L’Eurogruppo è un ring: un continente spaccato sui bond e sul Mes

Alle 22 di ieri, ora in cui andiamo in stampa, l’Eurogruppo dei ministri economici non aveva raggiunto un accordo sul «pacchetto economico più ambizioso di sempre». Così il suo temerario presidente Mario Centeno ha definito una serie di misure da 500 miliardi di euro complessivi, un terzo di quelli ritenuti necessari da una valutazione dei commissari Ue all’economia e al mercato interno Paolo Gentiloni e Thierry Breton a proposito dell’istituzione di un «fondo comune» per finanziare il debito e gli investimenti ritenuti necessari per ricomporre le società europee devastate dalla crisi.

Iniziata con un’ora di ritardo alle 16, la video-riunione è stata interrotta dopo le 19 per cercare di definire un testo diverso dalle prime conclusioni rifiutate dai 13 paesi che chiedono di definire tale «fondo». Un nuovo eventuale testo sarà presentato ai capi di Stato e di governo della Ue dopo Pasqua. E, anche in quel caso, non è detto che ci sia ancora un accordo. Al centro della contesa ieri c’erano tre problemi: il «Fondo Salva Stati» (Mes) alleggerito delle condizionalità rigide previste nel 2012 con crediti da 240 miliardi di euro. All’Italia andrebbero circa 35 miliardi, poco più di quelli stanziati per il «Decreto Cura Italia»; il fondo per le casseintegrazioni da 100 miliardi da dividere tra i paesi membri; un sostegno alle imprese dalla Banca Europea degli Investimenti (Bei) con 200 miliardi alle Pmi. In tutto 500 miliardi, una goccia nel mare. Il governo italiano ha chiesto un raddoppiamento a mille miliardi. Il tutto sarebbe ribattezzato nei termini di un «European recovery plan» vagheggiato in questi giorni dal premier Conte.

Su questo modesto spartito si è replicato lo scontro tra un’Italia che prima ha proposto un Mes senza condizioni, e poi l’altro ieri è sembrata rifiutarlo. In realtà si tratta su un Mes che mantiene solo il nome, privo dei limiti attuali che aprono le porte all’austerità. Un’idea ritenuta però inaccettabile per la Germania e i suoi satelliti che hanno aperto a una versione meno condizionanti di un Mes limitato all’emergenza. Una condizione rifiutata dal governo italiano che teme per la propria tenuta perché i Cinque Stelle sono contrari in ogni caso.

La Francia accetterebbe invece il Mes rivisto entro certi limiti, ma impone un riferimento chiaro al «fondo comune». La Germania accetterebbe il Mes in formato «light» ma è contrario al fondo. Anche la Commissione Ue procede su posizioni differenziate, e senza un accordo politico preventivo, sulla gestione del “dopo”. La presidente Ursula von der Leyen e il vicepresidente Valdis Dombrovskis sostengono l’idea di un »piano Marshall» centrato sul bilancio Ue, mentre i commissari Gentiloni e Breton lanciano una loro idea di fondo comune simile a quello richiesto dalla Francia.

Il «bond comune» tratteggiato da questi ultimi è un «nuovo meccanismo al di fuori del quadro finanziario pluriennale” che si possa “articolare” con quello esistente, ovvero il pacchetto in discussione ieri: Fondo Salva Stati «light», investimenti della Banca Europea degli Investimenti (Bei) e meccanismo di assicurazione contro la disoccupazione «Sure» («Sicuro»). Tale pacchetto è stato definito una «risposta a breve termine» dalla ministra dell’Economia spagnola Nadia Calvino. Il fronte dei 13 paesi, tra i quali ci sono anche Italia e Francia, ritiene essenziale il riferimento chiaro a uno strumento, dentro o fuori di quanto già esiste nell’Ue non importa. Una volta formulata la sua esistenza, può essere un messaggio da inviare sia ai mercati finanziari che ieri hanno osservato la situazione con un rialzo diminuito in serata, sia alle opinioni pubbliche nazionali. Per le ragioni analoghe, ma a parti rovesciate, la partita è stata giocata nel campo avverso dei paesi «del Nord». Quello che colpisce in questa diplomazia economica caotica è l’assenza di un disegno politico complessivo e di una visione qualitativamente diversa da una mera somma di interessi nazionali o intergovernativi contrapposti.

La tensione ieri in Italia era al massimo. Il presidente della Camera Roberto Fico ha scritto ai suoi omologhi europei; quello del parlamento Ue David Sassoli ha detto che se «crolla uno crollano» tutti gli stati europei, stessa idea dal Ministro degli Esteri Di Maio. Il presidente della Repubblica Mattarella ha fatto appello alla solidarietà europea: «La valenza universale del diritto alla salute ci chiama a un impegno di carattere globale, mettendo da parte egoismi nazionali – ha detto – Tutti i paesi sono chiamati a una corresponsabilità di carattere globale». Gli esiti di questa attesa potrebbero deludere molti.

di Roberto Ciccarelli

da il Manifesto dell’8 aprile 2020

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