La Carta dei diritti degli abitanti per una Milano orizzontale

Come già scrivevamo ieri in occasione dello sgombero dell’occupazione abitativa di via Siusi mentre il tema della casa (fatto da un lato da affitti e prezzi sempre più proibitivi anche per il ceto medio e dall’altro dalla condizione terrificante del patrimonio di edilizia popolare) è finalmente arrivato sulle prime pagine dei giornali mainstream si è ancora una volta assistito alla distanza siderale che passa tra il dire e il fare resa plasticamente dal presidio degli sgomberati di ieri pomeriggio davanti alla sede della kermesse comunale sul diritto all’abitare. Dopo il pink e greenwashing tanto in voga in questa metropoli rischiamo ora di trovarci di fronte a un “housewashing”. In questo clima generale riprendiamo la “Carta dei diritti degli abitanti per una Milano orizzontale” un interessante documento frutto anche della mobilitazione per la casa in zona via Padova del 4 febbraio 2023.


Premessa: da Expo 2015 all’emergenza casa

Il tema della casa è ormai sulla bocca di tutti, ha pervaso anche il dibattito mainstream e nessuna cortina di fumo, per quanto brandizzata, potrà ormai offuscare questa evidenza. Da Expo 2015 in poi non si è fatto altro che esaltare il sistema Milano, come metropoli internazionale la cui economia è stata plasmata sugli eventi e la comunicazione, sul cibo, il turismo, la rendita finanziaria e immobiliare. Almeno negli ultimi dieci anni la città è stata raccontata come la terra promessa di un nuovo rinascimento urbano. Questo è avvenuto attraverso un’efficace campagna di marketing che ha reso la smart city un polo d’attrazione, un luogo di culto dove tutto accade. Nel frattempo però si è spesso concesso troppo alle imprese con la dismissione del patrimonio residenziale pubblico a discapito del bene comune, si pensi agli scali ferroviari, oltre al fatto che sono state cedute intere fette di welfare ai privati, nel nome del mero profitto, andando spesso contro gli interessi degli stessi abitanti.

In due anni di emergenza sanitaria, tra lockdown e restrizioni sociali, la pandemia ha manifestato tutte le contraddizioni e i limiti del “modello Milano”. Ricordiamo ancora tutte e tutti lo slogan “Milano non si ferma” che predicava dinamismo produttivo quando andavano anteposti ad esso il diritto alla salute e il senso civico di responsabilità verso la comunità. Quello che riscontriamo è che non solo i più fragili, ma che anche fette importanti di classe media impoverita si rivolgono per un pasto caldo o un pacco di beni di prima necessità all’associazionismo volontario e al mutualismo autogestito o si ritrovano sempre più spesso coinvolti in situazioni di forte disagio abitativo. Per queste ragioni ci scontriamo oggi con l’urgenza di dover ripensare al modello di città in cui viviamo, mettendo in discussione il vecchio paradigma di sviluppo per lasciare spazio all’idea di una città nuova, più aperta, inclusiva e solidale, maggiormente incline all’ascolto di ciò che si muove alla sua base, sul piano orizzontale.

Il diritto alla casa è il diritto alla città

Abitare significa un po’ amare lo spazio in cui si vive, condividerlo con gli altri e in una certa misura farlo proprio, soprattutto attraverso le relazioni che si costruiscono a livello politico, economico e culturale, a partire dalla sfera personale di ognuno di noi. Riteniamo per questo motivo che il diritto alla casa e ad un alloggio degno sia il mezzo necessario attraverso il quale ogni cittadino possa avere accesso alla città e al suo sistema complesso di servizi, reti e opportunità. Perciò decliniamo la possibilità di accedere allo spazio urbano e al suo contesto socio-culturale come frutto di una scelta da parte del cittadino, che esprime in esso un suo diritto fondamentale. Per cittadini intendiamo tutti coloro che con il proprio lavoro, la propria azione quotidiana, le proprie relazioni, desiderano vivere nel milieu metropolitano con l’obiettivo di conciliare tempo, territorio e finalità soggettive. Il reddito non può essere l’unico elemento discriminante, soprattutto se individuiamo l’ecosistema cittadino come il centro propulsore di energie vitali e plurali o come ambito di realizzazione del confronto pubblico e del dialogo, nel nome della giustizia e dell’equità sociali.

Siamo convinti che occorra un significativo cambio di passo da parte delle istituzioni e dei decisori pubblici, in termini di analisi, di pianificazione e di capacità di intervento della governance. Intendiamo perseguire questo obiettivo rivolgendoci innanzitutto al Comune di Milano, poi a Regione Lombardia, sino ad arrivare a stimolare il dibattito attorno al diritto all’abitare sul piano nazionale ed europeo, perché quello che è emerso è che troppo poco si fa per affrontare questo tema. Dal nostro punto di vista di osservatori privilegiati abbiamo avuto la possibilità di toccare con mano una crescente sofferenza abitativa nelle classi più povere e nel ceto medio, caratterizzati dall’impossibilità di accedere al mercato “libero”, i cui prezzi sono ulteriormente lievitati negli ultimi due anni, a partire dagli affitti. La posizione economica dei soggetti più a rischio si è aggravata, non dobbiamo dimenticarlo, in seguito all’aumento dei costi dell’energia e al carovita. Questi fattori hanno contribuito a creare un impoverimento di chi viveva già in condizioni precarie, nella totale mancanza di soluzioni politiche consone.

