[DallaRete] GAZA. Hamas cerca la riconciliazione con i salafiti

hamasRoma, 8 giugno 2015, Nena News – La Striscia di Gaza si trova oggi ad affrontare minacce di varia natura: le preoccupazioni circa una nuova possibile offensiva israeliana in assenza di una vera e propria tregua con Hamas, le tensioni causate dai rapporti ormai deteriorati tra Hamas e l’Egitto, le paure scatenate da una serie di attentati che hanno colpito Gaza negli ultimi due mesi, in particolare quello del 17 aprile, nei pressi della sede del Parlamento, e il doppio attentato del 18 aprile, nei pressi della sede dell’UNRWA e dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente. Nessuno degli attentati è stato finora rivendicato.

Nel frattempo, i rapporti tra Hamas e i Salafiti sono sempre più tesi, come dimostrato dall’aumento dei checkpoint di sicurezza e degli arresti ai danni dei membri del movimento. Il primo maggio la situazione si è esacerbata, quando i Salafiti hanno chiesto pubblicamente la liberazione dei loro compagni detenuti; nei giorni successivi, le forze di sicurezza di Hamas hanno fatto irruzione nel loro quartier generale al centro di Gaza.

È sempre più evidente che Hamas stia adottando, con i Salafiti, la strategia del bastone e della carota. Se da un lato ha condotto numerosi arresti dopo i recenti attentati, dietro le quinte ha aperto il dialogo e sta cercando una mediazione con i leader salafiti, nel tentativo di non aggravare ulteriormente le tensioni ed evitare uno scontro armato.

Al momento, Hamas si trova ad affrontare molte questioni legate alla sicurezza, su più fronti: con l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), con l’Egitto e con Israele. Pertanto, non ha alcuna intenzione di scatenare anche un conflitto interno, e preferisce tentare la strada della riconciliazione con i Salafiti, anziché quella dello scontro. A questa posizione ha fatto riferimento Abu al-Ayna al-Ansari,  leader del movimento jihadista salafita, che in un’intervista rilasciata il 10 maggio al quotidiano Al-Ayyam, ha dichiarato che i prossimi giorni saranno contraddistinti dal tentativo di arginare le tensioni con le forze di sicurezza, per calmare le acque ed evitare gli scontri.

Ahmed Yousef, ex consigliere politico di Ismail Haniyeh, numero due dell’Ufficio Politico di Hamas, ha dichiarato ad Al-Monitor che le divisioni politiche tra i palestinesi hanno favorito l’insorgere di ideologie fallaci, dissidi di natura politica e atti di natura violenta che potrebbero essere sfruttati per destabilizzare Gaza e distoglierla dalle questioni esterne.  Un ufficiale della sicurezza di Gaza, esperto del movimento Salafita, ha dichiarato in forma anonima ad Al-Monitor: “Siamo di fronte a un problema di sicurezza più generale, non riconducibile solo al mondo salafita. Alcuni personaggi coinvolti sono ufficiali della sicurezza dell’ANP, il cui scopo è destabilizzare Gaza. Ricevono sostegno diretto e indiretto, per fomentare le agitazioni.” Anche Ansari ha fatto riferimento a uno scenario simile, sostenendo che ci sono segnali di ingerenza di una terza parte non meglio specificata, che lavora per agitare le acque, destabilizzare Gaza e alimentare le tensioni tra i Salafiti e le forze di sicurezza.

In un’intervista rilasciata ad Al-Monitor, un alto funzionario dell’ANP, in forma anonima, ha respinto le accuse di sostegno alle fazioni Salafite di Gaza. A suo avviso “la situazione attuale di Gaza discende dalle politiche di Hamas, che si stanno ritorcendo contro lo stesso movimento. Perché è stato proprio Hamas a istituire, sostenere, incoraggiare e persino sfruttare i movimenti Salafiti, in più occasioni. Quando non sono stati più funzionali ai suoi scopi, Hamas ha cercato di sbarazzarsene”. Gli organi di stampa più vicini all’ANP e a Fatah, come Al-Fateh News e Kofia Press, guardano con ottimismo alle crescenti tensioni tra Hamas e i Salafiti, sostenendo che ormai la situazione è a un punto di non ritorno.

