Primo match pre-elettorale. A Bologna vincono le sardine
Salvini lancia la candidata presidente Lucia Borgonzoni. Diecimila in piazza rispondono: «L’Emilia non si Lega». n corteo anche i centri sociali tenuti a distanza dal PalaDozza con gli idranti.
Alle 20 e 30 in punto Piazza Maggiore si illumina quasi a giorno e due enormi striscioni vengono alzati al cielo. «L’Emilia-Romagna non si lega», dicono. Mentre succede diecimila persone urlano di gioia e sventolano le loro sardine di cartone. Ma davvero la Lega si batte con l’ironia? «Perché no? Intanto abbiamo dimostrato di essere più di loro, molti di più», dice una signora sorridendo. In testa una sardina cartonata di uno scintillante colore blu marino. E così un evento Facebook nato quasi per gioco in un paio di settimane si è trasformato nella risposta di Bologna alla calata leghista. Doveva essere la serata di Matteo Salvini e dei suoi 5mila fan radunati nel palazzetto dello sport cittadino, è diventata la serata della «sardine» e della «Bologna che non si Lega». Sardine che sono arrivate, di cartone, di polistirolo, di legno e di mille altri materiali nella piazza cuore della città in una risposta, concreta e di massa, a una chiamata virtuale.
«Dobbiamo essere più dei 5.500 attivisti che Salvini porterà al Paladozza», si sono detti quattro ragazzi, nessuna tessera di partito in tasca e nel cuore la paura della vittoria delle destre sovraniste il prossimo 26 gennaio, quando ci saranno le elezioni regionali. A rispondere è stata tutta la città. Una chiamata ironica e scanzonata partita dal basso («Seimila sardine contro Salvini» il nome dell’evento Facebook) a cui si sono accodati i partiti, il Pd, la lista della sinistra Emilia-Romagna Coraggiosa, i Verdi.
A dire NO alla Lega anche un corteo organizzato dai centri sociali. «Bologna è partigiana», hanno urlato gli attivisti tenuti a distanza dal palasport leghista dagli idranti della polizia che a ripetizione ha tirato sui manifestanti. Il corteo, duemila persone circa, ha poi bloccato i viali, e per qualche tempo inchiodato in mezzo alla strada alcuni bus pieni di leghisti pronti a sbarcare per il comizio del loro leader.
Lui, Salvini, si è presentato ai cronisti prima di concedersi alla folla. Non ha risposto a chi gli chiedeva conto dei dati che dimostrano l’assenteismo della sua candidata, la senatrice Lucia Borgonzoni, in consiglio comunale a Bologna. «Non si fa più vedere da un anno e mezzo», è l’accusa. «Sapeste di quante cose accusano me», taglia corto Salvini. E alla domanda sul caso Cucchi e sulle condanne dei carabinieri prima svicola con il classico «se qualcuno ha sbagliato dovrà pagare». Poi precisa di essere vicino alla famiglia, di non doversi scusare di nulla, e infine butta lì un terribile «questo testimonia che la droga fa male sempre e comunque».
Attorno al leader del Carroccio i leghisti, entusiasti e festanti. C’è Pietro, 80 anni appena compiuti e leghista da 20. «Prima votavo sinistra, poi mi hanno abbondato». C’è la famiglia di Parma, con la figlia più piccola di 18 anni con in mano il cartello «Qui di rosso resterà solo il lambrusco». Ci sono le signore bolognesi che si lamentano della sanità d’eccellenza sì, ma con liste d’attesa a volte lunghissime, e che raccontano le loro disavventure nei pronto soccorso cittadini. «Entrata alle 14 uscita alle quattro del mattino», dice la signora Clara elencando i suoi malanni. Temi reali, e infatti la Lega sulla sanità sta facendo una campagna martellante, con l’aggiunta ovviamente delle sue bandiere classiche: la lotta agli stranieri, le case popolari solo agli italiani, le accuse a una regione dove la disoccupazione è bassissima ma, a detta del Carroccio, si lavorerebbe solo con la tessera del Pd.
Il duello a distanza tra Salvini e le «sardine» segna il vero inizio di una campagna elettorale che nei prossimi mesi infurierà in tutta la regione. «Starò qui 80 giorni», ha detto l’ex-Ministro dell’Interno che spera di espugnare l’Emilia-Romagna e da lì tornare al governo. Lontanissimi i tempi che lo vedevano, leader di un partito al 4% nazionale arrivare a Bologna per cercare visibilità. Come quando, nel 2014, si presentò sotto le Due Torri per contestare la presenza di un campo sinto e la sua auto fu attaccata da alcuni attivisti. Ieri la decisione del Tribunale di rinviare a giudizio 20 di loro.
di Giovanni Stinco
da il Manifesto del 15 novembre 2019
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