Assedio a Nablus, Israele spara in strada: 10 uccisi e 100 feriti

Nablus come il campo profughi di Jenin. Sono dieci, ma il bilancio è destinato a salire, i palestinesi uccisi ieri durante un’incursione di unità speciali dell’esercito e della guardia di frontiera di Israele a Nablus, la seconda città per importanza della Cisgiordania occupata.

Tra i morti anche un ragazzo di 16 anni e due uomini di 71 e 61 anni. I feriti sono oltre cento, 47 dei quali colpiti da proiettili veri. Alcuni sono in condizioni critiche. La strage è avvenuta dopo l’intesa mediata appena qualche giorno fa dagli Stati Uniti e con cui l’amministrazione Biden avrebbe imposto a israeliani e palestinesi di evitare mosse unilaterali. A quanto pare gli obblighi sono solo per i palestinesi che nei giorni scorsi hanno anche ritirato al Consiglio di Sicurezza Onu la bozza di risoluzione di condanna delle colonie israeliane. Decisione incomprensibile per gran parte dei palestinesi.

La tensione ieri sera era molto alta e, da Gaza, Abu Obeida, il portavoce delle Brigate Ezzedin Al Qassam, il braccio armato del movimento islamico Hamas, ha avvertito che «la pazienza della resistenza sta per esaurirsi», lasciando intendere che la sua organizzazione potrebbe reagire con azioni militari e lanci di razzi contro Israele. Simili gli ammonimenti del Jihad islami e altre formazioni palestinesi.

La Fossa dei Leoni, gruppo di combattenti palestinesi che non fa riferimento ad alcuna forza politica, ha chiesto in un comunicato «a tutti coloro che non vogliono stare a guardare ed essere uno strumento al servizio dell’occupazione (israeliana) di difendere Nablus».

Gli uccisi sono Mohammad Al Junaidi, 25 anni; Adnan Baara, 71 anni; Tamer Minawi, 33 anni; Musab Awais, 27 anni; Hussam Aslim, 24 anni; Mohammed Abdel Ghani, 23 anni; Walid Dakhil, 23 anni; Abdel Hadi Ashqar, 61 anni; Jasser Qanir, 23 anni; e un ragazzo, Mohammad Shaaban, 16 anni.

Obiettivo iniziale delle unità speciali israeliane era arrestare (o eliminare) Hussam Aslim e Mohammad Al Junaidi, ricercati dall’intelligence perché presunti responsabili, sostiene il portavoce militare, dell’uccisione di un soldato, Ido Baruch. Hanno circondato la casa dove i due si nascondevano con un altro giovane intimando la resa. Dall’interno hanno risposto che non si sarebbero mai consegnati alle forze di occupazione.

Allo scontro a fuoco è seguito il lancio di un missile anticarro israeliano contro l’edificio. La morte dei tre all’interno è stata istantanea. I loro corpi senza vita sono stati estratti qualche ora dopo dalle macerie da cui si è alzata per ore una colonna di fumo.

Nello stesso momento nel resto della città vecchia, in via Hittin e in tutta Nablus divampava la rabbia degli abitanti chiamati con gli altoparlanti delle moschee a difendere la città. Gli scontri più duri sono avvenuti nel quartiere Al Sheikh avvolto nel fumo dei copertoni dati alle fiamme e dei lacrimogeni. È stata una strage.

Guidati da droni ed elicotteri, i tiratori scelti dell’esercito hanno ucciso sette persone. Tutti «terroristi» secondo le autorità israeliane, incluso il 71enne Baara colpito da un proiettile mentre era a breve distanza dalla panetteria dove si stava recando. Un video circolato sui social mostra il suo corpo senza vita a terra, in mezzo alla strada. Negli ospedali di Nablus – Rafidia, Al Arabi, Al Najah e Al Ittihad – è stata emergenza tutto il giorno per l’arrivo nel giro di due ore di oltre cento feriti da proiettili e intossicati dai gas lacrimogeni.

I servizi di soccorso hanno denunciato che i soldati hanno impedito per molti minuti alle ambulanze di raggiungere i feriti. Le forze israeliane hanno lasciato Nablus solo dopo alcune ore sotto una pioggia di sassi scagliati da centinaia di giovani palestinesi. Nessuno può prevedere cosa accadrà nei prossimi giorni. In un’atmosfera da Seconda Intifada, tutte le forze politiche palestinesi, incluso il movimento Fatah del presidente dell’Anp Abu Mazen, hanno proclamato uno sciopero generale in segno di lutto e appelli a resistere all’occupazione.

È enorme il danno per l’Anp provocato da quest’ultima strage in una città palestinese che, almeno ufficialmente, è sotto la sua amministrazione. Il premier Mohammed Shttayeh ha denunciato con forza l’attacco militare israeliano.

Ma proprio ieri i media hanno riferito che l’Anp avrebbe accettato in linea di principio il piano del generale americano Mike Fenzel, coordinatore degli affari di sicurezza presso l’ambasciata Usa a Tel Aviv, per ripristinare il controllo dei servizi di sicurezza palestinesi su Jenin e Nablus. Prevede in particolare l’addestramento di 5mila agenti speciali in Giordania, sotto supervisione Usa, per eliminare dalle due città e dai loro campi profughi le cellule armate.

Inizialmente, Abu Mazen lo aveva rifiutato perché prevede impegni e doveri richiesti solo all’Anp, senza alcun obbligo per Israele. Poi, ancora una volta, hanno vinto le pressioni Usa.

di Michele Giorgio

da il Manifesto del 23 febbraio 2023

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