[DallaRete] Le rose e le spine. A proposito del confronto tra Comune e Spazi Sociali

Centro sociale non si tocca vignettaAlla fine qualcosa si è mosso: martedì sera il Comune di Milano ha annunciato un’iniziativa sugli spazi sociali. In realtà, per ora c’è soltanto un comunicato di poche righe, dove viene annunciato la costituzione di un “gruppo di lavoro sul tema degli spazi sociali” e l’intenzione di “valutare forme di assegnazione” diverse dai bandi finora sperimentati, i quali, aggiungo io, avevano de facto escluso le esperienze di autogestione.
Poche righe, forse troppo poche e troppo generiche, e quindi è scattata inevitabilmente la corsa alle “interpretazioni autentiche”. Il quotidiano La Repubblica è stato più veloce di tutti e già mercoledì mattina le sue pagine milanesi titolavano: “Comune, primo passo per la regolarizzazione dei centri sociali”. Il testo dell’articolo, poi, si spingeva anche oltre, facendo addirittura il nome di alcuni centri sociali e, soprattutto, fornendo la presunta “traduzione” di una frase del comunicato scritta in simil sindacalese, sostenendo che in realtà il Comune volesse dire che gli “sgomberi annunciati potrebbero essere sospesi, a patto che non ci siano nuove occupazioni abusive”.
Ovvio, se questa fosse l’interpretazione autentica, allora ogni possibile dialogo rischierebbe di morire prima ancora di nascere. E quindi, stamattina, cioè a sole 24 ore dall’annuncio della “regolarizzazione”, la stessa La Repubblica esce con un articolo che annuncia invece il funerale del dialogo: “Milano, no dei centri sociali al confronto con il Comune: ‘Niente regolarizzazione’”. Fonte dello scoop, in assenza di comunicati e pronunciamenti dei centri sociali milanesi, è un’altra interpretazione autentica: quella di un’intervista a Radio Onda d’Urto da parte di un attivista di Zam.
Poi ci sarebbero anche i giornali della destra cittadina, a partire da Libero, che oggi parla di “sanatorio no-global”, di “palazzi del Comune lasciati ai centri sociali” e di “mal di pancia all’interno del Pd” perché a “guidare l’iniziativa” è il “totem del centro sociale Cantiere”, Paolo Limonta. E tutto quanto condito dagli immancabili e noiosi isterismi dei De Corato, Bolognini e Gallera.
In ogni caso, inutile e sbagliato prendersela con stampa e giornalisti, perché il problema non sono loro. No, il problema è che se le cose non le dici in maniera chiara e leggibile a chiunque, allora chiunque è libero di fornire la sua interpretazione autentica.
E quindi, ora cosa succederà? Dipenderà anzitutto, penso, da quello che verrà fatto e detto nei prossimi giorni. Secondo quanto annunciato dal comunicato del Comune, verrà “convocato a breve la prima riunione” del gruppo di lavoro. Ebbene, penso che sarebbe buono che questo avvenisse in tempi stretti e chiarendo in maniera inequivocabile e pubblica i contorni, le modalità e le finalità dell’iniziativa. Insomma, senza lasciare troppi spazi alle interpretazioni autentiche, che altrimenti finiscono con il determinare gli eventi.
Ovviamente, e a prescindere dai discorsi sulle interpretazioni autentiche, siamo tutti consapevoli che esistono molti dubbi sulla praticabilità di un percorso e di un confronto del genere. Sono molti i suoi nemici, anzitutto, e non stanno solo a destra, lo sappiamo. Anche nella stessa maggioranza c’è chi non è per nulla convinto. E quindi, il rischio dell’annacquamento, delle trappole e delle troppe mediazioni è sempre in agguato.
Ma i dubbi sono molti anche da parte dei soggetti sociali che dovrebbero essere parte costituente del confronto. E non mi riferisco soltanto ai centri sociali, ma anche ai centri sociali. I precedenti e le cose non dette chiaramente non aiutano, lasciano sempre spazio al sospetto che non si tratti di riconoscere e valorizzare, ma molto più banalmente di cooptare, normalizzare e pacificare.
Sì, tanti dubbi e tanti ostacoli, eppure penso che bisogna provarci. Anzitutto, perché c’è stato un movimento nella situazione, l’immobilismo è stato infranto, e questo è importante in sé. In molti e molte avevamo individuato proprio nell’immobilismo politico e nel conseguente trincerarsi dietro alle decisioni “tecniche” uno dei principali problemi di questo fase. Per quanto mi riguarda, avevo anche detto e scritto che a questo punto il Sindaco “deve prendere in mano il bandolo della matassa e aprire un confronto cittadino” (vedi mio articolo sul Manifesto del 12 giugno), cioè produrre un movimento.
Penso sia utile per tutta la città che nasca questo tavolo sugli spazi sociali. Ed è necessario che nasca in maniera pubblica e trasparente, senza escludere nessuno e senza sgomberi per nessuno. Tutto il resto sarà da vedere, da verificare, da costruire.
Se son rose fioriranno, se son spine pungeranno, dice il proverbio. Ecco, dobbiamo correre il rischio delle spine, per poter ambire alle rose.

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