I precari della scuola tornano in piazza: «È ora, è ora, il ruolo a chi lavora»
«È ora, è ora, il ruolo a chi lavora». Questo è stato lo slogan, parafrasi di quello celebre sul potere operaio, scandito ieri prima a piazza Montecitorio poi al Ministero dell’Istruzione in viale Trastevere a Roma dai docenti e dal personale amministrativo precario che hanno partecipato a una manifestazione nomade a Roma indetta da 35 sigle tra associazioni, coordinamenti regionali e nazionali, sindacati di base e confederali. Per chi ha memoria delle mobilitazioni nella scuola, almeno dalla metà degli anni Ottanta del XX secolo, è stato un segnale importante del clima che sta crescendo nella scuola post-Covid in vista della riapertura tra il 14 e il 24 settembre. Sigle, anche di diverso orientamento, si sono ritrovate nelle stesse piazze, sintomo che si sta formando una coesione in vista della tre giorni di protesta annunciata per il 24 e il 25 settembre che terminerà a piazza del Popolo il 26 con la manifestazione chiamata dal movimento «Priorità alla scuola».
L’avanguardia di un movimento che si preannuncia ampio ieri è tornata a denunciare il vero scandalo della scuola italiana: sono almeno 200 mila i docenti precari, 70 mila dei quali vantano anche oltre 3 anni di servizio, che permettono a questa istituzione di funzionare. Sono mesi che il Governo, e la Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, provano a bluffare spacciando i due concorsi da oltre 70 mila posti complessivi, uno straordinario per i precari e uno ordinario per i nuovi docenti, come la soluzione. Nel manifesto sottoscritto dalle 35 sigle questa iniziativa è stata definita «inadeguata» e «non rappresenta una soluzione alla piaga del precariato scolastico». E poi: «Ad oggi non si conosce la data delle prove e dato che nessun concorso si è mai concluso in meno di tre anni». «In compenso – aggiunge Alina Rosini del coordinamento nazionale precari scuola (Cnps) – Con il decreto rilancio il Governo ha creato una nuova categoria di docenti precarissimi: è previsto infatti un organico aggiuntivo di 50 mila persone tra docenti e personale Ata che, in caso di nuovi lockdown, sarebbero licenziati per giusta causa e senza possibilità di ottenere indennizzo o ammortizzatori sociali. L’idea che uno Stato possa sfruttare così i lavoratori è irricevibile». La soluzione? Nel manifesto si legge: «La stabilizzazione che non vuol dire sanatoria» dei 70 mila docenti che ne avrebbero diritto come ha stabilito la normativa europea sui lavoratori della Pubblica Amministrazione dopo 36 mesi di servizio. La stessa che spinse Renzi a stabilizzare 102 mila docenti dalle graduatorie in esaurimento pochi anni fa. Ed è quello che i precari sono tornati a chiedere in piazza ieri a Roma. Anche perché, dal 2015 in poi, la folle macchina che produce precariato nella scuola non ha rallentato il suo ritmo, ma lo ha accelerato. Proprio in quest’anno, il più drammatico a causa del Covid, si raggiungerà il record: almeno 200 mila precari, appunto.
Le ragioni di questo sfruttamento dei precari, a cui nessun governo fino a oggi ha inteso mettere fine, sono state analizzate in un dossier della Cisl scuola. Ogni volta che il Ministero dell’Economia autorizza quello dell’Istruzione ad assumere il personale, in gran parte per sostituire le uscite in pensioni, solo una parte dei posti viene occupato. Gli altri, l’anno scorso 30 mila, non si trovano perché le graduatorie sono esaurite (in particolare al Nord) e non esiste un sistema di reclutamento regolare. Drammatica la situazione sull’insegnamento di sostegno dove si registra la percentuale più elevata di mancate nomine (meno di 2.500 su 14.593 nell’anno 2019/20). Tra l’altro, questa categoria è stata esclusa dal Governo dai prossimi concorsi. Alla caotica riapertura scaglionata tra il 14 e il 24 settembre una parte significativa degli otto milioni di studenti non troveranno uno o più docenti in cattedra. «È una lesione del diritto allo studio degli studenti – commenta la docente Alina Rosini del Cnps – E si pensa a un ritorno alla didattica a distanza che non è stata capace di raggiungere oltre il 30% degli studenti nei mesi scorsi». È tornato a farsi cocente anche lo scontro tra il Miur e i sindacati Flc Cgil, Cisl e Uil scuola, Snals e Gilda sulla gestione informatica delle nuove graduatorie provinciali per le supplenze (Gps), quella da cui saranno estratti i precari che andranno a rimediare al problema delle cattedre vuote. Le domande sono state presentate fino al 6 agosto. Sono oltre 753 mila gli aspiranti all’iscrizione alle Gps, per un totale di 1.938.928 domande (ci si può iscrivere a più classi di concorso). Per il Miur sono state escluse quasi 40 mila domande ed è «insensato parlare di caos». Versione opposta dai sindacati che hanno annunciato una diffida al dicastero guidato da Azzolina. Denunciano errori nei punteggi, anomalie nell’inserimento online delle domande causati dall’impostazione originaria scelta dal ministero. Si prevede una valanga di contenziosi. Di «pasticciaccio brutto» parla Rino Di Meglio della Gilda. «Neanche l’algoritmo di Renzi fece tanto, il sistema rischia il collasso» ha aggiunto Pino Turi (Uil Scuola).
E’ scaduto ieri a mezzanotte il termine per la presentazione della domanda per la «call veloce» per coprire, in modo volontario, i posti restati vacanti al termine delle assunzioni. Una soluzione che non cambierà la situazione dei precari e conferma il fallimento del sistema. Secondo la Uil scuola n Campania resteranno vuoti oltre 2.500 posti sui 4.600 autorizzati. In Lombardia quasi due mila posti sul sostegno alle scuole medie. Stessa situazione anche in Puglia, Emilia Romagna e Veneto.
di Roberto Ciccarelli
da il Manifesto del 3 settembre 2020
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