Gaza – Perché Hamas ha fatto bene a rifiutare la tregua
Oggi probabilmente inizierà a leggersi sui vari quotidiani di informazione che le fazioni palestinesi (che ormai vengono semplificate con Hamas, dalla gran parte delle testate) hanno rifiutato la tregua e che quindi “non vogliono la pace”. Una versione abbastanza semplificata che però agli occhi del medio lettore italiano porta al pensiero che Israele stia solo combattendo una guerra contro gli estremisti islamici, che rifiutano la pace.
Bisogna innanzitutto ricordare che i concordati sono per una tregua a un’offensiva militare messa in campo unilateralmente da Israele come forma di punizione collettiva verso la popolazione palestinese, almeno questo la motivazione ufficiale, dopo il rapimento dei tre coloni in Cisgiordania, per destituire il potere di Hamas. A questo cruento attacco, ha risposto la resistenza palestinese con i mezzi che ha avuto a disposizione, lancio di razzi sui territori occupati e resistenza casa per casa.
Oggi, dopo 72 ore di tregua, sta riiniziando l’offensiva militare nei confronti della Striscia, a seguito del fallimento delle trattative, perché le fazioni palestinesi “non accettano un prolungamento della tregua”, la notizia che però è incredibilmente difficile da reperire sul web è quali siano le richieste palestinesi alla tregua militare che Israele non ha potuto accettare:
-Il ritiro delle truppe sioniste dai confini della Striscia
-La liberazione di tutti i palestinesi arrestati dopo l’uccisione dei tre coloni
-Liberare la Striscia dall’assedio e concedere la libera uscita ed entrata di merci e persone
-La possibilità di costruire un porto e un aeroporto nella Striscia che stia sotto la supervisione dell’ONU
-Allungare l’attuale limite di pesca (imposto a 3 km dalla costa) a 10 km
-Mettere il valico di Rafah sotto la supervisione dell’ONU e di forze dei paesi arabi
-Possibilità per gli abitanti della Striscia di andare a Gerusalemme e pregare alla Moschea di Al Aqsa
-La costruzione di una zona industriale a Gaza, e la possibilità di uno sviluppo economico
-La non interferenza di Israele nei processi politici interni palestinesi
Israele non può concedere queste richieste, perché sarebbe come accettare che uno stato palestinese esista, cosa che l’entità sionista non ha ancora riconosciuto nonostante siano passati 20 anni dagli accordi di Oslo. Inoltre l’operazione militare fa parte dell’attacco quotidiano che Israele compie nei confronti della popolazione palestinese, in Cisgiordania con le colonie e le zone miste a doppia legislazione (militare per i cittadini arabi, civile per i cittadini ebrei), e a Gaza con l’embargo pressoché totale e l’impossibilità di strutturare una propria economia. Accettare le condizioni della resistenza palestinese sarebbe come rinunciare alla politica espansionistica che nel silenzio della comunità internazionale, viene attuata in Palestina.
E, nonostante le richieste avanzate dalla resistenza siano diritti basilari di un popolo, ci racconteranno che Hamas tradisce la sua gente, rifiutando una tregua ed offrendo quindi gli abitanti della Striscia come vittima sacrificale, senza spiegare i motivi di questo rifiuto. Come si può quindi accettare una tregua che ha l’aria di essere più una resa in questi termini? Chi accetterebbe una tregua che impone un embargo totale, l’impossibilità di produrre qualsiasi merce o di pescare, e di uscire dai propri confini?
Quest’atto di aggressione continuerà, con il supporto delle grandi potenze europee e degli USA, e con buona pace della popolazione gazawi ci racconteranno che sono stati loro stessi a decidere del proprio destino eleggendo Hamas, e rifiutando la pace. E tra i proclami di “terrorismo da sconfiggere” e di “diritto alla sicurezza” si compierà il massacro di una popolazione che chiedeva soltanto di poter vivere dov’era nata, costruendosi da sola il suo futuro.
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