Case popolari a Milano: la gestione delirante di un’emergenza sociale

6551_lom60_6551_1Rafforzare l’unità di polizia locale dedicata al contrasto delle occupazioni abusive, potenziare la presenza di assistenti sociali e mettere a disposizione una struttura  per l’accoglienza temporanea di nuclei con minori e donne in gravidanza. Dopo averli sgomberati.
Certo che l’ultima frase l’abbiamo aggiunta noi, ma tutto il resto è farina del sacco del Comune. Per la precisione degli assessori Granelli e Benelli, che dalla pagina Facebook “comune di Milano Casa e Assegnazione spazi” (sigh) commentano soddisfatti gli “impegni del Comune per rendere più incisiva l’azione di contrasto alle occupazioni abusive degli alloggi di edilizia popolare”.
Già. 
Il problema delle case popolari a Milano sembra essere, nelle improbabili idee della Giunta arancione, contrastare le occupazioni. 
A noi sembra di vedere un patrimonio pubblico gestito in maniera privatistica, oltre che terribilmente inefficiente, da Enti infiltrati dalla peggiore criminalità, con quartieri interi in uno stato di degrado imbarazzante e migliaia di appartamenti vuoti a fronte di poche briciole assegnate, lasciando senza casa popolare migliaia di aventi diritto.
Per capire la situazione può essere utile parlarne con chi nell’emergenza abitativa lavora ogni giorno. Abbiamo fatto qualche domanda proprio a un operatore di questo campo, ecco la situazione, pazzesca, che ci ha descritto.

Se il 2013 è stato un anno molto difficile per l’emergenza abitativa nella nostra città, il 2014 è iniziato nel peggiore dei modi: anche se il numero degli sfratti non è aumentato rispetto al 2012, è senza dubbio questa la percezione di chi si occupa di fronteggiare l’emergenza e di chi nell’emergenza ci si trova in prima persona.
Le esecuzioni con intervento della forza pubblica nel 2013 sono state 2813, contro le 2631 del 2012, e sono diminuite anche rispetto al 2010 (2916); i prezzi delle locazioni non hanno subito grosse flessioni (almeno a Milano); i dormitori e le comunità di accoglienza sono saturi oggi come lo erano due anni fa. Eppure la percezione è che l’emergenza casa sia lontana dal fare i passi avanti necessari. E questa sensazione deriva solo in parte dalla delusione delle aspettative maturate nei confronti di una giunta comunale che sulla questione abitativa aveva speso buona parte della sua campagna elettorale.

Sfratti, salari, canoni di locazione
In primo luogo, pur essendo vero che il numero di sfratti rimane grossomodo stabile, è necessario chiarire che sono aumentati in maniera determinante gli sfratti per morosità e per pignoramenti derivanti dai mancati pagamenti di mutui o spese condominiali, che rappresentano oltre il 90% dei provvedimenti emessi dall’autorità giudiziaria.
Questo, ovviamente, è rappresentativo di un impoverimento generalizzato degli abitanti di Milano, e dell’incompatibilità evidente fra livello dei salari e livello dei canoni di locazione sul mercato privato.
Si tenga anche conto del fatto che tra le 23.380 persone in graduatoria per l’assegnazione di un alloggio popolare al 31/12/2013, 22.215 hanno un reddito isee-erp inferiore ai 17.000€ annui, e di questi 11.151 sono sotto i 7000€ annui.
È possibile farsi un’idea più precisa di quanto siano gravi questi dati se si considera il fatto che, in base agli algoritmi previsti dal Regolamento Regionale 1/2004, un nucleo familiare con un reddito isee-erp di 17000€ potrebbe sostenere un canone massimo di 5156€ (430€ mensili) mentre un nucleo con un reddito annuo di 7000 € potrebbe sostenere un canone annuo di 1029 € annui (circa 85€ mensili) ma, come risulta evidente a chiunque non sia residente su Marte, 430€ mensili a Milano non bastano neanche per una stanza singola, e 85… lasciamo perdere!
La questione della povertà e della sproporzione fra salari e canoni è ovviamente determinante rispetto all’emergenza abitativa attuale, non solo a Milano, e non è l’unico fattore che influisce negativamente sulla questione.
In ogni caso il problema rimane di difficile soluzione, quantomeno finché vivremo in un sistema in cui vige la legge del libero mercato.

