Ultime informazioni dalla Rojava, cantone di Kobane
Sono ormai 200 mila le persone rientrate a Kobane dopo la liberazione avvenuta a Febbraio. Prima della guerra ne vivevano 600 mila. Il resto si è distribuito nel Kurdistan turco e altrove, rimangono 300 famiglie nei campi profughi di Suruc che aspettano ancora di poter rientrare. La città ha ripreso la sua vita tra le macerie e gli allarmi sicurezza che da dopo il 25 Giugno si sono intensificati.
Erdogan promette 90 lire al mese per persona (anche bambini piccoli) a chi non rientra a Kobane. ”Quella città non è sicura e non ci sono servizi” con questo slogan il governo turco cerca di mettere in difficoltà la ripresa della città. Lo YPG e YPJ offre cibo e acqua gratis per tutti.
Inseguito a queste dichiarazioni è arrivato l’attacco terroristico di fine Giugno.
Mettendo in fila i fatti, sembra una equazione matematica, un sillogismo filosofico…a voi le considerazioni.
43 gradi, macerie e una frontiera ormai difficile da passare. Il morale dei compagni e della compagne rimane alto e la la sicurezza della città è il primo ed urgente obbiettivo da raggiungere.
”L’attacco del 25 Giugno ha dimostrato quanto sia difficile controllare i propri confini senza mezzi e senza tecnologia” queste le parole di un comandante dello YPG mentre ci spiega cos’è successo quei giorni.
La strategia dell’Isis, in questa parte della città è cambiata: i miliziani si mescolano tra la popolazione offrendo un sacco di soldi a chi li appoggia e da loro informazioni per azioni di destabilizzazione.
Il 25 Giugno diversi gruppi del Daesh, coordinati tra loro, dalle prime ore della notte hanno attaccato il cantone di Kobane.
L’attacco alla città di Kobane è avvenuto, come molti hanno scritto, con un passaggio dell’Isis attraverso la frontiera Turca.
Circa 80 uomini divisi in 3 gruppi con divise dello YPG, creando un diversivo con 2 autobombe e un ordigno posizionato in città, sono riusciti ad entrare da un ingresso laterale, hanno inizialmente attaccato il municipio di Kobane abbattendo il muro di protezione dell’ingresso, e le rispettive caserme vicine per poi rifugiarsi nella scuola e nell’ospedale da dove hanno continuato a sparare per 3 giorni con fucili Docka e altre armi pesanti.
Alla fine dei 3 giorni dell’ospedale e della scuola rimane solo uno scheletro, una montagna di macerie.
Il terzo gruppo invece ha massacrato decine di civili, uomini donne e bambini semplicemente bussando alle porte delle loro case coperti con le divise dell’esercito combattente YPG, non hanno risparmiato nessuno. Si contano 239 morti tra i civili, 14 tra gli agenti di polizia e 7 YPG.
Ci dirigiamo verso il fronte, per visitare i villaggi attaccati dal Daesh sempre il 25 Giugno. Passiamo per Boxaz, Girde, Donixe Mezin e Tal Gazad. Arriviamo al fronte: Berxbatan, l’isis è a 3 km di distanza, da qui possiamo vedere il fiume Eufrate.
Il massacro di Berxbatan:
45 uomini a bordo di 4 camion sono arrivati da Sirin, città controllata dal Daesh, tra loro molti turchi e curdi musulmani. Equipaggiati con fucili Docka e medicine di ogni tipo.
Sul posto abbiamo trovato contenitori di vasellina, morfina e psicofarmaci.
Dai racconti ci hanno spiegato che i miliziani avevano anche sacche di sangue attaccate alle divise con un kit di siringe di vario tipo.
Sono 28 donne uomini e bambini che hanno perso la vita in un paesino che conta al massimo 50 abitanti. Intere famiglie sterminate. 6 i compagni e le compagne che hanno perso la vita durante i combattimenti.
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