[DallaRete] Bergamo – Abbiamo 150.000 problemi in Comune

1467283_1743114689233313_6090310782749386938_nÈ di settimana scorsa la notizia con la quale la giunta comunale scriveva l’ennesima puntata del teatrino cominciato nel lontano Dicembre 2013, mese in cui abbiamo occupato Cascina Ponchia.
Siamo infatti venuti a conoscenza da un articolo di giornale della decisione dell’amministrazione comunale di chiedere un rimborso pari a euro 150.000 per l’occupazione della Kascina Autogestita Popolare. Un colpo di scena dell’ultimo minuto più caratteristico di una sceneggiatura thriller che di un comportamento coerente e degno di rispetto. Un autogol nei minuti di recupero che tanto fa pensare ad una scelta politica ma politicamente mal valutata. Dare il contentino all’opposizione e una falsa risposta a chi dell’opinione pubblica fa ancora fatica a concepire il concetto di “illegale ma legittimo”, sono palesemente i motivi portanti di una decisione tanto ipocrita quanto infame.
È l’ultimo capitolo di una storia che hanno cominciato a scrivere loro, di cui noi non abbiamo mai chiesto di far parte, forti e fieri della nostra indipendenza e della nostra completa autogestione. È loro la scelta in quel lontano consiglio comunale del febbraio 2014 riguardante l’ordine di sgombero della Kascina, al quale abbiamo preso parte come pubblico, di prendere le nostre difese contro l’allora amministrazione comunale di centrodestra, capitanata dall’ex sindaco Tentorio, spendendo parole come:
“Cascina Ponchia ha un altissimo valore sociale”; “non ci pare affatto che ci sia una manifestazione di dissenso all’interno del quartiere né un disagio che il quartiere vive con l’occupazione di Cascina Ponchia”; “le attività che vengono proposte all’interno costruiscono una rete di relazioni e iniziative che hanno una valenza sociale e culturale”; “se dei ragazzi si occupano del bene comune della loro città e provano a metterci la faccia portiamo a casa dei risultati tutti”; “Cascina Ponchia è un luogo dove in questo momento succedono tutte quelle cose che noi vorremmo: attività di volontariato, di associazionismo, di aggregazione, di solidarietà, attività che si intrecciano tra le generazioni, come io stessa ho potuto verificare”; “Secondo noi Cascina Ponchia è strategica per quello che è e per quello che ci sta succedendo”.
Ma all’epoca eravamo in piena campagna elettorale e l’occupazione di Cascina Ponchia era sulla bocca di tutti poiché ancora ferita aperta per l’amministrazione comunale. Perché quindi non approfittarne???
Quattro mesi dopo ci furono le elezioni amministrative e, come nella più classica tradizione bergamasca dell’alternanza, l’amministrazione passa alla sponda opposta e comincia la seconda stagione della serie. Stagione noiosa che ha visto da una parte il proseguimento delle attività sociali, culturali e politiche in Kascina e dall’altra il lento rendersi conto di aver difeso un “problema” difficilmente difendibile poiché all’interno della nota cornice “illegale ma legittimo”. L’opposizione astutamente di tanto in tanto rammentava il problema pubblicamente all’attuale amministrazione, conscia della delicata situazione nella quale si era cacciata quest’ultima facendo di Cascina Ponchia uno dei propri cavalli di battaglia in campagna elettorale. Con la tattica di non buttare troppa carne sul fuoco e di far pian piano cadere l’attenzione sul tema, si arriva nel settembre del 2015, quando si presenta l’opportunità per loro di risolvere due problemi in uno. C’è il boom dell’emergenza migranti e vengono allestiti centri d’accoglienza di fortuna in molte province italiane, l’occasione ideale per mostrarsi solidali e coerenti di fronte all’elettorato. L’amministrazione fa una cernita degli spazi comunali in cui si potrebbero ospitare i profughi ed ecco che si presenta l’occasione da non farsi scappare: ospitarli in Cascina Ponchia. Forte della consapevolezza della nostra sensibilità al tema la giunta ci chiese un incontro nella convinzione che avremmo lasciato lo spazio di fronte all’emergenza previ controlli strutturali da parte dei tecnici del comune. I sopralluoghi tardarono di mesi, non si fecero vivi per più di due occasioni concordate nonostante ci fummo resi disponibili a far entrare chi di dovere per una stima dei costi necessari per la messa a norma del progetto. Risultato? Dopo 2 bidoni, al terzo appuntamento, l’amministrazione comprende di dover spendere una cifra ben oltre le proprie possibilità per sistemare Cascina Ponchia, non che noi avessimo dubbi a riguardo, ma evidentemente loro ci speravano.