Alloggi pubblici: richieste, assegnazioni e case sfitte
Nel frattempo, in attesa che venga fissata data e ora della rivoluzione, il fattore centrale sul quale si dovrebbe agire per affrontare l’emergenza attuale è sicuramente la questione dell’offerta di alloggi pubblici.
A tale proposito è particolarmente indicativo il dato generale, che vede in maniera abbastanza stabile circa 1000 case assegnate ogni anno a fronte di circa 23.000 richieste; ma è significativo anche il raffronto fra il numero di assegnazioni di case popolari avvenute nel 2013 (1.006) e quelle avvenute nel 2012 (1.190).
Con questi numeri è chiaro a tutti che l’intervento del pubblico per quanto riguarda l’offerta abitativa è assolutamente marginale e irrilevante ai fini di una risoluzione, o quantomeno di una normalizzazione, dell’emergenza abitativa, soprattutto tenendo conto del fatto che anche per il 2014 si prevede lo stesso numero di assegnazioni dell’anno scorso.
La carenza dell’offerta risulta ancora più insopportabile se si pensa al fatto che a maggio 2014 gli alloggi sfitti di proprietà del Comune di Milano erano 3078 e quelli di proprietà Aler 5713 di cui 1350 pronti in attesa di essere assegnati e 589 quelli destinati alla vendita.

Regione, Comune e Aler
Ad aggravare una situazione già di per se drammatica si aggiunge il fatto che il sodalizio Regione Lombardia – Comune di Milano si è concluso definitivamente con l’elezione di Giuliano Pisapia a sindaco di Milano.
L’effetto più tangibile di questa situazione è stato il fatto che la Giunta regionale, per la prima volta da quando è stato approvato il Regolamento Regionale 1/2004 che regola l’assegnazione di alloggi pubblici, non ha emesso il decreto di deroga al regolamento stesso che permetteva di assegnare con procedura d’emergenza fino al 50% degli alloggi totali assegnati, laddove il regolamento pone un limite al 25%.
Si tenga presente che quando parliamo di assegnazioni in emergenza (formalmente assegnazioni in deroga alla graduatoria utile per l’assegnazione) parliamo di nuclei familiari sfrattati, persone senza fissa dimora, invalidi gravi senza una sistemazione abitativa adeguata, nuclei seguiti dai servizi sociali per situazioni di grave disagio.
Questa scellerata decisione di Regione Lombardia ha causato una situazione di stallo iniziata nell’estate del 2013 che, sommata alla carenza strutturale di offerta sopra descritta, ha determinato il fatto che a maggio 2014 circa 700 famiglie, per le quali il comune aveva già emesso un provvedimento d’assegnazione d’emergenza, avevano la pratica ferma in Aler in attesa che gli venisse offerto un alloggio che in molti casi non poteva essere loro destinato per il semplice fatto che l’assegnazione era avvenuta in deroga alla graduatoria, ma il limite del 25% era già stato sforato.
I tempi d’attesa si sono allungati enormemente rispetto al 2012 e in alcuni casi capita che passi più di un anno fra il provvedimento d’assegnazione e la firma del contratto.

Le mosse di Aler e Comune
Rispetto alla questione degli alloggi vuoti le risposte di Aler e Comune sono state fino a questo momento ridicole o semplicemente inesistenti. Il Comune ad Agosto 2014 ha pubblicato un bando per l’assegnazione di alloggi in stato di fatto (da ristrutturare a carico dell’assegnatario).
Si tratta sicuramente di una soluzione interessante, anche se per ora il numero di alloggi messi a bando (50) ci obbliga a catalogare l’iniziativa sotto la voce “esperimenti”.
Inoltre, è necessario considerare che il numero di alloggi assegnato con queste modalità sarà sempre marginale rispetto al totale degli alloggi assegnati, per il semplice fatto che chi è in mezzo a una strada difficilmente potrà provvedere a ristrutturare una casa con le proprie risorse.
Il rischio che chi non è in grado di sostenere le spese di ristrutturazione venga di fatto escluso dalle assegnazioni diventerebbe reale nel momento in cui tale modus operandi venisse esteso a tutti o gran parte degli alloggi vuoti, come peraltro sembrerebbe emergere dal progetto “1000 alloggi” di Aler Milano, che vorrebbe assegnare circa 500 alloggi a canone concordato (quindi non a canone sociale) a chi è in grado di farsi carico dei lavori di ristrutturazione, e altri 500 alloggi a un fondo immobiliare che dovrebbe occuparsi delle ristrutturazioni.

