Corvetto in fiamme per Ramy

«Vogliamo solo giustizia per Ramy» dice S, 18 anni non ancora compiuti, gli ultimi cinque vissuti a Milano in via dei Cinquecento nel cuore delle case popolari del Corvetto. «Facciamo casino perché non ci fanno vedere i video. L’hanno investito, l’hanno ammazzato» ripete. I video sono quelli delle telecamere di zona dove Ramy Elgaml è morto dopo un inseguimento dei carabinieri la notte tra sabato e domenica. Era a bordo di uno scooter Tmax insieme a un amico tunisino di 22 anni. Lui, 19 anni, era dietro, l’amico alla guida. Una ventina di minuti prima della caduta, verso le 3.30, i due avevano incrociato un auto dei carabinieri nella parte opposta di Milano, in via Farini. Non si erano fermati all’alt dei carabinieri, imboccando a tutta velocità una strada in contromano. Da lì l’inizio del lungo inseguimento, 8 chilometri da nord a sud della città, da via Farini a via Ripamonti.

All’angolo con via Quaranta l’auto dei carabinieri si avvicina alla moto, c’è una curva, l’auto dei carabinieri si sposta per evitare un’altra auto, affianca da dietro la moto che finisce contro il marciapiede e si schianta su un muretto vicino a un distributore di benzina, l’auto finisce contro un semaforo. Ramy morirà qualche ora dopo al Policlinico di Milano, aveva perso il casco durante l’inseguimento. L’amico alla guida riporta alcune ferite, è indagato per resistenza e concorso in omicidio stradale e piantonato all’ospedale. Addosso i carabinieri gli hanno trovato quasi mille euro, una catenina d’oro spezzata, un coltello a serramanico e una bomboletta spray al peperoncino.

Gli amici di Ramy dicono che l’auto dei carabinieri ha colpito la moto e l’ha fatta cadere, «ci sono testimoni che hanno visto e hanno fatto video» dicono. Le indagini della polizia locale e della procura sono in corso, da un primo esame dei video delle telecamere di zona si vede l’auto avvicinarsi alla moto ma l’inquadratura della telecamera è da dietro e non è chiaro se ci sia stato contatto o meno. Si cercano altri video da altre inquadrature. La rabbia per la morte di Ramy divampa subito fuori dal Policlinico di Milano, dove accorrono i famigliari e qualche amico. Poi nel pomeriggio di domenica all’angolo di strada dove è avvenuto l’incidente e dove in un centinaio si ritrovano per ricordare il loro amico con qualche fuoco d’artificio, uno striscione con la scritta «verità per Ramy», qualche petardo.

Un presidio che sborda in mezzo alla strada. Una coppia a bordo di un Suv decide di non fermarsi e investe i giovani. In quattro finiscono all’ospedale, il più grave è un ragazzo di 14 anni con una frattura scomposta di bacino e femore. Una ragazza di 11 anni si ritrova anche lei con una possibile frattura al femore. Età media dei presenti bassissima, mai a Milano si erano viste manifestazioni con giovani di 11, 12, 13 anni arrivati da soli in un quartiere diverso da quelli in cui vivono. Sui social si rincorrono fotografie con ricostruzioni dei fatti a volte fin troppo fantasiose. La notte tra domenica e lunedì e tra lunedì e martedì la rabbia si trasferisce al Corvetto, dove Ramy viveva e dove vivono i suoi amici.

Due notti di proteste e scontri con la polizia. Il ragazzo, arrivato in Italia 11 anni fa insieme ai suoi genitori egiziani, viveva in una casa popolare di proprietà dell’ente regionale Aler in via Mompiani. Col suo gruppo di amici era solito stare all’angolo di strada tra via dei Cinquecento e via dei Panigarola. Strade frequentate da ragazzi dai 10 anni in su, seconde generazioni nate in Italia o arrivate giovani. Molti hanno smesso di andare a scuola e non hanno lavori regolari, «sentono di vivere come in un ghetto» racconta Simona Cella, abitante del quartiere che ha conosciuto alcuni di questi ragazzi durante la lavorazione di un video sulla zona, coinvolgendoli poi in altri progetti.

Parlare di Corvetto è complesso da sempre, oggi gli abitanti lo descrivono come un quartiere difficile ma vivo, che sente la pressione della gentrificazione che spinge da nord, dall’ex scalo di Porta Romana dove è in costruzione il villaggio Olimpico e dove stanno spuntano nuovi palazzi per ricchi. Gli amici di Ramy invece abitano nelle case popolari dimenticate dall’Aler (regionale) e da MM (comunale). Ai problemi di sempre, come la povertà, la disoccupazione, lo spaccio in strada che non se n’è mai andato dagli anni Ottanta, si sono aggiunti quelli più recenti della convivenza difficile tra vecchi e nuovi abitanti. «Sento che negli ultimi mesi la situazione è peggiorata – racconta ancora Simona -. Vedo in giro persone nuove che di solito non vedevo. Ho la sensazione che lo spaccio sia aumentato e poi c’è un problema di comunicazione con la fascia di popolazione giovane, seconde generazioni ma non solo, che non trovano lavoro e che la scuola non riesce a integrare».

Massimo Antonini è della Rete per il diritto all’abitare di zona 4: «Queste proteste si innescano su una situazione sociale per certi versi esplosiva, soprattutto a livello giovanile». Alcuni interventi come la riqualificazione del mercato comunale coperto o il trasferimento di alcuni uffici comunali non hanno influito in modo sostanziale sulla vita di chi abita nelle case popolari. Anzi, la riqualificazione qui come altrove spesso fa rima con sfratti e sgomberi. «Corvetto è sempre stato un quartiere difficile, negli anni Ottanta c’era l’eroina in strada. Era abitato prevalentemente da operai o piccoli artigiani, si aveva la sensazione di vivere in un contesto meno degradato rispetto ad oggi» racconta ancora Antonini.

Il carabiniere alla guida dell’auto che ha inseguito Ramy è stato iscritto nel registro degli indagati per omicidio stradale in concorso. Un ragazzo di 21 anni è stato arrestato durante i disordini con la polizia di lunedì notte con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale aggravata. Nelle strade del Corvetto dopo due notti di proteste restano un autobus dell’Atm devastato e una decina di punti dove sono stati appiccati incendi. Fiammate di banlieue nella periferia di Milano.

di Roberto Maggioni

da il Manifesto del 27 novembre 2024

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