Wiola si presenta alla città! – A proposito di writing, decoro e legislazione repressiva

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“Ma chi è Wiola?”. Questa la domanda che in molti si facevano a Milano da qualche giorno.

Ieri finalmente, dopo essere stata vista il 10 Giugno presso i giardini Baden Powell, Wiola si è presentata alla città.

Wiola è una ragazzina simpatica che ama i muri colorati e ieri in Darsena ci ha tenuto a raccontare la sua storia e spiegarci alcune cose.

Come vedrete i temi che pone (e che tratteremo in un prossimo articolo) non sono temi da poco e riguardano il rapporto wraiting-metropoli e la deriva repressiva e securitaria che hanno assunto le politiche di contrasto agli artisti che rendono vive le nostre strade.

Qui la sua storia:

Wiola frequenta il Liceo Classico Manzoni di Milano. È la migliore della classe, attenta, puntuale, siede nelle prime file. Insegnanti e genitori si conoscono poco: mamma e papà lavorano molto, impegnati a garantire alla figlia un futuro sicuro in un mondo sempre più difficile. 
La mamma, che in gioventù ha fatto parte del partito comunista, ora è dirigente in banca; Il padre lavora nel mondo della moda e viaggia spesso. Il tempo scarseggia e a scuola vanno solo a ritirare la pagella, sbuffando. Non sono mai stati convocati, dalle elementari Wiola cresce con una babysitter che oramai è diventata governante di casa, nella tranquillità economica ma nell’atomizzazione degli affetti, delle emozioni, dei sogni, e delle necessità.
 

Da anni Wiola passa la gran parte del suo tempo con Pamela, è ucraina. Da poco è stata distribuita la pagella di fine anno, il secondo delle superiori. Il primo anno, media dell’8 e 9 in condotta. Elena, docente di latino, durante la consegna dice alla madre: “Wiola è molto brava! E come sapete è anche molto brava a disegnare, ha vinto il premio ‘A scuola di disegno’, dedicato a tutti i licei di Milano. Guardi qui!”.
 
Interi quaderni pieni di disegni fantastici scorrono davanti agli occhi di Martina, la mamma. Lei scuote la testa, annuisce. Prende la pagella e corre a casa. Saluta Pamela ed entra subito nello studio del marito. Insieme si dirigono verso camera di Wiola.
 
“Perchè non ci hai raccontato del premio che hai vinto a scuola?” le chiedono.
Wiola, stranita, fissa i genitori senza parlare. 
Pamela, in ascolto alla porta, interviene: “Signora, lei mi ha detto di buttare via i colori della bambina. Si ricorda? Deve fare i compiti e leggere. Poca televisione, e subito dopo aver giocato deve mettere in ordine, non deve mai sporcarsi mani e vestiti. Comunque, i colori io li ho solo nascosti. Ma Wiola non sa dove sono.”

“Ti piace disegnare, Wiola?” chiede il padre. 
“Si papà, tanto.” 
“Pamela, dai pure i colori alla bambina.”
 

Il weekend successivo entrambi i genitori partono per lavoro. Domenica mattina Pamela si ammala e torna a casa, lasciando Wiola da sola per qualche ora. Martina rientra all’ora di cena, e aprendo la porta rimane immobile: sul muro dell’ingresso, tracciata con una splendida calligrafia e arricchita di piccoli disegni ai lati, campeggia una grande W, e una freccia verso sinistra, cioè verso la camera di Wiola.
 

Nel corridoio, in cucina, nel salotto e persino in bagno, i muri fino al giorno prima bianchissimi sono adesso pieni di disegni bellissimi: Personaggi e colori si intrecciano a lunghe frasi, che catturano l’attenzione di Martina. Sono cinque i muri che dividono la camera di Wiola dall’ingresso. Ogni muro vede una freccia sopra a ogni disegno. Martina avvicinandosi alla prima W si rende conto che alla base della lettera si trova la scritta “viola vìola” e tra W e freccia una domanda. Diversa di muro in muro.
 
“Perché, per te e papà, i muri sono più belli bianchi?”
 
“Chi decide cosa è giusto che io faccia, in casa, per strada o nelle vita?”
 
“Dove posso disegnare senza che vi arrabbiate?
 
“Quando e dove potrò essere libera di esprimermi?
 
“Questa casa ora mi piace di più, mi assomiglia, mi metterete in castigo per questo?”
 

Martina trema, incredula.

La sua mente elabora confusamente l’entità dei danni, l’istinto la spinge alla rabbia, ma lo stomaco e il cuore sono sconvolti dal dubbio. La vitalità e le necessità di Wiola vanno nella direzione opposta rispetto alla sua idea di disciplina e ordine, questo è chiaro. La pulizia che ha sempre imposto, le regole di casa, sembrano ora delle gabbie di ferro senza alcun senso di esistere.
Cammina veloce verso la camera di Wiola, apre la porta, e la trova impegnata a disegnare. 
Sul muro ha ritratto tutta la famiglia: gioca in un prato verde insieme a mamma e papà, mentre un sole giallo splende sopra di loro e gli alberi li avvolgono. Intorno al prato, le case fanno da cornice, alcune sono colorate, altre hanno i muri bianchi, altre sono fabbriche con i muri grigi. Sullo sfondo ci sono persone colorate e sorridenti.
 

Al rumore della porta che si apre Wiola lascia cadere il pastello blu che tiene in mano e si gira terrorizzata: la madre è ferma all’ingresso e la guarda. Wiola trema, sa che l’aspetta una punizione terribile, le domande si moltiplicano nella sua testa senza trovare soluzione. Martina, in lacrime, l’abbraccia. “Ne parliamo domani con papà” – le dice, e piange senza capire perché.
 

Vincerà l’unica idea di casa e ordine o le domande di Wiola hanno smosso qualcosa?

 

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