La vendita del patrimonio pubblico
La ‘vera’ soluzione proposta da Aler è, come sempre, la vendita di una parte enorme del proprio patrimonio (circa 7000 alloggi) per poter accantonare fondi da destinare alla ristrutturazione dello sfitto e per colmare parte dello sterminato buco di bilancio dell’azienda (circa 400 milioni di euro).
Tale soluzione, oltre a essere inutile e ridicola, è un insulto all’intelligenza dei cittadini milanesi: già in questi anni i piani vendita sono stati uno strumento utilizzato per reperire risorse, ma contrariamente a quanto previsto dagli “esimi scienziati” di Regione Lombardia e Aler Milano, le vendite stentano, le aste spesso vanno deserte, le risorse reperite in questi anni sono state molto inferiori a quelle preventivate e molti degli inquilini delle case popolari che avevano espresso la disponibilità ad acquistare l’alloggio in cui vivevano hanno fatto marcia indietro, sia a causa del peggioramento generale delle condizioni economiche, sia a causa della difficoltà a ottenere credito da parte delle banche.
Del resto anche dal punto di vista logico appare molto difficile vendere immobili in un momento in cui il mercato è bloccato, oltretutto se i destinatari della vendita sono persone che spesso non riescono neanche a pagare un canone sociale!
In merito alla questione delle vendite si tenga presente che nel 2013 sono crollate rispetto all’anno precedente (39 milioni incassati nel 2013 a fronte dei 52 del 2012). Nel 2013 dei 231 alloggi messi all’asta ne sono stati venduti meno di cento e non si capisce in base a quale strano principio mettendone in vendita 7000 il numero di alloggi venduti dovrebbe invece aumentare.
La verità è che questo “piano vendite” è basato sulla speranza, infondata, che nei prossimi anni il mercato immobiliare ripartirà, ma nel frattempo sottrarrà un numero inaccettabile di alloggi all’offerta complessiva e non porterà in ogni caso a un accantonamento di risorse sufficienti.

La gestione del patrimonio abitativo del Comune da Aler a MM
Un’altra questione che sarà particolarmente determinante nei prossimi anni è il passaggio della gestione del patrimonio abitativo del comune di Milano (circa 28.000 alloggi) da Aler a Metropolitana Milanese. Tale decisione, dettata dalla necessità di trovare in fretta una soluzione alla revoca della convenzione con Aler Milano, rischia di avere conseguenze negative, innanzitutto perché non ci sarà più’ una gestione unica di tutto il patrimonio pubblico, ma soprattutto per il rischio reale che MM non sia in grado di gestire un patrimonio così vasto.
Oltretutto, questa decisione è stata presa senza neanche intavolare una discussione con le rappresentanze degli inquilini delle case popolari e dei lavoratori di Aler Milano. In ogni caso è ancora tutto da definire, sia per quanto riguarda le risorse economiche messe a disposizione dell’operazione, sia per quanto riguarda la struttura, le finalità e il personale con cui MM si occuperà di una gestione del tutto particolare, sia per quanto riguarda la dimensione del patrimonio, sia per la delicatezza della funzione sociale che tale gestione comporta.
L’unica notizia positiva della vicenda è il fatto che sembra archiviata definitivamente l’ipotesi di conferire la gestione a diverse immobiliari private, come accaduto fra il 2003 e il 2009.

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2 risposte a “Case popolari a Milano: la gestione delirante di un’emergenza sociale”

  1. Tanta Viorica Vulpe ha detto:

    Come mai tutti abusivi non lavorano non pagano le tase vivono in case popolare senza pagare un centesimo acqua luce gas..E io ho perso lavoro da Gennaio il 25 01 2020 è sono stata in strada in una scuola abbandonata con tutti zingari è molto altro…Ho chiesto un aiuto da per tutto nessuno non si a mai fatto sentire !😪😪

  2. Tanta Viorica Vulpe ha detto:

    Ho bisogno di un tetto anch’io è pagherò in regola basta un monolocale piccolo .Dove posso stare tranquilla per cominciare le mie cure .E din non essere sempre sfruttata delle persone .Pagavo per dormire 20 euro all giorno un mese di inferno da per tutto le persone mi sfruttano è non so come andare avanti.Sono in depressione sotto cura Fate Bene Fratelli milano da due ani dell’doctor Vacaro !Aiutatemi qualcuno !😪😪🙏🙏

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