Nel frattempo, dopo questo finto e inutile dialogo, ancora una volta tramite un articolo di giornale venimmo a conoscenza della costituzione a parte civile del comune nel processo che vede imputati tre ragazzi, nostri compagni ma totalmente estranei sia alla gestione dello spazio che all’atto dell’occupazione.
L’accusa? Reato di occupazione. Insomma, ci stavano letteralmente prendendo per il culo.
Arriviamo così alla terza stagione. Totalmente estranea ai principi di coerenza e correttezza che regolano la società civile, ancora una volta, l’amministrazione comunale ha deciso di sparigliare le carte e chiedere un risarcimento di 150000 €.
150.000 euro. Si, centocinquantamila euro è la somma che è stata richiesta ai tre denunciati, colpevoli di aver preso parte ad un’iniziativa nel giorno sbagliato e di aver parcheggiato nel parcheggio sbagliato dove gli agenti della Digos avevano ben pensato di appostarsi per prendere nomi a caso.
150.000 euro di cui 48.500 per danni alla struttura (circa 100 euro al metro quadro, 48.000 di mancato affitto e 53.500 per danni d’immagine. No, non è una puntata di una sitcom e per quanto sia buffa la richiesta non c’è nulla da ridere.
Vorremmo chiedere ai tecnici del comune come siano riusciti a calcolare la cifra precisa di 48.500 euro di danni strutturali quando in più di due anni e mezzo di occupazione abbiamo:
– Risolto vari problemi di infiltrazioni e scrostamenti dati dall’incuria nell’arco del tempo
– Grattato, stuccato e ridipinto TUTTE le pareti della Kascina con particolare attenzione al vincolo n.239 – successivamente rimosso – che considerava Cascina Ponchia immobile di interesse storico artistico
– Costruito uno spazio adibito a bar con creazione autoprodotta del bancone con materiale di recupero e non;
– Ripristinato il sistema di chiusura/oscuramento delle finestre del piano terra (bar) con nuove persiane scorrevoli da noi realizzate
– Creato una stanza per il cinema dove svolgiamo ormai da 3 anni proiezioni a cadenza settimanale con cicli tematici di durata mensile
– Reso agibili i servizi igienici
– Creato una nuova cucina con tutti gli elettrodomestici necessari recuperati – Installato un boiler per l’acqua calda in quanto la caldaia non dava alcuna garanzia
– Creato un orto
– Sistemato un vialetto d’ingresso nel giardino mediante piastrelle
– Risistemato il fondo del giardino tramite posatura di ghiaia nuova laddove regnava il fango
– Allestita una sala da pranzo con tavoli costruiti da noi stessi.
– Sistemato ed insonorizzato l’ingresso per permettere di organizzare serate musicali senza arrecare troppo disturbo al vicinato
– Stiamo inoltre creando un archivio storico sulla resistenza/aula studio
– Attualmente in progetto per settembre la risistemazione del tetto con coppi nuovi e un minimo isolamento, ad oggi del tutto assente.
Vorremmo chiedere ai contabili del comune a chi, in nostra alternativa, avrebbero affittato Cascina Ponchia quando due aste per la sua vendita sono andate deserte e quando per metterla a norma è stato da VOI stimato un costo di circa 1 milione di euro. Vorremmo chiedere agli psicologi del comune in cosa realmente consistono 53.500 euro di danni d’immagine o morali? Come sono stati calcolati? Serviva una somma per arrivare a cifra tonda e fare cassa per 150.000 euro? Quali sono realmente questi danni morali?
Vogliamo invece calcolare i danni morali che vivono i cittadini tutti i giorni vedendo una montagna di immobili vuoti lasciati allo degrado, spazi che dovrebbero essere restituiti alla collettività e invece vengono venduti a privati per far cassa e coprire la vostra mal gestione, famiglie in attesa da anni per una casa popolare? Vogliamo seriamente parlarne???
Volendo essere chiari il danno in questione è uno solo, e non è quello di cui parlate voi. Questo danno tanto sottolineato, l’amministrazione se lo è autoinflitto dato che il nostro operato è servito niente di più che a mettere in luce la mal gestione, da parte del comune, di uno spazio con grandi potenzialità, lasciato in completo stato di abbandono. Ecco, questo sarebbe il grande danno! Aver evidenziato che l’amministrazione funziona male, che i beni comuni sono mal gestiti e che tutte le persone che hanno bisogno di uno spazio lo potrebbero avere ma non lo avranno mai, perché per figurare bravi e belli i vertici del potere pensano bene che sia meglio abbandonarli piuttosto che valorizzarli come fatto dal collettivo in questo periodo di utilizzo.
A questo punto vorremmo invitarvi a non confondere l’oggetto dell’accusa.
Non sbaglia chi evidenzia un errore, ma chi quell’errore lo commette.
E se vi sentite danneggiati nell’immagine, forse è meglio che vi guardiate allo specchio.

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