Direct Line annuncia 200 esuberi. Scioperi immediati

13423738_545134242341692_308551718338128066_nIl 10 Giugno Direct Line, gigante delle assicurazioni on-line, ha convocato le rappresentanze sindacali e annunciato 200 esuberi su un personale di 847 dipendenti. Rischierebbero quindi il posto 1/4 dei lavoratori dell’azienda. L’impresa, nella stessa riunione, ha disdetto il contratto integrativo aziendale e altri accordi stipulati in precedenza con pesantissime ricadute economiche immediate.

Il mercato delle polizze auto è in crisi da qualche anno e l’azienda sta perdendo quote di mercato. Come da tradizione italica però si procede con la “privatizzazione degli utili e la socializzazione delle perdite”. Il management, lungi dall’assumersi qualsiasi responsabilità scarica il peso della crisi sui lavoratori e taglia i costi nel modo più semplice e scontato di sempre: licenziando.

Due anni fa c’è stato il trasferimento in un’unica sede a Cologno Monzese di tutti i lavoratori. Qui i dipendenti gestiscono tutte gli aspetti del mondo assicurativo; dall’amministrazione al call center per i vari servizi. L’età media è abbastanza bassa, inferiore ai 40 anni e i contratti sono tutti a tempo indeterminato. La disdetta dell’integrativo e degli accordi pregressi avrà una pesante ricaduta sulle buste paga e sulla gestione dei turni (uno degli elementi da sempre più problematici del mondo dei call center).

13419018_10208327409401797_3038339476487811120_nDi fronte a un attacco così duro i lavoratori non sono stati a guardare e sono scesi immediatamente in sciopero. Le partecipatissime assemblee hanno approvato un pacchetto di 40 ore di sciopero con tanto di corteo. Oggi è in corso il secondo giorno di blocco degli ingressi dell’azienda.

Il mondo delle assicurazioni on-line ha avuto un vero e proprio boom negli anni 2000 a ruota del boom del mondo dei call center degli anni ’90. In quegli anni le grandi aziende esternalizzavano i servizi alla clientela per abbattere i costi. Sfruttando gli ampi margini messi in campo della leggi Treu e Biagi sul lavoro i call center hanno proliferato e si sono diffusi come funghi utilizzando migliaia e migliaia di lavoratori precari con contratti co.co.co. e successivamente a progetto.

Le commesse avevano prezzi irrisori grazie al bassissimo costo del lavoro e all’altissimo turnover tra i dipendenti. A metà anni 2000 l’operatore di call center era a tutti gli effetti il soggetto precario per antonomasia. Poi sono venute una serie di lotte condotte dai lavoratori sul territorio nazionale che hanno svelato l’inganno. I lavoratori dei call center non erano lavoratori “autonomi” come i loro contratti avrebbero lasciato immaginare. Erano lavoratori subordinati a tutti gli effetti e non avevano nessun lavoro “a progetto” da svolgere.

Da lì la circolare Damiano (allora Ministro del Lavoro del secondo governo Prodi) che obbligava le aziende ad assumere i lavoratori dell’inbound (chiamate in ricezione e non in uscita) con contratti a tempo indeterminato o determinato. La circolare Damiano ha in qualche modo posto fine a quella che potrebbe essere definita “l’era d’oro” dei call center.

Moltissime aziende, prive di un reale piano industriale, ma che si basavano solo sullo sfruttamento selvaggio di centinaia di lavoratori hanno chiuso. In aggiunta a ciò, molte grandi aziende, insoddisfatte per la qualità dei servizi, hanno riportato all’interno del perimetro aziendale i servizi alla clientela facendo crollare il numero di commesse disponibili sul mercato. Come se non bastasse altre aziende hanno deciso di delocalizzare aprendo call center nei Balcani o in Romania. Questo un breve sunto degli ultimi 20 anni.

Continueremo a seguire la vertenza.

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