La nostra redazione ha avuto modo di leggere un documento interno e inedito sulla sicurezza a Gaza, che esaminava gli atti di violenza presumibilmente commessi dai Salafiti. Secondo il rapporto, “I Jihadisti Salafiti non fanno riferimento a un singolo gruppo. Di conseguenza, ogni fazione va affrontata singolarmente, per garantire continuità alla sicurezza di Gaza. Al contempo, bisogna consentire a tutte le fazioni di svolgere le loro attività, senza però che queste compromettano la sicurezza nazionale”.

Questo approccio sembra suggerire che la strategia sarà quella di trattare con i Salafiti attraverso il dialogo, per prevenire un’ulteriore radicalizzazione; le aperture verso il movimento saranno rese evidenti da un dialogo su più fronti con i leader e gli studiosi Salafiti. Hamas, che non sembra intenzionato ad aprire uno scontro con altri movimenti islamisti, potrebbe fare ricorso a canali secondari per disinnescare il conflitto prima che la situazione degeneri. Gaza non può permettersi uno scontro armato tra Hamas e i Salafiti.

Di sicuro, Hamas ha un potenziale militare che potrebbe infliggere un duro colpo alla fazione avversaria, ma si preoccupa delle conseguenze future. Cosa succederebbe se i Salafiti agissero come i membri dello Stato Islamico (ISIS) o quelli di Ansar Bayt al-Maqdis nella Penisola del Sinai, e alcuni comportamenti raccapriccianti diventassero la norma? Le tensioni a Gaza non possono essere separate dal contesto sanguinario, caratterizzato da un atroce conflitto settario, che sta devastando la regione.

I Salafiti sanno che la posizione di Hamas è ben più difficile e complicata rispetto al 2009, anno in cui il movimento godeva del massimo splendore da un punto di vista finanziario e militare. La situazione attuale potrebbe essere letta come un tentativo di approfittare dell’altrui debolezza, esercitare pressioni e provare a conquistare un ruolo più decisivo all’interno della Striscia. In questo, potrebbero essere agevolati dall’espansione di organizzazioni affiliate, come l’ISIS, che oggi ha ramificazioni in Siria, Iraq, Libano, Libia e Sinai.

Hamas è consapevole che le organizzazioni jihadiste salafite che si rifanno ideologicamente ad al-Qaeda, tra cui anche l’ISIS, godono del rispetto e dell’ammirazione dei Palestinesi per via delle vittorie militari e delle conquiste riportate in Iraq e Siria. I leader di Hamas, che hanno rilasciato dichiarazioni anonime a Al-Monitor, hanno specificato di non aver alcuna intenzione di arrivare a uno scontro armato con i Salafiti e replicare i tragici eventi di Rafah dell’agosto 2009, che causarono la morte di molti salafiti e in particolare del loro leader, Abdel Latif Moussa.

Hamas si rende conto del fatto che la regione sarà investita da tensioni crescenti in Siria e Iraq, e forse anche in Libano e nel Sinai, e che le organizzazioni salafite, tra cui l’ISIS, Jabhat al-Nusra e L’Esercito della conquista, assumeranno un ruolo sempre più rilevante. Ha scelto pertanto un approccio cauto con i Salafiti, non dichiarandosi apertamente attiva nella coalizione regionale e internazionale che si oppone a queste organizzazioni jihadiste. Agendo in modo diverso, potrebbe perdere il sostegno e la collaborazione di altri movimenti islamici. È per questa ragione che Hamas sta tentando di stabilizzare la sicurezza interna di Gaza attraverso la riconciliazione e non attraverso lo scontro.

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