La rivoluzione del Rojava minacciata dal “grande gioco” geopolitico in Siria
27 novembre: HTS, Hayat Tahrir al-Sham (ex Al-Qaida, ha rapporti con la Turchia anche se i loro interessi non combaciano. Il loro leader si chiama Mahmoud al Jolani) comincia l’avanzata verso Damasco, partendo da Idlib e raggiungendo il palazzo presidenziale in solo 12 giorni. L’esercito regolare siriano in molti casi si è rifiutato di combattere, fuggendo o arrendendosi, e facilitando così l’avanzata che ha poi portato alla fuga della famiglia Assad dopo 50 anni di potere.
Il Medioriente continua ad essere teatro di scontro tra grandi potenze esterne alla Siria, e si può parlare di tre attori che vedono il territorio regionale come un’estensione della loro idea imperialista:
-la Turchia, con il suo storico progetto neo-ottomano, oggi è un “attore attivo” in Siria (finanziando milizie jihadiste e continuando a bombardare il Rojava/Amministrazione autonoma del nNord-Est della Siria)
– l‘Iran, con il progetto della mezzaluna sciita, ha assistito in poco tempo all’indebolimento degli alleati Hazbollah in Libano, subendo esso stesso gli attacchi da parte dell’intelligence israeliana. Con la Russia impegnata in un altro gigantesco conflitto, quello ucraino, questo fronte di alleanze non ha potuto difendere l’alleato Assad il cui regime, rettosi per lungo tempo sulle armi di Mosca, di fronte al disimpegno russo si è sciolto come neve al sole un po’ come il Vietnam del Sud nel ’75 o lo stesso Afghanistan filo-occidentale nell’estate 2021.
– Israele, con l’obiettivo di creare la “Grande Israele”, oggi è un “attore attivo” in Siria, mantenendo aperti diversi fronti: indebolendo Hazbollah in Libano e Assad, perpetrando il genocidio a Gaza, destabilizzando la Cisgiordania e estendendo l’occupazione del Golan (Sud della Siria).
Con l’obiettivo di omogeneizzare le identità sotto un unico Stato/Nazione, questi attori esterni alla Siria portano avanti la retorica (e la pratica) di regime. La Turchia ha implementato i suoi attacchi contro la popolazione del Rojava/Amministrazione Autonoma Democratica del Nord-Est della Siria, e minaccia di attaccare Kobane; l’Iran e la Russia non è detto che siano fuori dai giochi vista la situazione ancora agitata; Israele ne ha approfittato per estendere l’occupazione del Golan (dopo la fine del regime siriano di Bashar al Assad, Israele ha occupato rapidamente il monte Hermon e altri territori contesi sulle alture del Golan, che fanno parte di una “zona cuscinetto” tra Israele e Siria controllata dall’ONU).
Può risultare difficile da comprendere, ma le SDF hanno dichiarato fin da subito di essere pronti a dialogare con HTS, in linea con le pratiche che ruotano intorno al confederalismo democratico; viene richiesto un riconoscimento reciproco per il bene del popolo siriano, che ha il diritto di vivere in pace, libero da ingerenze esterne e il diritto a ritornare nella propria terra, una nuova Siria democratica. Subito dopo le dichiarazioni pubbliche delle SDF, Erdogan ha attaccato il Rojava con il supporto del SNA (Syrian National Army, jihadisti riciclati a servizio del regime turco); e con l’obiettivo di continuare il processo di isolamento del popolo curdo (il Presidente turco sta mediando per unire SNA e HTS). Di fronte a questi attacchi, il nuovo governo che rimane muto. Inerete di fronte alle ingerenze turche e israeliane. L’elemento più drammatico, ma in qualche modo prevedibile, degli ultimi giorni, è che la leadership di HTS, pur di garantirsi un minimo di riconoscimento internazionale (soprattutto con l’Occidente, sempre pronto a mille giravolte geopolitiche pur di legittimare quelli che sono i momentanei nemici dei propri nemici strategici: leggi Russia e Cina), sembra già disposta a rimangiarsi le belle parole su una Siria che lasciasse spazio e libertà alle varie identità che la compongono. Non è un caso che sono già iniziati gli scontri nella parti del paese a maggioranza non sunnita. Ma mentre HTS ha l’obiettivo di creare un governo che risulti stabile, e accreditarsi di fronte al mondo, l’SNA ha l’obiettivo dichiarato di distruggere il Nord-Est della Siria. Nelle ultime ore le forze democratiche del Rojava sembrano essere passate alla controffensiva riguadagnando terreno.
E’ chiaro che anche gli USA hanno interessi in Siria da diverso tempo. Per distruggere militarmente l’ISIS (la presenza miltiare dell’organizzazione jihadista in zone dell’Iraq e della Siria è durata dal 2014 al 2018), i curdi hanno ricevuto supporto aereo che è risultato fondamentale per la riconquista delle città. In guerra ci sono le strategie militari e ci sono gli obiettivi politici. In quella lunga guerra per fermare l’avanzata di ISIS, persero la vita più di 15mila combattenti curdi, arabi, yazidi, internazionali, e ad ogni città liberata è stata issata la bandiera della Siria democratica libera.
L’unico interesse degli USA nel sostegno militare ai curdi è cercare di de-potenziare il ruolo turco tra le forze NATO.
Oggi è importante difendere l’autonomia della Siria e insistere per creare una democrazia che rispetti tutte le persone che abitano il territorio, respingendo gli attacchi turchi e cercando il confronto con gli attori politici locali disponibili.
Per quanto riguarda la violazione di diritti umani, esistono già testimonianze video in cui vengono perseguitate persone alauite (particolare ramificazione dell’Islam sciita), considerate tutte e indiscriminatamente legate alla famiglia Assad (che dal 1970 ha imposto questo credo in un paese storicamente laico e multireligioso); inoltre, donne di città abitate prettamente da persone curde, sono state rapite, filmate e vendute in mercati degli schiavi, come succedeva giornalmente ai tempi in cui l’Isis era al massimo della sua forza in Siria e in Iraq.
Scrivere articoli, mobilitarsi, informarsi e prendere parola sono le richieste che vengono fatte dai portavoce dell’ Amministrazione Autonoma del Nord-Est della Siria.
Il popolo del Rojava non ha amici tra i governi e gli Stati-Nazione, e riconosce bene il valore della solidarietà internazionale e la forza dei popoli che lottano per delle idee.
Difendere l’Amministrazione Autonoma del Nord-Est della Siria (o Rojava in curdo), significa difendere l’idea di una società che mette al centro le donne, l’ecologia politica, la democrazia diretta e partecipata. La liberazione di Abdullah Ocalan, riconosciuto come leader dal popolo curdo e detenuto dal 1999 nell’isola- prigione di massima sicurezza a Imrali (Turchia), viene visto come importate passo in avanti per la creazione di un paese che sia realmente democratico e libero dalle influenze esterne.
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