A volerlo al ministero è stata Italia Viva, con il cui fondatore Cingolani ha da tempo un ottimo rapporto: da premier, Matteo Renzi affidò all’Iit di Cingolani la progettazione del polo scientifico Human Technopole, sorto sull’area milanese dell’ex-Expo. Fu l’ad Alessandro Profumo (nominato da Renzi) a condurlo alla Leonardo, che fornisce tecnologie militari aeree, navali e spaziali all’Arabia Saudita tanto cara a Renzi.
Il feeling tra Renzi e Cingolani nel 2019 ha anche portato il fisico sul palco della kermesse della Leopolda. Curiosamente, anche il Movimento 5 Stelle rivendica la nomina di Cingolani parlando di «un profilo e un risultato che abbiamo fortemente voluto». Altri dal M5S assicurano che sarebbe stato Beppe Grillo in persona a indicarlo a Draghi. Prima di Draghi, però, anche il governo giallo-rosso aveva reclutato Cingolani nella task force guidata da Vittorio Colao e incaricata di scrivere un piano di rilancio dell’Italia post-pandemia. I due si ritroveranno fianco a fianco nel prossimo consiglio dei ministri, dove potranno forse ricostruire che fine abbia fatto quel piano.
di Andrea Capocci
da il Manifesto del 21 febbraio 2021
Tag:
austerità biografie covid covid19 draghi emergenza fondi forza italia governo Lega ministri recovery fund tecnici