Un’altra soddisfazione persa
Sono riusciti a togliermi (ci) anche il gusto di poter essere felici per la caduta, forse, senza gridarlo forte, definitiva di uno dei più squallidi figuri che l’Italia repubblicana ha mai visto. Berlusconi. Figlioccio di Licio Gelli, capace di sdoganare i fascisti portandoli (quelli ripuliti) al governo o finanziandoli a livello locale, Silvio ha cambiato la politica istituzionale trasformandola in puro show televisivo, ha creato un immaginario legato all’Io, al possesso, all’individualismo, all’appararire, al sessismo e machismo, alla subalternità tra chi riesce e chi viene sfruttato e molto altro. Questo in breve il Berlusconismo fenomeno sociale agghiacciante che passa dall’ignoranza come forma di media della quale essere fieri (e governabili) e arriva alla distruzione dei diritti in nome della produzione e dell’accumulazione di denaro e potere.
Ecco sicuramente quattro righe per descrivere 17 anni di Berlusconi uomo politico sono poche, pochissime, e non possono rendere la gravità del fenomeno da lui creato e che purtroppo non cadrà con lui.
Ma il centro del contendere non è questo.
Come si fa a non festeggiare la sconfitta di un personaggio del genere? Facile rispondere? In parte. Diciamo così ne le modalità della sua caduta ne il futuro che ci si prospetta possono essere tralasciate.
Berlusconi è stato sconfitto dall’economia finanziaria, dalle borse, dalle banche e dalla sua incapacità di “gestire” la crisi secondo le regole che BCE e FMI chiedevano. I commenti su facebook, ripresi da siti di informazione o umoristici, da ieri alle 21.43 a stamattina regalano perle di saggezza popolare. Eccone alcuni esempi ” i mercati sono riusciti li’ dove la sinistra italiana ha fallito….”, oppure ” ”I politici sono i camerieri dei banchieri. In certi caso il servizio e’ così pessimo che i banchieri si servono da soli.”
Il problema è proprio rinchiuso in queste due frasi. Da un lato la mancanza di un’alternativa politica capace di poter essere in qualche maniera portatrice dei bisogni delle persone e capace di avere il coraggio di essere radicalmente critica rispetto alla crisi del capitalismo e capace quindi di non essere succube di banche, agenzie di rating e borse. Un’alternativa capace di dire cose semplici e chiare del tipo che la sovranità nazionale non è in discussione, che bisogna ripartire dai beni comuni, che il debito non va pagato e che è impossibile ed impensabile che uno stato possa fallire, uno stato non è un azienda. Dall’altro la soluzione ai nostri problemi dovrebbe essere un governo tecnico presieduto da Mario Monti che sarà emanazione diretta delle volontà di chi ha creato la crisi, e che prova ad uscirne senza sapere come, cioè delle banche con in testa la BCE e delle grandi istituzioni trans-nazionali FMI e Banca Mondiale, cioè un governo che dovrà fare cose talmente inpopolari che nemmeno Mr Silvio poteva realizzare (e che nessun altro ha il coraggio di realizzare). Piu’ profondamente manca un’alternativa reale a questo sistema.
Il punto di partenza è il lascito del governo Berlusconi con tanto di maxi emendamento inserito nel patto di stabilità, emendamento che parla, tra le varie cose, di allungamento dell’ età pensionabile,di liberalizzazioni,di privatizzazioni,della creazione di un’ “area di interesse strategico nazionale” nella zona di Chiomonte, cioè creare una zona militare per fare il TAV, opera inutile e costosissima e altre perle che ci fanno capire come la partecipazione e la democrazia siano nemici di questo governo (e di quello tecnico) e della finanza. Se vi chiedete il perchè la risposta è che le privatizzazioni dei servizi pubblici significano cancellare l’esito del referendum sull’acqua di metà giugno. Creare un’ area di interesse strategico nazionale per bloccare l’eccedenza sociale che fa si che un intera valle resista alla creazione di un infrastruttura significa fregarsene delle volontà delle persone. Il punto di arrivo sarà sicuramente peggiorativo è sarà l’esplicitazione delle volontà di banchieri e finanza.
De Andrè cantava “Certo bisogna farne di strada da una ginnastica d’obbedienza fino ad un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza però bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni” parafrasando io penso che non si possa essere così coglioni da pensare che i cambiamenti, i bisogni ed i diritti arrivino grazie ad un governo illuminato. I cambiamenti arrivano su spinta dei movimenti, della partecipazione, delle moltitudini, una spinta così forte da diventare eccedenza e rompere gli argini della consuetudine e obbligare chiunque ad prendere atto di quel portato.
Ma penso anche che oggi moltissima gente si senta appagata dalla caduta di Berlusconi e non capisca la drammaticità delle prospettive di un governo di unità nazionale quindi questo appagamento rischia di alzare gli argini da rompere. Le elezioni non avrebbero cambiato le nostre esistenze, si sarebbe andati in continuità con il presente, perchè tra PDL e PD (ed in generale il centro sinistra nel suo insieme) c’è solo una L di differenza e quella L non è sinonimo di politiche economiche, però avrebbero obbligato il mondo della politica istituzionale a fare i conti con la realtà. Si avrei voluto elezioni immediate. Anzi non avremmo dovuto accettare il governo tecnico, ma purtroppo tra i movimenti è un tabù parlare di politica di palazzo e se lo fai vieni tacciato di essere un moderato mentre secondo me se vuoi incidere politicamente quello che avviene tra Montecitorio e Senato è una variabile da tenere sotto controllo e con la quale rapportarsi conflittualmente perchè non si può far finta che le nostre vite non dipendano anche da quel che accade li.
Usciamo dal governo Berlusconi nel peggiore dei modi possibili. Ed il futuro sembra solo più tetro.
Il futuro però non è scritto, dobbiamo scriverlo noi e possiamo scriverlo noi, ma spetta solo a noi.
Andrea Cegna, Milano In Movimento
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