Quattro semplici “mosse” promosse dal basso

Come comitato Abitare in via Padova abbiamo organizzato una mobilitazione sul diritto all’abitare, qualche settimana fa, dopo aver raccolto durante la primavera scorsa più di mille firme nel quartiere, poi consegnate al Presidente di zona 2 e all’Assessore alla Casa del Comune di Milano. Alla manifestazione hanno partecipato diverse realtà politiche, sociali, sindacali, studentesche e religiose attive in quella porzione di città che si trova tra via Padova, Loreto e viale Monza, denunciando l’emergenza abitativa e rivendicando collettivamente il diritto alla casa come una questione pubblica da porre al centro dell’agenda politica. Ad oggi le risposte da parte degli amministratori rimangono futili e irrilevanti. Quello che chiediamo è di ragionare sui singoli punti da noi sollevati e di lavorare a soluzioni incisive capaci di rispondere al fabbisogno reale delle persone.

Va realizzato, a nostro avviso, un piano capillare e strutturale dei quartieri che renda disponibili alloggi dignitosi alle fasce di reddito più povere e a tutti coloro che si trovano in stato di necessità, nessuno escluso, con una distribuzione armonica dei servizi su tutto il territorio metropolitano. Va rivisto il modello dell’housing sociale e studentesco, attualmente escludente, perché distorto e ad esclusivo appannaggio degli investitori privati, che non garantiscono al settore pubblico e agli abitanti trasparenza e pubblica utilità, incentivando le soluzioni in locazioni d’affitto a canone calmierato, abbassando le soglie di reddito a chi ne ha effettivamente bisogno e disinnescando le speculazioni nei riscatti nell’edilizia convenzionata. Vanno promossi piuttosto le attività e il ruolo della cooperazione sociale no profit sul diritto alla casa, in termini di risorse e competenze, perché può rappresentare una funzione decisiva nella programmazione strategica del territorio.

Chiediamo una regolamentazione puntuale del mercato degli affitti brevi, sia per una questione di concorrenza rispetto all’intero settore alberghiero, sia perché, essendo ormai quasi diecimila gli appartamenti destinati all’uso turistico, presenti sulle piattaforme digitali come Airbnb e Booking, sottrae immobili per l’affitto a medio lungo termine favorendo l’aumento dei canoni. Il dato rilevante è che più della metà di questi appartamenti sono gestiti da società di intermediazione, a cui andrebbero applicate norme e tassazioni specifiche. Molte sono le esperienze virtuose all’estero da prendere in considerazione. Va aperto un discorso a tal proposito anche in vista delle Olimpiadi Invernali a Milano.

Auspichiamo, in controtendenza rispetto all’indirizzo generale delle istituzioni locali e nazionali, la sospensione della svendita del patrimonio residenziale pubblico (ERP), la messa in sicurezza degli alloggi e l’assegnazione delle case vuote, a chi possiede i requisiti necessari; va messo in conto il potenziamento dell’offerta pubblica a lavoratori precari, migranti e studenti, attraverso per esempio la ristrutturazione di edifici dismessi, dal pubblico o dai privati, tramite un’agenzia comunale. Chiediamo inoltre che questa agenzia possa procedere, in caso di intensa criticità abitativa, per ragioni di sicurezza sanitaria o di incolumità ambientale, con l’acquisizione di immobili privati da parte del pubblico. Vanno invece rafforzate le misure previste per le emergenze abitative e sospesi i procedimenti di sfratto per le famiglie in morosità incolpevole, predisponendo per essi un piano di rientro sostenibile.

Gli oneri di urbanizzazione sono a Milano tra i più bassi d’Europa, vanno innalzati in modo da finanziare con gli introiti investimenti sull’edilizia pubblica e il fondo salvasfratti, riconsiderando gli indici e il consumo di suolo. Lo sfitto va contrastato con determinazione perché il vuoto è funzionale alla speculazione e per questo va sanzionato, in quanto terreno fertile per il mercato sommerso. I piccoli proprietari vanno incentivati a mettere in affitto le loro case di proprietà a medio lungo termine e motivati all’utilizzo del canone concordato, strumento che va sostenuto e reso efficace. Vanno tassati invece in maniera congrua e progressiva i multiproprietari, sopra le tre unità abitative. Vanno richieste quote di alloggi a canone sociale anche su interventi di medie e piccole dimensioni e aumentate quelle previste nei grandi piani di riqualificazione.

Buone pratiche di esercizio all’impegno democratico: la città orizzontale

Il dibattito deve riguardare anche lo sviluppo di un metodo, non soltanto il merito, perché in più di un’occasione negli anni i movimenti dal basso si sono ritrovati davanti ad un muro di gomma rispetto alle istanze presentate sulle trasformazioni urbane. Riteniamo invece che il termometro dello stato di salute di una democrazia dipenda dalla capacità delle istituzioni di coinvolgere e di invitare alla partecipazione i propri cittadini. Per cui proponiamo la costituzione di un Osservatorio Pubblico Permanente dell’Abitare e la convocazione repentina di un tavolo metropolitano con tutte le realtà che si occupano di diritto alla casa, per poter affinare il dialogo sociale tra le parti e condividere strumenti e argomenti utili alla causa e al bene comune.

Documento scritto e promosso dal comitato Abitare in via Padova

Firme degli aderenti (lista in aggiornamento)

Amici del Parco Trotter

Via Padova Viva

Cooperativa Comin

Cooperativa B-CAM

Casa della Cultura Musulmana

Associazione Villa Pallavicini

Sicet Milano

Udu Milano

Mutuo Soccorso Milano

Up – Su la testa! Milano

Associazione Fabrizio Casavola

Fabbrica di Olinda Cooperativa Sociale

Associazione culturale APIS

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