No Canal, in attesa del piano B
“Si sa, quando le cose vengono imposte non sempre vengono gradite”, ed è questo il caso della Via d’Acqua, che ha scatenato uno dei più genuini ed eterogenei movimenti popolari degli ultimi anni nella città di Milano; Expo, infatti, presentatosi sotto forma di canale, ha fatto in modo che interi quartieri consapevoli della dannosità ed inutilità dell’opera si svegliassero per opporsi in maniera concreta ed attiva al progetto fiore all’occhiello della manifestazione.
La grande partecipazione e il continuo incremento numerico sono sicuramente uno degli aspetti più interessanti del No Canal che costituisce il primo vero caso di opposizione allargata e reale contro Expo e le sue logiche; la composizione eterogenea di soggetti che anima questo movimento è un ulteriore elemento che emerge con chiarezza dopo questi primi mesi di mobilitazione, al fianco degli attivisti e simpatizzanti No Canal troviamo infatti soggetti che vanno dai centri sociali e collettivi fino ad importanti fette dell’associazionismo. Tale commistione di diversità ha generato all’interno del comitato una capacità di messa in campo ed accettazione di idee e pratiche differenti ma condivise che in maniera prorompente e intelligente sono state in grado di scardinare pezzo per pezzo la grande bugia chiamate Via d’Acqua.
I presidi, i cortei partecipati e festanti che invadevano le aree recintate dei cantieri, le poesie sugli alberi, la rimozione delle reti, gli spaventaruspe sono solamente alcuni esempi che abbiamo visto in questi mesi di pratiche di lotta differenti ma che sono state fondamentali per riuscire ad interpretare e animare le diverse fasi che hanno caratterizzano la storia del No Canal.
L’unità del comitato e il suo netto rifiuto ai tentativi di distinzione in “buoni e cattivi” e di divisione del fronte alla luce di promesse della più svariata natura costituiscono un segno di maturità che è forza e valore acquisito all’interno dello spirito del comitato; la consapevolezza che il diritto alla salute non è una merce sulla quale si possa mercanteggiare, cosa forse non altrettanto chiara a chi ha promesso bonifiche in cambio della ripresa dei lavori nei cantieri, dimostra come questa vicenda non sia solamente una semplice questione ambientale ma anche una occasione per ribadire che grandi opere ed esposizioni universali non possono prescindere dal rispetto della vita ed esistenza delle persone e dei territori da essi attraversati ed animati.
Il No Canal così come i molti altri movimenti sorti in ambito nazionale in difesa dei territori e dei beni comuni evidenziano come ormai sia pratica diffusa da parte dei potenti di turno anteporre i propri interessi a discapito della collettività, di come il profitto di pochi si possa trasformare nella rovina di molti, di come i diritti di molti spariscano di fronte a stati di eccezione, deroghe o poteri speciali; vivere i territori ed essere parte attiva nei meccanismi che ne determinano la conservazione, la preservazione e la difesa è lo strumento più efficace che ognuno di noi ha in mano per poter far in modo che questa triste quanto ormai diffusa tendenza alla creazione dell’eccezione si radichi in maniera profonda e incancellabile le usanze di questo paese.
In attesa della ridefinizione del progetto come di recente annunciato da Sala, della sua natura, del suo impatto sul territorio e sulle persone e quindi delle dovute riflessioni in merito, riteniamo ad oggi di poter affermare che il meccanismo di Expo in una maniera abbastanza evidente si sia inceppato, che a poco più di un anno dall’inizio del grande evento si sia dimostrato come sia possibile arrestare il cemento e ci auguriamo che questo fatto possa essere di buon auspicio anche per fermare il debito e la precarietà che costituiscono gli altri assi portanti di questa esposizione e che la lotta No Canal possa essere fonte ispirazione per tutti gli appuntamenti e i percorsi che ci separano da oggi fino al primo di Maggio 2015.
Tag:
associazioni cemento comitato debito expo Milano no canal precarietà via d'acqua